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Il burlesque messo a nudo

di Stefania Ciocca

Raffaele De Ritis (foto Stefania Ciocca)

Tra gli ospiti delle appena trascorse giornate di studio sulle arti circensi cʼè stato Raffaele De Ritis, tra gli innovatori dellʼestetica circense classica del XXI secolo e unico europeo ad aver collaborato con complessi transoceanici quali Big Apple Circus, Cirque du Soleil e Ringling. Nel suo intervento in università ha mostrato una serie di fotografie e di spunti iconografici che hanno cercato di alzare il velo di maya su quello che ormai è divenuto il conosciutissimo e abusato mondo del burlesque.
Questa disciplina pare essere stata sdoganata ed è ora alla portata di tutti, addirittura la si insegna nelle palestre. Partendo da una frase provocatoria detta da Raffaele De Ritis in chiusura del suo intervento, e cioè che “in tutte le scuole di teatro bisognerebbe insegnare lo streaptease per imparare a gestire il pubblico”, abbiamo cercato di indagare insieme allo studioso e regista questa sorta di ”fenomenologia del burlesque”, per cercare di mostrare quanto tutto ciò non sia solo un passatempo estetico e nemmeno una mera rievocazione storica di unʼepoca che fu, ma più nel profondo per dimostrare come sia in realtà una pratica che può aprire nuovi discorsi e portare a nuove consapevolezze di stampo artistico.

Uno dei più celebri simboli del burlesque di tendenza nel mondo: Dita von Teese

Spiegaci cosa intendevi con quella sorta di provocazione sullʼapprendere lo streaptease in scuole di teatro.
Rimanere nudi sulla scena è qualcosa di primario e parallelamente raccontare significa togliere degli elementi per rivelare una verità, magari una verità che tutti sappiamo come è fatta ma che viene presentata in quel luogo preciso, in quel momento specifico. Il discorso della primarietà è il corpo che si spoglia, paradossalmente noi diamo fascino a degli elementi che poi dobbiamo togliere. Con quella provocazione intendevo trasmettere che cʼè un grande carisma nel gestire il pubblico grazie al linguaggio del corpo. Eʼ come raccontare qualcosa utilizzando solo la voce o solo uno strumento musicale; se vuoi imparare a fare lʼattore non cʼè niente di più basilare che saper stare in scena così, senza nulla, sapendo gestire lʼattenzione con la tua sola presenza scenica.
Spesso ora si tende a mostrare il corpo fine a se stesso, quasi passa il messaggio che le donne si spoglino quando non hanno più niente da dire.
Succede perché tutto si riduce a quello che è un atto estetico in sé. In realtà in scena tu mostri la tua personalità che è unica rispetto alle altre; voglio dire che se tu vedi un acrobata che fa qualcosa di molto interessante e bello ma che manca come personalità scenica allora hai visto una prestazione atletica ma non un artista. Non a caso anche nello streaptease la cosa che più affascina in assoluto è lo sguardo, perché è proprio con lʼinsolenza del guardare ostentata dalla persona in scena che si carica di valore. Questa stessa cosa riguardava un poʼ il mondo dei freak che oggi non possiamo più vedere; quando tu andavi in un sideshow li vedevi in piedi con la loro diversità e ti fissavano negli occhi quasi a sfidarti dicendo “sono diverso io o sei diverso tu?”. Allo stesso modo lʼartista di streaptease sembra dire col suo sguardo “sono da condannare o mi desideri?”. E qui si apre il discorso del fruitore perché esistono due tipi di pubblico: il pubblico maschile che si pensa sia il vero destinatario finale, ma la vera sfida è il pubblico composto dalle spettatrici. La donna guarda e vede i difetti dellʼaltra in scena mentre questʼultima ha un atteggiamento di sfida che dice “tu non sei capace di venire qui a fare ciò che faccio io”.

L'intervento di Raffaele De Ritis alle Giornate di studio sulle arti circensi (foto Stefania Ciocca)

