RIMINI – Davis Dell’Acqua si è formato all’Accademia del Circo insieme ad una generazione di artisti che, soprattutto negli anni di Cesenatico, è stata modellata per portare nuova linfa artistica nel circo italiano, anche se in diversi hanno in seguito varcato i confini nazionali e non tutti per lavorare solo sotto agli chapiteaux. Fra questi “accademiani” (i “bocconiani” del circo) si è creato anche un clima di sana competizione e profonda amicizia, come ci ha raccontato Davis Dell’Acqua nell’intervista pubblicata ieri. Il contenuto della conversazione che segue spazia invece su temi che riguardano più in generale il circo italiano, anche perché da tempo – oltre ad aver compiuto brillanti esperienze a livello internazionale – Davis e Ronny presentano il loro numero nel circo di famiglia, in questi giorni sulla Riviera romagnola, e quindi sono ogni giorno a contatto con le problematiche legate alla gestione di un circo di medie dimensioni.
Da tempio lavori stabilmente nel tuo circo: come descriveresti l’evoluzione del circo Royal?
In passato il nostro era un circo piccolo mentre negli ultimi anni si è ingrandito. Non facciamo più i paesini, come accadeva quando io ero un ragazzino, abbiamo raggiunto una nostra dimensione, la famiglia si è allargata, siamo diventati più completi, ognuno segue un settore e anche dal punto di vista gestionale sono stati fatti grossi passi avanti. Ma adesso è tutto più difficile: prima le piazze si ottenevano abbastanza facilmente mentre oggi (ma è così già da tempo) su cinque domande che presenti solo una diventa autorizzazione a lavorare. Poi c’è troppa concorrenza e individualismo nella categoria e a volte manca anche il rispetto fra i circhi, mi sembra sia venuto meno quello spirito di squadra che regnava in passato. E in passato non avevamo a che fare con gli animalisti, quantomeno nel modo pressante in cui abbiamo a che fare oggi…
Come vedi la situazione dei circhi oggi in Italia?
Complicata e per niente facile. Credo che per il bene di tutti ci vorrebbe un accordo su come gestire le tournée. Già i circhi sono in balia dei comuni, i quali se vedono che c’è competizione fra di noi per accaparrarsi le piazze, ne approfittano per non darle a nessuno. I circhi per diverse amministrazioni sono purtroppo un fastidio.
Dunque si è fatta dura…
E anche poco remunerativa. Negli ultimi dieci anni le spese sono raddoppiate.
Oggi un circo lavora più su aree pubbliche (che per legge i Comuni dovrebbero mettere a disposizione) o private?
Certamente private, e anche questa è una ragione della lievitazione dei costi. Laddove i Comuni mettono a disposizione le aree spesso sono piccole e inadeguate per non dire inutilizzabili.
Dal punto di vista normativo andrebbe cambiato qualcosa per migliorare la vita dei circhi?
Forse si ma il problema principale non è normativo.
E qual è?
La poca unione all’interno della categoria e certi comportamenti… come quello di lasciare una piazza sporca, ad esempio, o comunque un brutto ricordo del proprio passaggio. Chi fa bene lascia un buon segno anche al circo che viene dopo, in caso contrario le conseguenze si ripercuotono negativamente su tutti. Bisognerebbe che ogni anno gli associati all’Ente Circhi si mettessero a tavolino per guardare chi si è comportato bene e chi si è comportato male e per aiutarsi a migliorare.
Quanto è importante il contributo ministeriale per i circhi?
E’ un contributo irrisorio, non fa la differenza in un anno, e comunque io lo investirei per le priorità associative che si intendono perseguire.
Quali innovazioni andrebbero introdotte a tuo parere per migliorare la situazione.
La prima è riportare il circo dentro le città perché negli ultimi anni siamo stati sempre più marginalizzati, e credo in parte anche a causa della presenza degli animali. Nelle città hanno preso piede le multisale visto che la gente preferisce concentrare diverse funzioni: fare acquisti e spesa al centro commerciale, mangiare all’interno e poi andare al cinema nella multisala o al bowling. Il circo è tagliato fuori da questo circuito, è relegato in periferia, difficile da raggiungere… mentre il nostro lavoro dipende moltissimo dalle piazze. La formula della multisala ha permesso al cinema di riprendersi, e il circo dovrebbe inventarsi qualcosa di analogo per rimettersi maggiormente in gioco.
La seconda?
Promuovere di meno il circo con animali e più quello con gli artisti per catturare un altro tipo di pubblico. I circhi italiani hanno un pubblico affezionato e numeroso che vuole gli animali, ma c’è l’esigenza di ampliare la platea e per farlo bisogna anche educare il pubblico ad un circo diverso. Se si guardano i manifesti affissi oggi dai circhi, si nota che l’immagine prevalente è l’animale, e anche per questo c’è molta uniformità oggi nel circo italiano. Mentre io credo che si debba iniziare a far vedere gli artisti più degli animali. Sia chiaro, gli animali sono importanti e fanno parte del Dna del circo, ma il circo non è solo animali.
Come vedi la questione animalisti?
Come una problematica con la quale convivere. Gli animalisti ci saranno sempre, anche se continueremo a vincere tutti i ricorsi davanti ai Tar e anche se otterremo tutte le migliori leggi per la tutela degli spettacoli con animali. E’ una corrente di pensiero, minoritaria ma presente. Fra gli animalisti ci sono poi quelli oltranzisti e quelli che dicono: “l’importante è che li trattiate bene gli animali”. Comunque è un punto di vista che va rispettato e capito, cooperando dov’è possibile per migliorare sempre di più le condizioni di vita degli animali.
Su cosa punteresti per introdurre innovazione negli spettacoli proposti dai circhi italiani?
Mi piacerebbe rimettere al centro dello spettacolo la comicità, il clown, perché oggi sempre di più la gente va al circo per divertirsi e per staccare la spina. Mentre il clown è diventato in molti casi una figura di riempimento. E poi introdurrei l’orchestra dal vivo, che da sola è capace di rendere tutto più vivace, bello e affascinante. E’ un po’ come il trucco per una donna. Curerei molto anche scenografia e coreografia, e punterei su un finale d’impatto, perché il pubblico conservi uno speciale ricordo dell’ultima cosa che ha visto. Infine, meno numeri di gabbia e più artisti.
Perché la nuova generazione del circo, quella dei trentenni, che magari si è formata all’Accademia, stenta a prendere la guida dei circhi?
Penso per la struttura abbastanza patriarcale dei circhi. Ma il tema principale non credo sia giovani o vecchi.
E quale?
Il circo dovrebbe farlo gente capace e non è detto che chi è del circo sia sempre capace. Io in pista so cosa devo fare ma confezionare lo spettacolo, occuparsi della regia, delle luci, delle musiche… cioè di tutto quello che avviene sotto al tendone e non fuori, penso dovrebbe farlo qualcuno che ha le competenze.
Capisco che sia un po’ un’utopia, ma l’inserimento di un regista potrebbe contribuire a migliorare la qualità degli spettacoli. E penso anche che il circo di qualità abbia oggi bisogno di un marchio, come la bandiera blu per le spiagge.
2 – Fine
Claudio Monti