Terra di grandi allenatori di calcio, Cesenatico. Azeglio Vicini, a lungo commissario tecnico della nazionale italiana, e Alberto Zaccheroni, uno scudetto col Milan, sulla panchina di Udinese, Lazio, Inter, Torino, Juventus e da due anni ct della nazionale giapponese. In estate è facile incontrarli in centro o seduti al tavolino del bar dei Pini in viale Roma, regno del Club Magico Pantani. Si, proprio lui, il Pirata, un mito che sfreccia ancora velocissimo da queste parti.
Terra di turismo da sempre, col magnifico porticciolo punteggiato di barche storiche con le vele colorate, opera dell’intelligenza ingegneristica e del gusto per il bello sprigionati dalla genialità di Leonardo da Vinci e dai pescatori cesenaticensi. Terra di scrittori come Marino Moretti. Terra di gente con l’orecchio e il valzer facile che annovera fra i suoi concittadini illustri pure Raoul Casadei. Terra in cui il buon vivere naviga entro coordinate enogastronomiche e culturali senza paura di spiaggiarsi. Forse non a caso anche terra fertile per l’arte circense, grazie all’Accademia d’Arte Circense che dal 1990 al 2003 a Cesenatico ha sfornato una élite di giovani talenti che ha portato una ventata nuova nel circo non solo italiano. Ed è il circo a dare l’impronta di questa estate che ormai ha scavallato la cima Coppi del Ferragosto.
Parafrasando il titolo del romanzo di Fabio Genovesi, si potrebbe dire: Cesenatico Clown City. Cesenatico sa giocare con la tradizione senza diventare kitsch. Ogni estate inventandosi un registro diverso per far respirare le radici di questa comunità ospitale. L’ultima trovata nasce dall’incontro fra la vena artistica e creativa di un romagnolo che per una vita ha dipinto e modellato i protagonisti del circo, e un artigiano di un mestiere antico, quello della stampa su tela “a ruggine”. Spiegazione rudimentale: si utilizzano degli stampi di legno tocciati (come fossero timbri postali) in un colore magicamente ricavato da un mix di aceto, farina e un pizzico di ferro e poi pressati su teli di lino, canapa o ogni altro tessuto si desideri arabescare. Nascono così magnifiche stampe su tovaglie, tovaglioli, grembiuli, tende, centrini, coperte e federe, fino a paramenti sacri e tende da spiaggia, vale a dire gli ombrelloni ante-litteram, vele rettangolari che fra la fine dell’800 e i primi del 900 mitigavano i raggi del sole ai primi villeggianti in riva all’Adriatico. Poetiche e leggere come l’estate in Romagna. Poi gli ombrelloni in batteria, fitti e seriali, hanno preso il sopravvento mandando in fumo parecchia di quella poesia.
Il maestro che con sculture, acquerelli e incisioni ha dato anima al circo si chiama Ilario Fioravanti, è nato a Cesena nel 1922 ed è morto di recente, il 29 gennaio 2012. I maghi delle stampe su tela che dal 1826, secondo un tramandarsi di saperi che ricorda un po’ i mysteria degli alchimisti, lavorano in una bottega di Gambettola (poco distante da Cesenatico) e si chiamano Pascucci.
A Casa Moretti, sul portocanale, è stata allestita la mostra omaggio a Ilario Fioravanti, dal titolo Con l’anima del clown. Alla inaugurazione c’erano anche Dario Fo e Franca Rame, che d’estate trascorrono un lungo periodo di laborioso riposo nell’entroterra di Cesenatico, a Sala.
Bisogna partire da qui, dai lavori di Ilario Fioravanti esposti nella casona squadrata che fu di Marino Moretti e che l’amministrazione comunale (in particolare Manuela Ricci) custodisce come una reliquia, per compiere il viaggio intorno all’anima circense di Cesenatico. E’ come trovarsi sotto ad un tendone in mezzo a personaggi vivi, perché come ha scritto Giovanni Testori, la terra di cui sono fatti saltimbanchi, clown, acrobati e giocolieri, “cuocendo è diventata tenera carne, tenera rotondità”. Adagiati nelle stanze della Casa Moretti ti accolgono soprattutto i clown, tanti, ognuno con una diversa espressione del viso. Spaziano per tutta la scala cromatica del cuore umano, dalla gioia al dolore. E poi acqueforti, piatti e le splendide piastrelle in maiolica che sembrano un fotogramma dietro l’altro di scene catturate nel circo, raggruppate infatti sotto il titolo Signore e signori ecco a voi il circo!
