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di Alessandro Serena *

Antonio De Curtis, uno dei maggiori attori comici del Novecento, è stato con una certa frequenza accostato alla figura del clown ed in genere al mondo del circo e del varietà. È fondato questo accostamento? Di certo l’influenza del comico è stata enorme sui clown dell’epoca, ed anzi è arrivata sino ai nostri giorni. Ma quali furono i punti di contatto reali?
Per cominciare si possono ricordare alcune pellicole, interpretate con slancio, ispirate al mondo della pista. Fra tutte: Il più comico spettacolo del mondo, di cui il 29 ottobre viene presentata la nuova versione in 3D al Festival Internazionale del Film di Roma, ma anche Due cuori fra le belve o la spassosa scena finale di Totò Peppino e le fanatiche, nella quale i due, per accontentare le pressanti richieste delle prepotenti mogli, si improvvisano coppia di clown mettendo in scena una sgangherata entrata comica.
È utile poi ricordare la condizione sociale di partenza di De Curtis, con la frequentazione, in gioventù, degli stessi ambienti visitati da altri artisti disoccupati in cerca di lavoro in piccoli circhi o teatri di varietà di provincia. Ambienti e difficoltà che mai rinnegherà in seguito.
Ma più nello specifico l’appartenenza di Totò alla famiglia dei clown è attestata dall’utilizzo ampio ed efficace di tecniche tipiche della professione. Come i virtuosismi del corpo (il suo è quasi una marionetta), l’assoluta padronanza di smorfie e mimiche del volto, fino all’ampio repertorio di scioglilingua e giochi di parole, ai tempi un caposaldo anche dei clown di pista. Pure dal punto di vista delle relazioni con la spalla le analogie sono notevoli. Non solo e non tanto nelle celebri coppie Totò e Peppino, o Totò e Fabrizi, ma anche nelle numerosissime pellicole in cui il comico ha voluto al suo fianco l’attore e amico Mario Castellani (spesso anche assistente alla regia), anche per parti brevi, ma sufficienti per definire il classico contrasto fra “bianco” e “augusto”. Inoltre si sa che le maschere dei clown hanno vita propria, e il personaggio creato da De Curtis, anche cambiando nome, nazionalità, occupazione, stato civile, attitudini, rimane uguale a se stesso pur nelle decine di titoli interpretati dal grande maestro napoletano della risata.
Se è vero che la differenza fondamentale fra attore e clown è che il primo recita mentre il secondo è, allora si può ben dire che Totò sia una delle maschere clownesche meglio riuscite del secolo scorso. A sostegno di questa parentela esistono numerosi scritti di autorevoli critici. Come Alberto Moravia (Al Cinema, Bompiani 1975): “Totò era un clown fabbricato senza risparmio e, si direbbe, con precisa intenzione, dalla natura. Totò è stato un grande clown, forse uno dei più completi e perfetti. Nel contesto di una qualsiasi orrenda commediola all’italiana si possono isolare sequenze nelle quali la comicità di Totò è assoluta”.
Sulle relazioni con le tecniche circensi, ha lasciato una riflessione interessante anche Vito Pandolfi (Antologia del grande attore, Laterza, 1954): “La tradizione italiana, mentre veniva ad esaurirsi il suo filone principale – quello del teatro di prosa – da una parte creava grandi interpreti e grandi creatori del music hall e del circo, dall’altra si comunicava alla parte più genuina della nostra produzione cinematografica. Le connessioni sono assai strette, evidenti. I Fratellini, Rastelli e Totò ereditano e sviluppano talune forme spettacolari i cui germi sono chiaramente dovuti ai giochi mimici, musicali, di costumi, di parole, dei comici dell’arte … La tradizione, con le sue rivelazioni e i suoi termini, del grande attore italiano, è giunta direttamente fino a queste espressioni.”
Così Pandolfi non solo si dimostra uno dei pochissimi teorici italiani del teatro memori della figura di Rastelli, ma accosta addirittura il giocoliere al più grande attore comico del Novecento, Totò, attribuendo ad entrambi il merito di avere raccolto e tramandato l’eredità dei comici dell’arte.

