Sono molto grato a Marco Bizzozero, da me incontrato durante le Giornate di Studio dell’Arte Circense organizzate a Milano da Alessandro Serena, per aver parlato di circo come piace a me. Quando ero bambino e abitavo al quarto piano di un edificio non distante dalla Stazione Centrale, passavo ore a vedere alcuni muratori che camminavano disinvolti fra le tegole del tetto di fronte quasi fossero sui pavimenti di casa mia. Una scena simile a quella la sento evocare, ora, da Bizzozero come passo emblematico che conduce ad altri passi perchè fa parte del vocabolario dell’uomo in perenne ricerca degli spazi di cui ha bisogno.
Camminare sul tetto, così come su una corda tesa, è ricerca su se stessi per chiedersi, senza stancarsi mai, fin dove il corpo può condurre l’uomo e fin dove l’uomo può condurre il corpo. Ecco, è così che mi piace sentir parlare del circo ed è così che mi piacerebbe ne parlasse chiunque prende posto sotto lo chapiteau dopo aver pagato il biglietto. Entrare lì con questi pensieri che possono diventare alti anche se la statura dello spettatore tale non è, è privilegio che può offrire solamente il circo a patto che l’uomo sia disponibile a nuove geometrie di se stesso. Sfida, sì, ma da vedere non soltanto come la pur necessaria esigenza dell’artista di fare qualcosa in più rispetto a un rivale in professione. Sfida come suggerimento per se stessi, come un qualcosa capace di indurre al sospetto che in noi, in ognuno di noi, qualche riserva di sorpresa è sempre possibile. Questa è la miglior lezione che il circo può dare. E ho abbracciato Bizzozero, dopo questo insolito intervento sulle geometrie, per avermi ricordato perchè un uomo a lezione di arte circense può trarne profitto in ogni momento della vita.
Ruggero Leonardi