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Agli animalisti crolla un mito: l’Inghilterra non vieta gli animali nei circhi

Alex Giona


Qual è il ritornello trionfale che gli animalisti italiani ripetono da mesi, se non da anni? Secondo i blog animalisti, ripresi anche dalla stampa, sarebbe stata questa la rivoluzione: “L’Inghilterra vieta i circhi con animali”. Eccone uno della prima specie, a titolo d’esempio. La davano per una conquista già ottenuta. Esponenti della Lav così pontificavano circa un anno fa: “La nostra posizione di ferma condanna dei circhi con animali è già condivisa da molti Stati nel mondo che li vietano totalmente ed in Europa sono già 15 i Paesi che hanno proibito, del tutto o parzialmente, l’esibizione di circhi con animali ed anche l’Inghilterra a breve compirà questo importante passo di civiltà con il parere positivo espresso dall’Associazione Britannica dei Veterinari”. E invece? “Tutto arenato grazie a David Cameron”, scrive l’agenzia di stampa animalista GeaPress. Cerchiamo di capire cosa è successo.
“Che fine ha fatto la proposta di legge britannica di vietare il circo con gli animali? Se ne era molto parlato dopo la triste vicenda della vecchia elefantessa malata, il cui video sulle angherie subite in un circo inglese, commosse mezzo mondo”, si legge su GeaPress. “La proposta di legge inglese, ora, è stata insabbiata. Oppure, peggio; visto che per gli animalisti inglesi il primo Ministro David Cameron avrebbe posto il veto sul Ministero dell’Ambiente che aveva annunciato, già un paio di mesi addietro, di bandire al più presto gli animali, almeno quelli di specie selvatica, esistenti nei circhi. Cameron avrebbe avanzato motivazioni poco convincenti come quella delle pressioni delle associazioni circensi nelle sedi della giustizia europea. Questo dopo che l’Austria aveva emanato il bando. Eppure, ricordano gli animalisti inglesi, la stessa UE ha più volte sottolineato come in tema di benessere degli animali, devono essere gli stati membri a poter legiferare e che (altra motivazione avanzata da Cameron) il divieto di detenere animali nei circhi non violerebbe nessuna legge sui diritti dell’uomo. Ma quanti sono i circhi inglesi con animali che tanto influenti sarebbero sul Primo Ministro inglese? Tre, con 36 animali. O meglio, ne sono rimasti solo tre dopo le azioni decennali di denuncia degli animalisti inglesi. Anche il circo che deteneva Anne, l’elefantessa malata, l’ha infine trasferita. Possibile che soli tre circhi possono essere tanto influenti? Forse si, ed una chiave di lettura potrebbe essere fornita dalla stessa storia politica di Cameron e la singolare coalizione politica che lo obbliga a sentire più pressioni. Cameron, doveva essere il riformatore dei Conservatori. Dopo le ripetute sconfitte che questi ultimi avevano subito dai laburisti, avrebbe dovuto sdoganare la sua formazione e per questo si era fatto portavoce di posizioni nuove per la sua parte. Tra queste anche gli accenni ad una nuova considerazione per le minoranze sessuali. (…) Può anche darsi che a Cameron degli animali nei circhi non importi poi granchè. Di sicuro, però, fu il suo Ministro dell’Ambiente ad annunciare il provvedimento, ora, purtroppo, di nuovo arenato. Per tre circhi con 36 animali”.
In realtà la questione non è quella di tre o dieci circhi, di conservatori e progressisti, ma ha a che fare con la legalità, con considerazioni giuridiche insomma, e anche con una corretta idea del benessere animale.

Flavio Togni


Purtroppo in certi settori dell’animalismo nostrano tutto questo non si capisce. Vengono lette come “pressioni delle associazioni circensi” (che pure ci sono state e l’ECA si è ben battuta) quelle che in realtà sono cristalline azioni di risposta a divieti che infrangono la legge in nome di battaglie ideologiche contro gli spettacoli con animali. Fino a prova contraria i pronunciamenti dei “tribunali” non avvengono dietro pressioni ma in base all’applicazione del diritto.
Il problema però è anche un altro. La rivista Circo.it lo scrisse nel luglio del 2010: nonostante la fortissima pressione della lobby animalista, il bottino è stato magro, se si escludono alcuni paesi come la Bolivia, Israele e poco altro, che hanno introdotto divieti assoluti: “Nelle grandi capitali del mondo il circo con gli animali trova le porte aperte, anzi sta prendendo piede una nuova tendenza, fatta propria da tutti i paesi europei: regolamentare l’attività circense in modo da assicurare il più antico spettacolo del mondo e le migliori condizioni di vita delle specie esotiche e non”. L’inghilterra in particolare, adottò un metodo scientifico per dirimere la questione: chiamò a consulto, già nel 2007, un comitato di accademici, alcuni dei massimi esperti in materia, approdando a questa conclusione: non ci sono “prove” che supportino le accuse degli animalisti. Anzi, “in generale la salute degli animali del circo è buona”. Il rapporto finale porta il titolo di “Wild Animals in travelling circuses”. Legittimo che animalisti e circensi facciano a gara per “influenzare” i governi, ma chi decide deve farlo in base a criteri oggettivi, non a chi grida più forte. Non solo.
A maggio, quindi la decisione è fresca fresca, il ministero dell’Ambiente, dell’Alimentazione e degli Affari Rurali (DEFRA) del Regno Unito ha chiaramente delineato la sua linea di condotta, che è anche quella del governo Cameron: il netto rifiuto di divieti. E il segretario per l’Ambiente Caroline Spelman aveva aggiunto che “qualsiasi circo in Inghilterra che desidera avere animali che si esibiscono come tigri, leoni e elefanti dovrà dimostrare che vengono raggiunti alti standard di benessere per ciascuno degli animali prima di poter ottenere un’autorizzazione a detenerli”. Severa applicazione degli standard, non divieti.

Brigitta, Diana e Stefano Nones Orfei


Tutto il mondo è paese, poi. I pronunciamenti dei Tar italiani vanno nella stessa direzione e a marzo salì alla ribalta delle cronache un altro caso: la Corte d’Appello lussemburghese ha dato ragione al circo Krone, vittima di un provvedimento “punitivo” del tipo di quelli cari agli animalisti. E in quell’occasione era stato ribadito un altro concetto di cui spesso, anche in Italia, non si tiene conto: impedire ad un circo di svolgere la propria attività significa venir meno al quadro di garanzie che consente la libertà di movimento e di fornitura di servizi nella Comunità Europea. Questo è lo stato di fatto dopo anni e anni di battaglie e barricate da parte degli animalisti, con spiegamenti di forze immensi. Che non sia venuto il momento di mettere da parte le rendite di posizione e porre al centro della contesa il benessere degli animali, accantonando le crociate? Il sasso nello stagno l’ha lanciato, guarda caso, Monica Cirinnà, animalista della prima ora, con in più il dono del dialogo, davanti all’assemblea dell’Ente Nazionale Circhi.
Claudio Monti

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