Totò nel film Il più comico spettacolo del mondo
In effetti sia il grande comico napoletano che il giocoliere, nel corso delle rispettive carriere, hanno fatto uso, anche se in direzioni completamente opposte, delle stesse tecniche di virtuosismo del corpo: Totò volto a scomporre l’ordine naturale delle cose, Rastelli intento a crearne uno di superiore.
Prendiamo ad esempio alcune riflessioni del grande comico raccolte da Cesare Zavattini: “Nessuno si accorge che certe sere io combatto una battaglia violentissima: Totò contro il suo repertorio. Sono momenti nei quali mi sembra di soffocare, e allora mi vedete spiccare un salto straordinario – vi assicuro straordinario – e tento di arrampicarmi su per il sipario. Reagisco alla consuetudine della recitazione. Direi che è un fatto fisico. … Il movimento! Il bisogno di rompere oggetti, vorrei che mi scrivessero un atto durante il quale io non faccio altro che rompere tazze bicchieri vasi e mobili.”
Ed ecco invece cosa scriveva Orio Vergani di Enrico Rastelli: “Attorno al suo corpo gli oggetti, cadendo o salendo, girando e balzando, costituivano allo sguardo, di queste pause magiche, un alone, un’atmosfera entro la quale non v’era più obbidienza alle leggi della statica. In questa atmosfera, la mano di Enrico Rastelli penetrava a scomporre e a ricomporre a volontà, con tocchi lievissimi, una paradossale geometria aerea di cose che, ruotando, avrebbero dovuto cadere e invece non cadevano…”
E i punti di contatto fra i due artisti furono numerosi: dalla vastità del repertorio che permetteva ad entrambi di allungare a dismisura le esibizioni in teatro a seconda delle reazioni del pubblico, al ricorso alla “vista della memoria” per la quale sia l’attore comico che il giocoliere imparano una parte che poi rivedono eseguendola. Ma soprattutto ad accomunare tristemente i due artisti vi fu la disattenzione che ricevettero dal teatro ufficiale del loro tempo. Mentre però il recupero della figura di Rastelli non ebbe praticamente mai luogo, l’arte di Totò per fortuna venne, ed è tuttora, giustamente rivalutata attraverso visioni quasi ritualizzate di tutti i suoi film.
Ma forse la più convincente dimostrazione di appartenenza al mondo del clown e del circo di Totò è la sua dichiarazione d’amore ne La preghiera del clown. Nel citato film Il più comico spettacolo del mondo (1953), parodia de Il più grande spettacolo del mondo (Cecil B. De Mille, 1952), Totò nella parte di un clown, vive una serie di avventure legate al suo lavoro quotidiano. Al termine della giornata, insieme ai suoi colleghi, recita questa preghiera: “Noi ti ringraziamo nostro buon Protettore per averci dato anche oggi la forza di fare il più bello spettacolo del mondo. Tu che proteggi uomini, animali e baracconi, tu che rendi i leoni docili come gli uomini e gli uomini coraggiosi come i leoni, tu che ogni sera presti agli acrobati le ali degli angeli, fa che sulla nostra mensa non vengano mai a mancare pane ed applausi. Noi ti chiediamo protezione, ma se non ne fossimo degni, se qualche disgrazia dovesse accaderci, fa che avvenga dopo lo spettacolo e, in ogni caso, ricordati di salvare prima le bestie e i bambini. Tu che permetti ai nani e ai giganti di essere ugualmente felici, tu che sei la vera, l’unica rete dei nostri pericolosi esercizi, fa che in nessun momento della nostra vita venga a mancarci una tenda, una pista e un riflettore. Guardaci dalle unghie delle nostre donne, che da quelle delle tigri ci guardiamo noi, dacci ancora la forza di far ridere gli uomini, di sopportare serenamente le loro assordanti risate e lascia pure che essi ci credano felici. Più ho voglia di piangere e più gli uomini si divertono, ma non importa, io li perdono, un po’ perché essi non sanno, un po’ per amor Tuo, e un po’ perché hanno pagato il biglietto. Se le mie buffonate servono ad alleviare le loro pene, rendi pure questa mia faccia ancora più ridicola, ma aiutami a portarla in giro con disinvoltura. C’è tanta gente che si diverte a far piangere l’umanità, noi dobbiamo soffrire per divertirla; manda, se puoi, qualcuno su questo mondo capace di far ridere me come io faccio ridere gli altri.”

* Docente di Storia dello Spettacolo Circense e di Strada all’Università degli Studi di Milano