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Generazione Accademia: Davis Dell’Acqua

Davis Dell'Acqua

RIMINI – Davis Dell’Acqua è un rappresentante della “generazione Accademia”. Del circo, ovviamente. La sua storia inizia dalla decisione di salire su un treno in Sicilia con destinazione Verona. Aveva 10 anni. Era il 1988 e l’Accademia del Circo apriva le sue porte in via Germania, nel quartiere invernale dell’American Circus. A luglio Davis compirà 34 anni (fra settembre e ottobre, la data dipenderà anche dalla piazza, si unirà in matrimonio con Kineret Zavatta) e non si può davvero dire che non abbia fatto tesoro di quella avventura (perché tale è stata) formativa che insieme al fratello Ronny l’ha portato a coronare molti sogni, a raccogliere trofei ed emozioni.

Davis Dell'Acqua (insieme ad Aldo Martini)

Il circo di famiglia, Royal, in questo periodo è a Rimini e qui abbiamo intervistato Davis: l’esperienza in Accademia, i primi risultati e poi i premi prestigiosi, il lavoro nel circo, il rinnovamento dei circhi italiani, la questione degli animali, lo stato di salute della categoria, il ricambio generazionale. Di tutto questo abbiamo parlato con lui. Nella prima parte dell’intervista (la seconda domani) il focus è soprattutto sull’Accademia.
“In effetti tutto ebbe inizio nell’88 a Verona. Ero un bambino che passava le sue giornate giocando e spostandosi da una città all’altra col circo della mia famiglia. Mi ricordo che lessi un articolo sulla rivista Circo, uscito nel giugno del 1988, e dissi a mio papà: “Voglio andare all’Accademia”. Facevo la quinta elementare.
Che cosa ti ha fatto decidere?
Quando ho letto quell’articolo e ho visto le fotografie che mi hanno dato la sensazione di una squadra unita, tutti con l’uniforme rossa, è stato come ricevere una spinta dall’interno. Io non ero mai stato via di casa prima e il circo della mia famiglia in quegli anni si muoveva nel sud Italia, fra Sicilia e Calabria.

I primi allievi dell'Accademia a Verona nel 1988

Così iniziò il tuo primo lungo viaggio.
Si, fu anche molto lungo, 24 ore di treno. Mia mamma mi accompagnò. Ho ancora davanti agli occhi i tanti cantieri aperti una volta arrivati a Verona perché si stavano preparando i mondiali del 90.
Chi ricordi del gruppo di tuoi coetanei del tempo e degli istruttori?
Fra gli istruttori, Lucio Nicolodi, Rony Jarz, Paolo Codanti (c’era anche la moglie che faceva la cuoca), Dario Gottani, Mara Bulgarelli e Maria Lionetti che si occupava della nostra formazione scolastica.
E fra i “colleghi”?
Elvit e Christian Bellucci, Braian Casartelli, Eleonora Peres, Steve Bello, Glen Nicolodi, Mike Hones, Gipsy de Rocchi, Yuri Peres, i Poletto… E ricordo anche che c’era già il modellino della nuova Accademia, il signor Palmiri un giorno ci portò a vedere il terreno, vicino allo stadio Bentegodi, sul quale sarebbe dovuta sorgere la sede stabile.
Sempre nell’88 la rivista Circo pubblicò una doppia pagina centrale con le foto di tutti gli allievi e una domanda: saranno famosi?
Ricordo molto bene anche quella. Eravamo in 23…
E il testo diceva: “…non sono ancora importanti i personaggi qui raffigurati, anche se esistono le premesse perché un giorno possano diventarlo. Si tratta dei primi allievi della scuola di circo, verso i quali sono puntate le nostre attenzioni e le nostre speranze. Saranno Famosi? Soltanto il tempo darà una risposta. Per ora essi dovranno pensare soprattutto a impegnarsi con entusiasmo, disciplina, coraggio, studio, abnegazione”. E in effetti il tempo ha dato una risposta positiva…
Si. L’Accademia ci ha uniti, ci ha fatto maturare, ci ha insegnato a diventare uomini e artisti. Quando ci rivediamo col gruppetto degli inizi non si fa altro che parlare di quegli anni. All’inizio eravamo molto “sperimentali”, si giocava parecchio e non si lavorava tantissimo. Poi l’inquadramento è andato crescendo, si è cominciato a lavorare sodo ed è venuta fuori fra di noi quella sana competizione che è stata utile per far nascere degli artisti.

