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di Ruggero Leonardi

Giulio Andreotti e Palmiri
Conservo, nel mare di carte che inonda il mio studio, un laconico messaggio indirizzato a Oggi in tempi in cui io, caporedattore del settimanale, curavo – fra l’altro – la corrispondenza con i lettori. In quel caso, il lettore aveva il nome illustre di Giulio Andreotti il quale, rivolgendosi al responsabile della testata, confutava un qualche pettegolezzo a proposito dei comportamenti delle sue figlie e terminava il breve scritto con questa frase: “Per l’avvenire le sarò grato, caro direttore, se si asterrà dal diffamare la mia famiglia”. Parole calibrate, come era nello stile andreottiano, ma anche inequivocabili a livello di severità.
Per verità, conservo di lui anche altri brevi messaggi di ben altro tenore. Andreotti manteneva un buon dialogo con gli italiani anche attraverso la pubblicazione di diversi libri e io, che curavo pure gli spazi culturali della testata, non mancavo di segnalarli a ogni uscita ricevendone, immancabilmente, il cenno di ringraziamento.
Ma complice il circo, sono debitore all’illustre politico, scomparso all’età di 94 anni, anche della prefazione scritta di suo pugno per il mio libro “Sospeso nel vuoto” e dedicato all’avventura di Egidio Palmiri, suo grande protagonista. Quando il nostro Presidente, armatosi di coraggio, si era risoluto a chiedergliela, Andreotti aveva subito aderito con calore alla richiesta e avrebbe poi esteso la sua “complicità” nei nostri riguardi non sottraendosi neppure a un intervento in pubblico a Roma nella bella sede del Palazzo della Stampa Estera.
Ruggero Leonardi, Egidio Palmiri e Giulio Andreotti
Ricordo quasi a memoria le sue parole. Ricordo in special modo, e con divertimento, quella parte dell’intervento in cui l’uomo che aveva conosciuto tutti i capi di stato del mondo si era abbandonato a confidarci che in famiglia, negli incontri con i nipoti, quando gli accadeva di raccontare di questa o quella testa coronata notava qualche malsimulato sbadiglio: mentre era garantita una gragnuola di domande se invece nell’intimità parlava di incontri con gente dello spettacolo e in special mondo dello spettacolo circense.
Era stata una giornata molto bella, non solo per me ma anche per l’arte circense presentata nella sua giusta e dignitosa finestra culturale.
Il circo italiano meriterebbe con ben altra frequenza di incontri di questo genere. Ma la capacità di Giulio Andreotti di conciliare la cordialità di parola con le finezze dell’intelligenza, eh, questo è dono raro e prezioso appartenuto a un uomo di cui è auspicabile non sia subito spento il ricordo malgrado questo nostro tempo frettoloso di spegnere anche chi, al tempo, ha affidato qualcosa da conservare.

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