di Alessandro Serena
Quest’intervista è parte del progetto Il circo italiano a Monte Carlo, che racconta i vincitori tricolore della più importante manifestazione circense al mondo. Scopri tutti i video, gli articoli e le interviste.
Come siete arrivati a Monte Carlo?
Mio padre è da anni allevatore di cavalli. Aveva un maneggio con un’azienda di arte e civiltà contadina. Io e i miei fratelli, perciò, siamo figli della terra, agricoltori. Dobbiamo molto alla visione di nostro papà che ha deciso di incanalare la sua passione ed iniziare ad esibirsi nelle piccole fiere paesane dei dintorni. Siamo partiti da questo e man mano siamo riusciti a creare un repertorio solido. Da lì c’è stato l’incontro con il mondo del circo che ci ha affascinato tanto. Abbiamo persino acquistato un piccolo chapiteau. Poi, grazie ad un ingaggio a Fiera Cavalli a Verona, conoscemmo il regista Antonio Giarola, che ci ha aperto un mondo di potenzialità. Abbiamo implementato il termine “cavalli in libertà”, d’uso comune nel circo, interpretandolo in senso letterale. I nostri animali infatti lavorano quasi allo stato brado, senza pennacchi, morsi, selle. Si esibiscono guidati solo dalla nostra voce e dai nostri movimenti del corpo.
In seguito, avemmo un altro incontro decisivo, quello con l’indimenticato Giulio Montico, che non ringrazierò mai abbastanza. Ci invitò infatti a partecipare al Festival di Latina, dove fra i numerosi operatori c’era anche Urs Pilz, il direttore artistico di Monte Carlo.
La più importante manifestazione del settore
Siamo stati invitati nel Principato e a quel punto abbiamo deciso di chiedere aiuto ad Antonio Giarola, che io chiamo “enciclopedia del circo”, perché è sempre pronto ad illuminarti su qualsiasi spunto. Antonio mi ha accompagnato in un percorso, dandomi suggerimenti fondamentali, mi ha aiutato a comprendere il termine “drammaturgia”, inteso come coerenza della performance fra musiche, costumi ed esercizi. Abbiamo curato insieme il numero destinato a Monte Carlo chiamandolo Horse Lyric. Una selezione di musiche d’opera per un’esibizione curata in ogni minimo particolare. E l’idea innovativa di comandare i cavalli solo con una leggera piuma di pavone, seppur tratta da un’antica immagine trovata da Antonio.
Cosa significa partecipare al Festival?
Arrivati a Monte Carlo, ci siamo sentiti catapultati in un mondo magico, ma anche spaventati. Ti senti a metà fra lo stralunato e l’impaurito, con una responsabilità incredibile. Ci hanno aiutato davvero molto i nostri cavalli. Tanto noi eravamo agitati quanto loro tranquilli. E pensare che in quei giorni avevano fatto la conoscenza di altri animali quali tigri ed elefanti. Ma si sono subito ambientati. Loro. Noi eravamo frastornati. Anche se ci siamo sentiti subito ben accolti da tutti pur non appartenendo alla grande famiglia del circo. Le prime conferenze stampa, i fotografi, la Principessa Stéphanie che veniva a conoscerci. Una fiaba che diventa realtà. Poi la tensione degli spettacoli, con artisti di tutto il mondo: i cinesi, che provavano tutta la notte, i russi, attenti ad ogni particolare, e così via. Oggi faccio fatica a dire com’è andata. Del debutto non ricordo niente, tanta era l’emozione. So solo che al momento dell’uscita dalla pista dopo l’esibizione sono scoppiato a piangere e ho abbracciato i miei fratelli. I cavalli avevano fatto tutto loro.
Un trionfo inaspettato.
Quando abbiamo saputo di aver vinto l’Argento è stata un’emozione unica. Per una famiglia di contadini arrivare nell’olimpo del circo è stato un risultato incredibile. Sempre con massima umiltà e semplicità. L’Argento dapprincipio ci è sembrato un punto d’arrivo, invece era un punto di partenza, perché si aprirono davvero le porte del circo che conta. Krone, Roncalli, il Carrè di Amsterdam, il Bolshoj di Mosca, lo Stabile di Budapest. Incredibile. E ogni ingaggio ha rappresentato un arricchimento in esperienza: incontri con grandi artisti, registi, direttori.
Poi è arrivata la seconda partecipazione alla rassegna monegasca.
Dopo tutte queste soddisfazioni, essere invitati di nuovo a Monte Carlo nel 2023 è stata un’emozione ancora più grande. Diversa. Da una parte avevamo acquisito una consapevolezza più matura delle nostre capacità, dall’altra, proprio perché eravamo ormai conosciuti, non potevamo più puntare sull’effetto sorpresa ma dovevamo confermare un buon livello. Abbiamo fatto un lavoro di dressage e di confezione del numero davvero puntiglioso. Aggiungendo una violinista che accompagnava le performance dal vivo. C’è stato un imprevisto dell’ultima ora per cui, per motivi di scaletta e di equilibrio degli spettacoli, abbiamo dovuto dividere l’esibizione in due parti presentandole singolarmente nei due spettacoli di selezione. Una bella sfida, il cui risultato evidentemente è piaciuto agli spettatori, che ci hanno tributato delle convinte standing ovation, e soprattutto alla giuria, portandoci un secondo Clown d’Argento.
Qual è il vostro stile in pista?
Io e i miei famigliari in maniera più o meno consapevole abbiamo anticipato un movimento, un trend. Oggi c’è sempre maggiore attenzione al rispetto per gli animali e ad un lavoro armonico con loro. Il Festival di Monte Carlo è sempre stato avanti in tal senso. Non abbiamo avuto modo di conoscere di persona S.A.S. il Principe Ranieri ma sappiamo dai colleghi del suo amore per gli animali, che per altro rifulge in S.A.S. la Principessa Stéphanie. La famiglia principesca è da sempre attenta al loro benessere. Del resto, è noto che il cavallo è il motivo della circolarità della pista e una delle essenze del circo. Forse insieme al clown ne è il simbolo più vero.
Cosa programmate per il futuro?
Abbiamo di recente ristrutturato una grande area verde vicino a Rovigo, in mezzo alle ville del Palladio, dove ci prepariamo sia tecnicamente che spiritualmente con i nostri cavalli. Ho la fortuna di avere dei fratelli, dei figli, dei nipoti, intenzionati a portare avanti il lavoro con i cavalli. Una specie di dono che abbiamo in qualche modo ricevuto. Per cui, con la benevolenza degli organizzatori, speriamo di essere presenti con le nuove generazioni alle prossime edizioni del Festival di Monte Carlo. Per emozionare ancora raccontando la storia del legame ancestrale che continua ad unire la terra, gli uomini e gli animali.