Davis e Ronny Dell'Acqua sulla copertina di Circo con i premi ottenuti alla Premiere Rampe

Per te cosa ha rappresentato l’Accademia?
Qualcosa di utilissimo, direi fondamentale. Non avrei mai fatto quello che invece ho fatto nel corso degli anni se non avessi frequentato l’Accademia, anche perché nel mio circo non avrei avuto la possibilità di formarmi.
Anche tuo fratello Ronny ti ha in seguito raggiunto.
Si, nell’anno accademico 91-92, quando era ancora molto piccolo e infatti rimase un mese e poi tornò a casa. Tornò l’anno dopo e quindi ancora una pausa. Ci ripresentammo in Accademia nel 94-95: avevamo appena cominciato a fare il numero di mano a mano nel nostro circo e quindi abbiamo deciso di tornare un altro anno in Accademia per lavorare su quel numero. Io mi sono diplomato nel 92 e Ronny tre anni dopo.
Quali istruttori hanno formato il vostro numero?
Io ho imparato verticali, equilibrismo e salti a terra con Lucio Nicolodi, che ci ha anche “imbastiti” per il mano a mano. Quando tornammo in Accademia Lucio non era più fra gli istruttori e fu Aguanito Merzari a seguirci. In quella fase c’era uno spirito molto bello in Accademia, talmente coinvolgente che si imparava facilmente, anche per la sana competizione di cui ho parlato prima.
Poi sono arrivati i primi festival…
Certo, si sono presentate le prime occasioni pubbliche, già quando eravamo ancora in Accademia, ad esempio con Bimbo Circo nell’89. Nel 95 con l’Accademia andammo alla Première Rampe, classificandoci al secondo posto e vincendo il “K d’Argento”. Con noi partecipò anche Sue Ellen Sforzi, e anche lei andò molto bene. Poi tanti spettacoli in piazze e manifestazioni dove l’Accademia veniva chiamata.

Ronny e Davis sulla pista di Montecarlo

E una volta uscito dalla scuola di Cesenatico?
Nel 2000 siamo stati al festival di Saint-Paul-lès-Dax, poi il Giubileo degli artisti, varie partecipazioni televisive in Italia (come il Circo Massimo) e all’estero (Argentina, Inghilterra, Giappone quest’anno), il Festival di Wuqiao in Cina e altro.
E poi la perla più preziosa, Montecarlo.
L’ho tenuto a parte dall’elenco (sorride Davis, nda). Montecarlo per me è stato un punto d’arrivo. Considerando da da dove ero partito, figlio di direttore di circo, in un complesso che lavorava nel Meridione, il fatto di arrivare a Montecarlo, insomma… E’ stata una emozione forte. Tanti bravi artisti avrebbero potuto farlo e non ci sono riusciti, mentre per noi è stato possibile. Quando fai Montecarlo sai che sarà il tuo punto massimo, anche se artisticamente diventerai più bravo in seguito. Per prepararci abbiamo lavorato dieci mesi mettendo da parte tutto e tutti e il risultato c’è stato.
Al di sotto o al di sopra delle aspettative?
Tutti mi avevano detto: pensa a fare bene, non al premio, e così abbiamo fatto. I premi poi sono sempre relativi: nella storia del Festival di Montecarlo si sono visti grandi artisti che avrebbero meritato di più e non l’hanno ottenuto, ed altri che forse avrebbero meritato di meno e sono stati un po’ sopravalutati. Noi siamo contenti di quello che abbiamo ottenuto, il Clown di Bronzo.

1- segue

Claudio Monti

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