“Scrivo da molti anni e per molti buoni motivi: per il mio piacere, per far divertire, per raccontare storie che altrimenti verrebbero dimenticate. Quando posso, scrivo per viaggiare in mondi meravigliosi, più spesso lo faccio per vivere, e allora devo scrivere parecchio.
Questo racconto l’ho scritto perché mi ricordo ancora di quella volta che da piccola sono andata al circo: c’era un odore che non avevo mai sentito prima e capii che a volte un tendone basta a contenere un intero universo”. E’ Lucia Rossetti che rievoca magiche e indelebili atmosfere legate al circo. Il suo racconto, Carosello, partecipa al concorso Letteralmente Circo, promosso da Ente Nazionale Circhi e dal nostro portale di informazione.
I precedenti racconti pubblicati: L’ultima prova, Dana, Innocenti squilibrismi e Corrado cammina.
Carosello
>>>Questa sera darò una martellata in testa a mio zio Erik. Non sarà la prima volta, ma questa volta sarà speciale. Perché sarà la mia martellata a dare inizio alla fine dello spettacolo. E a far partire il carosello.
>>>Questa sera compirò otto anni, e nella mia famiglia questo è il limite che segna il passaggio da bambino ad artista.
Ecco perché entrerò in pista alla fine dello spettacolo vestito da clown e darò la martellata in testa allo zio Erik. Lui stramazzerà al suolo, la tromba di Igor il Pazzo strillerà nel buio e il carosello avrà inizio. E io – l’ultimo arrivato – sarà il primo della fila.
>>>Subito dopo lo zio Erik si rialzerà e insieme inizieremo a camminare in cerchio. Io dondolerò un poco, come per prenderlo in giro: lo zio cammina così da quando una fune gli ha strappato il tendine della caviglia. Faceva il trapezista, lo zio, era un angelo volante che poteva fare anche tre salti mortali, con la tuta bianca e turchese tutta accesa di brillanti. Dondolava a testa in giù dall’alto del tendone e prendeva al volo sua sorella Irina come fosse un fazzoletto di seta al vento. Nulla avrebbe mai potuto fermare il suo volo, e infatti non fu volando che si fece male. Fu scendendo, un incidente di cui non andare fieri. La fune lungo la quale si lasciava scorrere fino a terra una sera gli si attorcigliò malamente intorno alla gamba, lo zio non ci fece caso, diede uno strattone, ma quella si chiuse ancora più stretta e lui sentì come un click dentro alla caviglia. Lo zio dice che un esperto lo riconosce subito, il rumore che fa l’interruttore della sua carriera quando gira sull’off.
>>>Non si lamenta mai, lo zio Erik, e non fa drammi della sua disgrazia, mio padre dice che nel circo è così, si passa da uno stato all’altro senza troppe parole, e non c’è un meglio o un peggio: oggi voli sul trapezio, domani pulisci la pista e porti il secchio agli elefanti, e ogni cosa ha il suo posto, e tutte insieme tengono in piedi il tendone. Questo solo conta.
>>>Così, lo zio quel giorno ha ritirato il costume attillato bianco e azzurro in un baule al fondo della sua roulotte e si è infilato la giacca con il fiore finto che spruzza acqua, e il naso rosso, le scarpe aperte sul davanti, e ha iniziato a ridere.
>>>Ride sempre lo zio Erik, e dice che ad averlo saputo avrebbe iniziamo prima a fare il clown, e non avrebbe perso tutto quel tempo a volare sul trapezio e a prendere la zia Irina al volo, rischiando ogni sera di farsela scivolare di mano e perderla per sempre. La zia Irina da allora ha deciso di fare l’acrobata. Anche lei sorride, e una perla luminosa le scende sulla fronte e brilla come una stella.
>>>Di solito io mi addormento durante lo spettacolo, perché mi sono stancato durante il giorno. Mio padre di giorno mi dice sempre: fermati e riposati, se no stasera finisce che vai a dormire con i leoni… Che è come dire vai a dormire con le galline, ma noi al circo le galline non le abbiamo, abbiamo i leoni, e siccome li facciamo entrare come primo numero, e poi li ritiriamo nelle gabbie, allora diciamo che vai a dormire con i leoni se ti addormenti presto.
>>>Io il numero dei leoni lo vedo il pomeriggio, quando Peter fa le prove. Ma di sera l’ho visto di raro, perché finisco sempre per addormentarmi, e l’uomo forzuto mi riporta nella roulotte, perché mio padre presenta i numeri con il microfono e mia madre ingoia spade e torce infuocate e ha bisogno di molta concentrazione. Certe volte però io faccio solo finta di dormire, perché mi piace sentire l’uomo forzuto che mi solleva come un palloncino e mi porta fino alla roulotte, e io mi sento così leggero che ho paura di sfuggirgli dalle mani e volare via.
