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Karakasa: c’è vita nella discarica ambulante

Lo spettacolo Home Sweet Home è il risultato di un progetto transculturale, sostenuto dalla Commissione Europea, nato presso il Circo della Pace di Bagnacavallo riunendo diversi partner a livello internazionale. Ha debuttato nel tendone allestito in occasione del Circo della Pace tra dicembre 2011 e gennaio 2012.
Queste le coordinate anagrafiche di uno spettacolo ancora giovane, che dopo il fortunato debutto ha girato per tutta estate, andando in scena in teatri, piazze e chapiteau allestiti in quattro nazioni europee, nell’arco di una tournée da 35 spettacoli, durata tre mesi e conclusasi il 9 settembre scorso a Ferrara.
Le precedenti informazioni riassuntive sono quelle che chiunque voglia documentarsi sullo spettacolo può trovare con la massima facilità, ad esempio visitando il sito karakasa.it.
Chi ha visto lo spettacolo quest’estate ha potuto effettivamente constatare il grado di maturazione di questo frutto e non si tratta di poche persone, considerando che solo durante la sua tenitura al festival Zomer Van Antwerpen in Belgio, è stato applaudito da oltre 10 mila spettatori. Anche numerose città di tutta la penisola hanno potuto assistere alle nostre rappresentazioni. Proprio così, il nostro spettacolo, puntualizzazione dovuta. L’autore di questo articolo è il direttore di scena della compagnia, oltre che un entusiasta performer in scena nello spettacolo. È infatti da questo punto di vista particolare che si vuole presentare Home Sweet Home.
Solamente chi è parte della compagnia Karakasa o, forse meglio detto, della famiglia Karakasa, ha vissuto il lato più umano e contingente del progetto, convivendo con esponenti di quattro culture europee peculiari, a stretto contatto per tre mesi continuativi. Trasmettere esperienze talmente personali in un articolo è impossibile e risulterebbe persino noioso, seppur ricco di particolari gustosi. Tuttavia alcune informazioni meno divulgate possono aiutare ad arricchire la veduta su questo spettacolo, come i contenuti extra di un DVD.
Ci si può chiedere ad esempio cosa significhi il nome della compagnia. Karakasa è parola che ha una spiccata musicalità ed assonanza con la traduzione italiana del titolo dello show,
Casa dolce Casa, pur non facendo diretto riferimento ad alcun tipo di abitazione. Il Karakasa è una forma di spirito giapponese, che al compimento del centesimo anno di età si anima. Il Karakasa in particolare è uno spirito a forma di ombrello, un vecchio ombrello del tutto simile a quelli che in gran quantità vengono utilizzati nello spettacolo. Il nome è stato dato alla compagnia da Cialdo Capelli, compositore delle musiche dello spettacolo e punto di riferimento di costante presenza per la compagnia, assieme al direttore artistico Alessandro Serena ed al regista Marcello Chiarenza. La trinità dello staff creativo ha infatti presenziato ad un gran numero delle repliche di questa tournée, segno non solo di totale dedizione al progetto, ma anche del sentimento che lega saldamente gli autori alla propria ultima creatura.
Nel corso della tournée estiva lo spettacolo si è evoluto, modificato e sostanzialmente migliorato. Convocare quotidianamente la compagnia per una sessione di “note di regia” è un compito spesso scomodo, analizzare lo spettacolo e apportarvi modifiche è mentalmente affaticante per tutti, ma il tempo trascorso insieme da cast creativo, staff e cast artistico ha innegabilmente cementato i rapporti personali di questo gruppo, al contempo mantenendo le attenzioni di tutti focalizzate sullo spettacolo e sul pubblico.
La comunicazione all’interno della compagnia merita una menzione d’onore. In Karakasa l’inglese non è affatto la lingua che mette tutti d’accordo perché non è compresa da tutti, così si parla una strana mescola di italiano, russo, inglese ed ungherese, arricchita da qualche parola assente dai dizionari e che permette di comprendersi al volo. Chiunque in Karakasa sa di cosa si sta parlando quando sente la parola Trak-Trak, ovvero il termine che in senso lato indica il lavoro fisico, di carico, scarico e allestimento delle scene. In questo modo di comunicare si può intravedere la matrice circense della compagnia, un piccolo gruppo, microcosmo ambulante con regole proprie autodeterminate che gli permettono di mantenersi saldo. Una famiglia unita da un fine.
Questa forma di società trova il modo di manifestarsi anche durante lo spettacolo, complice il fatto che i performer sono sempre tutti contemporaneamente in scena, sempre in movimento ed in relazione l’uno con l’altro anche quando si trovano in zone perimetrali della scena, ovvero in qualche angolo della discarica di oggetti magici che è il loro habitat. Uno dei punti di forza dello show è il fatto che ognuno sa di poter contare sugli altri affinché lo supportino nei momenti più “difficili”, magari coprendo l’altrui fallo tecnico con un lazzo, segno questo di complicità e grande coesione del gruppo. Una delle domande più spesso poste dal pubblico che si avvicina alla scena a fine spettacolo è se ci sono fratelli nel cast, quali e quanti sono. La risposta più utilizzata è che “non ci sono fratelli, ma lo siamo tutti”.
Al momento lo spettacolo è in pausa, le repliche sono sospese fino al termine del letargo autunnale, ma la compagnia si sta già preparando per la tournée invernale che partirà a dicembre, ancora una volta girando per Italia ed Europa, ansiosa di mostrare ad un nuovo pubblico tutto il potenziale evocativo, magico e comico di una discarica ambulante.
Alberto “Zaicik” Fontanella

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