Ci sono terracotte che tolgono il respiro tanto è l’incontro che ti offrono: gli acrobati equilibristi, realizzati da Fioravanti nel 1991, oppure il Clown col piffero, o la coppia di clown tristi, coi quali ti viene voglia di scambiare due parole, o ancora la Famiglia di clown e il Clown con testa all’ingiù. Veri, tutti con un’anima che non sapresti individuare con precisione ma che ti sorprende ora in quegli occhi appena accennati che ti scrutano dalla testa ai piedi, ora nelle mani rinsecchite che a volte ti sembra di cogliere nell’attimo in cui si staccano dal corpo per darti il benvenuto.
Usciti di qui (la mostra rimane allestita fino al 9 settembre) non resta che cedere al richiamo della brezza marina e dirigersi nella spiaggia libera fra il Grand Hotel e il grattacielo, dove il circo di Ilario Fioravanti grazie alla tecnica della stampa su tela diventa una distesa di vele, venti per la precisione, che sembrano pronte a prendere il largo. Ilario Fioravanti ha avuto il tempo, prima di lasciarci, di controllarli “uno ad uno i disegni circensi”, come ricorda Riccardo Pascucci, “apponendo, dov’era necessario, le sue correzioni”. Sono stilizzazioni più semplici ed essenziali quelle che si ritrovano sulle tende rispetto alle opere in mostra, ed è una semplificazione necessaria anche dal punto di vista tecnico (per trasporli su tela andavano in qualche modo “sintetizzati”), ma senza perdere la carica espressiva del circo di Ilario Fioravanti. Che per lui non è appena il più grande spettacolo del mondo, ma è il cuore del mondo e l’universo dei significati, secondo la sua magnifica definizione: “Il circo è la vita che è gioia e sofferenza. E’ differenza per dare gioia, per andare avanti. Il vivere è questo, ecco il rapporto del circo con Ridi pagliaccio ridi e magari dentro la risata c’è un singulto, un pianto e questo sentimento io l’ho provato sempre”.
Gli artisti del circo di Ilario Fioravanti “non sono vestiti di panni stracciati, ma da brandelli di poesia che subito si fissano nella tua memoria”, ha detto Tonino Guerra. Sulle tende da mare sfilano la donna cannone, i cavallerizzi, il leone domestico (espressione geniale che dice la verità sugli animali nei circhi), Moira degli elefanti, fino alla commovente Madonna del circo, che il popolo della pista di segatura farebbe bene a portare come un vessillo alla Udienza speciale che Benedetto XVI concederà al mondo del circo e dello spettacolo viaggiante il prossimo primo dicembre in Vaticano.
Il bambin Gesù è un piccolo acrobata che disinvolto e sicuro giocola le sue palline colorate in piedi su una gamba su una sfera più grande, mentre con l’altra tiene in equilibrio un’altra pallina. Chi regge saldamente la sfera maggiore (il grande spettacolo della vita ma anche l’universo mondo) è Maria, che proprio per questa ragione non è per nulla preoccupata che il piccolo possa cadere e farsi male, tanto che guarda in un’altra direzione, la nostra, per dirci, forse: «Questo mondo nel quale noi viviamo ha bisogno di bellezza, per non cadere nella disperazione. La bellezza, come la verità, mette la gioia nel cuore degli uomini ed è un frutto prezioso che resiste al logorio del tempo, che unisce le generazioni e le fa comunicare nell’ammirazione». Sono le parole che la Chiesa adoperò nel suo messaggio agli artisti. Lo ritroviamo nella naturale bellezza del dipinto di Ilario Fioravanti e in ogni sua creazione. Di lui Vittorio Sgarbi ha detto che “comunica cose semplici ad anime semplici, perché la semplicità, in accordo col messaggio cristiano, è la più alta delle virtù, intensa e purissima, la sola capace di farci godere in terra, il cielo”.
Claudio Monti