Ma stasera ho otto anni. E finalmente vedrò cosa succede alla fine, dopo i leoni e i trapezisti, il funambolo, i clown e i cavalli, i giocolieri, le tre gemelle contorsioniste e gli acrobati, con la zia Irina che ha una stella che brilla sulla fronte e sorride mentre l’uomo forzuto regge la piramide umana e lei come una farfalla si posa alla sommità, senza peso ne’ sostanza.
Quando alla fine di tutto sarà il momento dello zio Erik, lui entrerà facendo finta di inciamparsi nelle scarpe giganti, e andrà a stringere le mani al pubblico delle prime file, spruzzandoli d’acqua con il suo fiore finto.
Io allora entrerò in scena con il mio gigantesco martello, attraverserò la pista e gli arriverò alle spalle. Lui farà finta di non vedermi e suonerà la tromba, ma dalla tromba usciranno fiori e coriandoli, e certi versi come pernacchie che faranno ridere il pubblico. È a quel punto che io alzerò le braccia, e gli darò una martellata dritta dritta sulla testa. Lui stramazzerà al suolo facendo piiiiiiit con la tromba, e la luce resterà su di me, e tutto si farà silenzio.
>>>Sono fermo nel silenzio e nella luce, lo zio Erik è a terra, come morto, e la gente ride. Io mi sento leggero, più leggero di quando l’uomo forzuto mi porta a dormire. Ma nello stesso tempo sono anche pesante, incollato a terra dalla luce che scende dall’alto e mi cade in testa come un secchio di acqua gelida, che toglie il respiro, inonda gli occhi e non mi fa vedere le facce di quelli che stanno intorno. Poi parte la musica di Ivan il Pazzo. Quello per me è il segnale. Inizio a correre, prima una corsa leggera, poi più veloce. Lo zio Erik si alza e mi segue, poi entrano gli altri, il pubblico batte le mani e scandisce il tempo e a me sembrano che tutti quanti battano le mani solo per me. E dietro di me, come il nastro infinito di fazzoletti colorati che il mago fa uscire dal cappello, ecco entrare tutti gli altri: cavalli, trapezisti, contorsionisti, tutti a girare, con le luci impazzite e la gente che applaude. Eccolo, il carosello che non ho mai visto in questi otto anni, il vortice che gira e mi fa girare la testa, e le facce delle persone che scorrono sempre più velocemente, mentre il cerchio si stringe e io mi sento tirare al centro, nell’occhio del circo, al centro del mondo, circo della vita, cerchio della luce, girotondo di quello che siamo, piccoli e grandi, tutto gira e potrebbe andare avanti tutta la notte, tutta la vita, tra intrepidi e coraggiosi, donne virtuose e sguardi pieni di malizia, arti contorti, voli pindarici, equilibri estremi e cadute di stile, risate sguaiate, corpi abbracciati, gambe e zampe, fauci, sorrisi, occhi truccati e mani nude… Giriamo sempre più stretti, e le mie scarpe non sono più così grandi, giro dopo giro si accorciano le maniche della mia giacca, mentre lo zio Erik mi sembra più curvo, e quello che ora grida il mio nome nel microfono rauco sembra mio padre, solo più vecchio. Ancora un giro, la musica incalza, Igor il folle adesso sembra suo figlio, solo più grande, ma la musica, quella non cambia: squilli di tromba, e tutti gli altri a battere le mani, o a fischiare, in questo grande giudizio universale, che sale, e arriva alla volta del tendone, e al limite del cielo, e dall’alto mi guarda, mentre Irina, che adesso è molto più vecchia e fa la veggente, ora legge tra le righe delle mie mani il presente del mio divenire. Un futuro normale, una vita da circo, un carosello ogni sera. Gira e ritorna identico, eppure ogni volta diverso, mentre io sono già uomo, e al centro del cerchio rivedo un bambino, un grande martello tenuto stretto con tutto l’orgoglio di un cavaliere che sfida i mulini e non teme più il vento.
>>>Nel carosello del circo si chiude il mio cerchio, un mondo fatto di carne e di luce, di occhi che sognano guardando gli altri volare. Chi vuole leggere il futuro e il destino dei volti che ruotano nel cerchio del sole, deve venire al circo di notte, e attendere l’attimo in cui il più piccolo assesta il colpo finale. E’ allora che la storia riparte all’indietro, si riavvolge sul nastro del tempo, ripassa in rassegna sogni e ferite, risale fino all’inizio del tempo per richiudersi sull’ultimo applauso, sull’ultima nota di una tromba sfinita, sul passo leggermente azzoppato di un angelo che un giorno ha volato più in alto del cielo, ma poi si è inciampato nella paura fottuta di scendere a terra, e adesso ride con l’aria dell’uomo che si è liberato da un peso, lo sguardo divertito e ammiccante, sopra il suo naso rosso da clown.