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Cosa insegna il Saltimbanco siciliano

di Piero Messana

Le foto del servizio sono ©Cirque du Soleil

Raschia raschia i numeri e la scaletta di Saltimbanco edizione 2012, quella di scena in questi giorni ad Acireale e prodotto dal Cirque du Soleil, sono quelli tipici di circo classico, almeno per la maggior parte. Durata del primo e del secondo tempo, numero di attrazioni presentate nelle due parti, entrate del clown (mimo e rumorista eccellente!), orchestra dal vivo e gran parte dei numeri: trapezio washington, mano a mano, verticalista, altalena russa, giocolieria.
Chi, come me, ha visto spettacoli ed artisti di livello eccelso, probabilmente si sarebbe potuto aspettare qualcosa di più. Per carità, lo show che dal 1992 gira tutto il mondo raccogliendo circa 12 milioni di spettatori (ad Acireale una media di 1.700 presenze ad ogni replica su di una capienza di 3.500), non è secondo a nessuno come professionalità, meticolosità, scelta dei costumi e dei colori, luci, musiche, atmosfere e buona parte delle performances.
Andando al Soleil, chi mastica circo da una vita, si attende, però, tutti numeri vicini al limite massimo delle capacità fisiche umane. Ma questo accade soltanto per una parte dello spettacolo: il mano a mano di apertura ovvero l’Adagio presentato da un trio che talvolta si aggroviglia in impossibili intrecci; il trapezio washingotn; la spettacolare voce della cantante Anna Bille, unica italiana del cast; l’ottimo clown non molto distante dai vertici mondiali rappresentati dal nostro David Larible; il duo rumeno Ballance, davvero strepitoso, in un mano a mano che ha vinto l’argento al Festival di Latina; le bolas argentine. Altra considerazione, ma non vorremmo apparire come italianetti di periferia, le uniche frasi pronunciate in italiano, lingua del paese che ospita Saltimbanco, sono state quelle sul divieto assoluto di foto e di video-riprese. Come fatto, simpaticamente in questa occasione, non si sarebbe potuto fare altrettanto per le fasi salienti dello show? Se non altro per dare onore alla nostra terra. Invece no. Interventi in altre lingue e nemmeno in quella internazionale che è l’inglese. Uno sforzo in più per chi paga biglietti salatissimi, sarebbe stato molto gradito oltre che doveroso. Ma la gente corre ugualmente a vedere il Soleil, si spella le mani in applausi scroscianti, apprezza e si lascia andare ad affermazioni del genere, trovate qua e là, sul web: “In qualsiasi categoria si voglia inquadrare il Cirque du Soleil, questa va sempre stretta… c’è il teatro, il circo, il musical, la danza, la ginnastica, ma è qualcosa che va oltre… direi che si tratta di un’esperienza sensoriale… Inutile dire che dietro a tutto ciò si intravede una professionalità, una meticolosità e una bravura da far impallidire qualsiasi altra forma di spettacolo. Sinceramente i biglietti sono carissimi, ma il prezzo è ampiamente ripagato dalla bellezza della serata…Purtroppo, una volta usciti dal Cirque du Soleil tutto il mondo reale appare più grigio e malinconico e i vecchi circhi tradizionali, quelli che ancora usano, seviziano e schiavizzano penosamente gli animali, sembrano solo un’accozzaglia di tristi e patetici personaggi che fanno qualche salto qua e là, dispersi fra la segatura puzzolente…”. Ma cos’è questo qualcosa che va oltre? Forse il filo conduttore dello spettacolo o le splendide musiche suonate e cantate dal vivo? La meravigliosa e coloratissima scenografia con il palco che da l’impressione di una farfalla con le ali spiegate? Gli splendidi costumi barocchi o le coreografie ed il modo di montare i numeri? Qualche piccola novità artistica come l’abbinamento degli elastici ai trapezi? O forse la scelta di non utilizzare animali negli spettacoli? Forse quest’ultimo aspetto potrebbe essere quello che maggiormente indirizza il pubblico e che ha fatto diventare il Soleil un vero e proprio status symbol. E tutto ciò il circo italiano non ce l’ha o non è in grado di averlo o di programmarlo? Credo che sia, soprattutto, una problema di comunicazione attorno al quale girano tanti aspetti a cominciare dall’esagerata proliferazione di circhi che inflazionano le piazze italiane. Ma in Italia esistono imprese circensi di altissimo livello ed artisti che sono fra i migliori in assoluto al mondo, di quelli, per intenderci, che, nei loro numeri, sono davvero al limite, positivo ovviamente, di ogni immaginazione. Eppure nell’immaginario collettivo e nella scala degli spettacoli dal vivo, lo show circense non trova spazio ai primi posti. Nella nostra terra la gente al circo non va o, se ci va, storce il naso! Se le stesse cose italiane le proponesse il Soleil, con regie specializzate ed effetti speciali, e con mirate e professionali campagne di comunicazione e di penetrazione, farebbe sempre sold out? Ed al contrario, se Saltimbanco proponesse il suo show, più o meno identico, sotto uno chapiteau italiano e con un insegna qualsiasi (Orfei, Bellucci, Togni, Martini o Dell’Acqua), avrebbe la stessa fortuna? Assolutamente no.
Il colosso canadese ha saputo vendere bene il suo prodotto, mantenendolo sempre di buona qualità, ed è riuscito a sfruttare al massimo i finanziamenti iniziali ottenuti dal Quebec e dal Canada, prima di riuscire a camminare senza più l’ausilio delle stampelle pubbliche! Anche in Italia i finanziamenti statali esistono e da tempo, ma si tratta di importi risibili (meno di due milioni di euro l’anno per tutti i circhi in attività) e distribuiti a pioggia tra tantissime imprese circensi. L’investimento iniziale che il governo canadese ha sostenuto per il “lancio” del Soleil fra il 1984 al 1992 è stato di molti milioni di dollari. Niente a che vedere con le elargizioni del ministero per i Beni e le Attività culturali legate al Fus.
Il circo italiano, i suoi artisti, i suoi direttori, sono davvero di caratura mondiale: ci sarebbero le potenzialità per eguagliare successi e consensi del Soleil. Gli Errani, Flavio Togni, David Larible, i Pellegrini, Vinicio Canestrelli, Stefano Orfei Nones, i direttori Nones, Togni e Rossante, i giovani Dell’Acqua, ce li invidiano in tutto il mondo. Per non parlare dei circhi di Natale che ogni anno, in Germania, sono zeppi di artisti ed anche di tecnici e registi italiani. Per questo sentire certi commenti fra gli spettatori di Saltimbanco fa male al cuore di chi vuole bene al circo e ne apprezza gli spettacoli. Apprezzamenti e critiche che arrivano da persone che non sanno che, in Europa, ad esempio, esistono circhi che propongono show ancora più eccelsi di alcuni del Soleil: Knie, Roncalli, Krone, Cirque d’Hiver, Pinder, Phoenix, Mundial per non parlare di quelli proposti dai fratelli Zapashny. Diceva il francese Pierre Bost (sceneggiatore, regista, commediografo, romanziere e giornalista): “Gli acrobati del circo sono costretti ad essere fortissimi per guadagnarsi la vita. Il bluff, la vanità, le amicizie, qui non servono a nulla poiché il giocoliere che gioca con sei palle non passerà mai davanti a quello che sa giocare con sette. Tutto il circo sta forse in questo”. Forse non serve aggiungere altro.

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