Eppure queste nuove forme suscitano un grande fascino sul pubblico femminile che anziché criticare ha iniziato ad emulare.
Eʼ un atteggiamento commerciale, si trasmette che in realtà tutti possono andare in scena ed esibirsi tanto da banalizzare questa forma di spettacolo che addirittura viene insegnata nelle palestre. Però la differenza è che insegnare questa disciplina in una scuola di teatro significa porla a livello di strumento di percorso artistico e quindi non solo un passatempo piacevole e utile per imparare ad esprimersi.
Tutto è stato edulcorato, nel burlesque ora utilizzano degli aggettivi e delle descrizioni come “erotismo raffinato”, di “buon gusto”, “ironico” come se si volesse rendere socialmente accettabile qualcosa che invece un tempo nasceva in un mondo e per un mondo legato alla criminalità o a uno stile di vita circense, nomade, precario non socialmente accettato. Ci è passato anche il circo, quando vedi il Cirque du Soleil che sdogana il tendone e la pista dando al tutto una nuova nobiltà artistica. Anche se secondo me la nobiltà artistica era quella di quando il circo era fuorilegge, un poʼ per dirla secondo la filosofia di Philippe Petit: lui gioca molto sulla qualità estetica abusiva di certi atti tanto che insieme alle imprese di funambolismo era anche un esperto di pick pocket (unʼabile forma di borseggio che praticava durante i suoi numeri ndr). Eʼ la famosa bellezza di quel qualcosa che è proibito. Se tu poi la porti nelle palestre non è più proibita.
Secondo te perché è successo?
Perché tutto quello che si crede sia trasgressione nella società viene assorbito e automaticamente le trasgressioni diventano altre. La seduzione femminile viene volgarizzata attraverso la pubblicità e un uso sbagliato della televisione tanto che rimane solo la forma di qualcosa che non è più proibito.
Il burlesque potrebbe rientrare in quei corsi e ricorsi storici che investono anche le mode ma non è mai successo prima che le persone volessero praticare attivamente e da protagonisti una disciplina o forma di spettacolo…
Fa parte di unʼestetica più ampia del vintage che riguarda molto cultura, abbigliamento, musica, un gusto per le cose che non ci sono più ma che vengono tolte da quel contesto dʼorigine. In particolare il fenomeno del burlesque nasce con la scoperta da parte del mondo anglosassone e si lega a una serie di mode contigue e retrò come il mondo dello swing, dei complessi che riprendono certe canzoni, delle fiere. Ad esempio una grande forma di mercato del burlesque sono i raduni dei bikers, dove trovi anche le parrucchiere che riprendono le acconciature dellʼepoca. Non dimentichiamo poi il fenomeno della riscoperta dei tatuaggi, anche questi un tempo molto legati ad una cultura trasgressiva. Eʼ unʼestetica secondo me molto anglosassone perché gli americani, così come gli australiani, hanno bisogno di inventarsi un passato. Noi nella nostra cultura parliamo solo del passato perché ne abbiamo uno che va indietro sino ai romani. Per gli americani il loro passato è nelle tradizioni relativamente recenti di fine ʻ800 e inizio ʻ900. Per loro un ragionamento sugli anni ʼ50 sarebbe quasi come se noi parlassimo nellʼantica Roma.

Crazy Paradis (foto Andrea Straccini)

Come esempio di questo mondo artistico che si cela dietro la seduzione nello spettacolo abbiamo visto uno spezzone dello spettacolo Crazy Paradis per la realizzazione del quale hai avuto la consulenza di Adrian Schwarstein. Come ti è stato utile il suo apporto?
Ho scelto di lavorare con lui perché quando faccio uno spettacolo trovo utile avere sempre un collega con un occhio esterno che sappia giudicare da fuori per sviluppare lʼumanità dei personaggi. Ricollegandosi a quanto dicevamo prima, oggi interessa poco di come si fa il burlesque perché si tende a darne una rappresentazione quasi da macchietta, da caricatura che indossa gli stessi vestiti, che ha lo stesso aspetto ma che non racconta gli stessi testi, né parla quella lingua. Parlando sempre di femminilità e spettacolo, spesso si pensa che nella clownerie femminile la donna risulti più goffa che seducente.
Senza andare indietro nel tempo a scomodare Annie Fratellini, se hai visto Adrian Schwarstein (nello spettacolo Circus Klezmer cʼè una gustosa scena che mixa streaptease e clownerie, ndr) sai che non è così; ma bisogna tenere presente che in Spagna cʼè una grande tradizione di clown donne. In Circus Klezmer cʼè una donna, la clown Alba Sarraute, che è strepitosa. Sempre in Spagna cʼè la clown Pepa Plana, oggi è anziana, e che in patria è considerata un mito da teatro nazionale. Lei oggi è la protagonista del nuovo spettacolo del Cirque du Soleil Amaluna, tutto incentrato sulle donne.

Miranda nello spettacolo Amaluna del Soleil

Bisogna ripensare il discorso: tu sei clown non come donna vestita da uomo ma come donna che mostra gli aspetti della femminilità, grotteschi o seducenti, grazie alla poesia del clown. Cʼè unʼaltra donna clown oggi molto famosa, la svizzera Gardi Hutter: tu vedi che è una donna, ti colpisce lo sguardo con la sua profondità ma anche con il grottesco. Una persona che molto lavora sullo sviluppo del femminile in senso artistico e clownesco è Django Edwards, lui lavora tanto sulle donne, si batte per queste e costruisce per loro delle piccole regie.
Quindi comicità e sensualità possono convivere?
Possono funzionare su tutti noi. Il clown è basato sullʼesagerazione dei nostri tratti. Se tu lo leghi al grottesco ti può anche mostrare lʼeffimero e la fragilità della sensualità o magari ti può far vedere lʼaspetto sensuale in ciò di cui mai avresti sospettato.

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