Uno studio che viene dal Regno Unito smentisce il luogo comune più diffuso: non ci sono studi scientifici che provino il fatto che nei circhi gli animali soffrano, si trovino in condizioni peggiori di qualsiasi altro animale che vive in cattività. Anzi, le verifiche fatte sullo stato di salute degli animali che trascorrono il loro tempo fra spettacoli e addestramento, dicono che è molto soddisfacente. Non è di certo una vita monotona e con pochi stimoli. Parola di sei accademici (etologi, veterinari, studiosi del benessere animale) chiamati a consulto nel Regno Unito.
L’Ente Nazionale Circhi chiede alla relatrice della Legge quadro sullo spettacolo dal vivo, Gabriella Carlucci, di cancellare l’art. 27 che prevede agevolazioni per i circhi senza animali: “In caso contrario daremo vita al primo sciopero generale del circo della storia italiana”, dice il presidente Egidio Palmiri. “Il disegno di legge contrasta con il Trattato Europeo e va in una direzione opposta rispetto alle legislazioni adottate (o in corso di adozione) nelle grandi democrazie del mondo”. Ecco il servizio tratto da Circo (luglio 2010).
di Claudio Monti
Il Regno Unito è l’unico Paese al mondo che ha deciso di valutare scientificamente se gli animali nei circhi vivano peggio di quelli detenuti in qualsiasi altra forma di cattività. E l’ha fatto non per pura curiosità, ma per decidere se adottare o meno una legislazione restrittiva nei confronti dei circhi con animali. Non come in Italia, dove una schiera di onorevoli impegnata a riscrivere la legge sul circo e lo spettacolo viaggiante, si è fatta indottrinare dai luoghi comuni e dall’ideologia dell’animalismo nostrano.
La risposta è stata negativa: non ci sono “prove” che supportino le accuse degli animalisti. Anzi, “in generale la salute degli animali del circo è buona”. A dirlo non sono dei circensi, ma un’equipe di luminari di diverse discipline che studiano gli animali.
La storia, in estrema sintesi, è questa. In Gran Gretagna è stato istituito un gruppo di lavoro sul Circo allo scopo di valutare le prove scientifiche del benessere degli animali al seguito dei circhi. Il rapporto finale (“Wild animals in travelling circuses”) porta la data dell’ottobre 2007 ed esprime il verdetto unanime di un comitato di accademici che si sono confrontati anche con quelli che potremmo definire i portatori di interesse. Ai lavori hanno infatti preso parte attivamente, producendo anche corposi materiali, sia rappresentanti dell’industria circense e sia di organizzazioni animaliste.
Un metodo di lavoro che suggeriamo di adottare anche in Italia per passare dai preconcetti all’approccio documentato ai problemi. Ma vediamo cosa ci consegna il lavoro fatto nel Regno Unito (di cui si può leggere un estratto: WILD ANIMALS IN TRAVELLING CIRCUSES).
Anzitutto è sbagliato appoggiarsi sulla pressione dell’opinione pubblica per dirimere una questione come questa: il fatto che in tanti o in pochi affermino che gli animali nei circhi sono maltrattati, non prova nulla. E questo vale ovviamente anche per l’assunto opposto. Servono studi scientifici, che gli accademici invitano caldamente a mettere in cantiere.
Secondo. Gli animali nei circhi vivono in condizioni totalmente differenti rispetto ad altri animali in cattività – ad esempio quelli negli zoo o impiegati in competizioni e concorsi vari – basti dire che gran parte del loro tempo è occupato da addestramento e spettacoli. Ma questo non significa che quelli dei circhi se la passino peggio. Anzi, gli studi fatti escludono che il loro benessere sia inferiore ad altri. Anche la questione degli spazi, più limitati sotto ai tendoni, non è di per sé una condizione che necessariamente influisce sul benessere. Chi dice il contrario lo fa per “fede” e nulla più.
Terzo. Uno dei cavalli di battaglia degli animalisti riguarda gli spostamenti che, a loro dire, sarebbero causa di stress per gli animali nei circhi. Quelli degli zoo, ad esempio, ne fanno pochissimi, ma questo non significa che vivano un benessere superiore. Dipende – dicono i saggi – dalla abitudine e dalla qualità degli spostamenti, non dalla distanza o dal numero dei viaggi. Dipende dal tipo di alimentazione che ricevono in queste situazioni e come sono trasportati.
Quarto. Capita a volte di imbattersi in video diffusi da associazioni animaliste che mostrano animali nel circo o in mostre faunistiche che ripetono in maniera quasi ossessiva alcuni movimenti, i cosiddetti comportamenti stereotipati. Non ci sono prove, basandosi solo su questi comportamenti, che si tratti di un indicatore di cattive condizioni di vita di questi animali.
Il Comitato di esperti ha concluso che non ci sono prove per giustificare un divieto per qualsiasi specie presentata nei circhi itineranti del Regno Unito.
Il presidente del gruppo, Mike Radford, professore di diritto, conclude che, data la mancanza di prove scientifiche, qualsiasi divieto imposto dal Governo può essere oggetto di impugnazione legale.
Infine, perché nessuno possa pensare che gli accademici sono dei signor nessuno, li elenchiamo di seguito, anche perché ognuno possa verificare, semplicemente attraverso quello che si può trovare online, di chi stiamo parlando: Patrick Bateson, prof. Emerito di etologia a Cambridge; Ted Friend, prof. del Dipartimento di Scienze degli animali all’Università del Texas; Marthe Kiley-Worthington, londinese, ma direttore dell’Eco-Etho Research & Education Centre di La Drome in Francia; Samantha Lindley, docente di medicina veterinaria all’università di Glasgow; Georgia Mason, esperta di comportamento e benessere degli animali all’università canadese di Guelph; Peter Scott, della Companion Animal Welfare Council di Cambridge. (Si ringrazia l’Eca per la collaborazione)