Per gli animalisti un bambino che muore sbranato da un dogo argentino non fa notizia. Silenzio di tomba sulle pagine Facebook e sui siti delle principali associazioni animaliste. Ma anche sul social di Michela Vittoria Brambilla. Se un incidente con conseguenze anche molto più irrisorie fosse accaduto in un circo tutti avrebbero preso la parola per chiederne la chiusura e alzare il solito polverone sui circhi.
La Lav ieri ha pubblicato un post sul numero dei cavalli che sarebbero morti dagli anni 70 ad oggi al Palio di Siena (il Palio equestre che, detto per inciso, è un grande evento popolare: su Rai 1 ha fatto registrare il 14,4% di share). Nulla sul bimbo di 18 mesi che a Mascalucia (Catania) è stato ucciso da uno dei cani che vivevano con la famiglia e che hanno aggredito anche la mamma, intervenuta per cercare di mettere in salvo il piccolo. Anche se le aggressioni e i decessi, che hanno come protagonisti i cani, sono infinitamente di più degli incidenti che si sono verificati al Palio e in ogni altro settore che vede per protagonisti gli animali.
Secondo una società di consulenza legale che si occupa di risarcimenti danni e assistenza legale anche per i casi di incidenti con animali, stando alle statistiche del servizio sanitario nazionale, il numero di persone che ricevono cure a seguito di morsi di cani e altre ferite derivanti da aggressioni da parte di cani in Italia, è salito di oltre il 40% negli ultimi 4 anni, raggiungendo i 3800 casi all’anno. Però le associazioni animaliste – riferisce ad esempio La Stampa – nel caso di Mascalucia si sono fatte avanti per avere in affidamento i cani.
Ovviamente il primo pensiero va al bimbo e alla famiglia, perché una tragedia di questa portata lascerà purtroppo segni indelebili. Ma poi occorre chiarire che nella società odierna, dove le lobby animaliste dettano legge in materia di animali, il pugno di ferro si applica solo verso i circhi (principalmente), e stiamo parlando di una attività che conta, in totale, circa 1500 animali (praticamente senza incidenti che coinvolgono le persone), quando secondo le statistiche ufficiali (Eurispes) sono il 53,7% degli italiani ad avere almeno un cane in famiglia e le aggressioni, mortali e non, sono in crescita.
Il parlamento si sta ponendo il problema di approvare una legge (nonostante le tante emergenze irrisolte dell’Italia) che vieti i circhi con animali, mentre non sembra curarsi di una piaga sociale parecchio più seria e grave, anche in termini di costi sulla pubblica sanità.
Parlando della “inesorabile ipocrisia animalista”, il nostro presidente scriveva su questo sito nel settembre del 2013, a seguito di un’altra aggressione ai danni di un bambino, anzi una bimba: “Solo i ciechi non riescono a vedere che c’è oggi in Italia una imprescindibile necessità di educazione alla ospitalità domestica degli animali, con particolare riferimento ai cani che vivono in milioni di famiglie. Non è più tollerabile che un problema serio, anzi serissimo, che solo negli ultimi mesi ha provocato una ventina di incidenti gravissimi o mortali (l’elenco lo pubblichiamo qui sotto), sostanzialmente non soggiaccia ad alcuna regola perché così vuole chi gestisce il business degli animali da compagnia.
Chi parla con grande disinvoltura – e spesso crassa ignoranza – nei confronti degli animali presenti nei circhi, di habitat innaturali e castronerie di questo genere, ha la responsabilità di aver fatto esplodere il fenomeno degli animali da compagnia senza preoccuparsi di far crescere, di pari passo, una educazione seria verso la gestione responsabile di quegli stessi animali che condividono h 24 la vita di bambini, adulti e anziani. Lasciamo alla sensibilità di chi abbia un minimo di buonsenso e di moralità, la riflessione su quanto ci sia di naturale nelle abitazioni private dei giorni nostri, spesso piccole, all’interno di affollati condomini, con livelli di decibel (televisione, radio, elettrodomestici e chi più ne ha più ne metta) da bollino rosso che mettono a dura prova i “nervi” di uomini e animali.
La politica dei diritti degli animali, la consuetudine – indotta da un “costume” animalista ormai entrato nella mentalità comune – a rapportarsi agli animali in termini emotivi riducendo sempre più le differenze fra uomini e animali, hanno fatto il resto”.
Non ci stancheremo di ripeterlo, sperando che chi di dovere non continui a tenere gli occhi chiusi. O la coda fra le gambe per paura delle lobby.