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Archiviata la quinta edizione del Circo della Pace

Metti una sera al Circo della Pace di Bagnacavallo.
Non è la solita frase retorica ma è proprio un “mettere” anima, cuore e corpo dentro un’esperienza rivelatasi innovativa e di successo, un dare che coinvolge tutto e tutti indistintamente.
Il Circo della Pace è nato cinque anni fa, un’esperienza nuova, una sfida se si considera che un circo non presenziava nella piazza centrale di una cittadina italiana da ormai trent’anni. E anche il bilancio dell’edizione appena archiviata, con lo spettacolo strapieno di ieri alle 17, è positivo: le venti repliche dello spettacolo Homeless The wandering of the Circus – Casa dolce Casa hanno totalizzato quasi 4 mila spettatori per un incasso di oltre 30 mila euro, che serviranno a pagare gli artisti che si sono esibiti ed a sostenere la “vita” e la carriera della Compagnia che continuerà a portare lo spettacolo in tournée in Italia e in Europa, considerato che nei mesi di febbraio e marzo andrà in scena negli altri paesi partner: Ungheria, Polonia e Romania.

Alessandro Serena e Marcello Chiarenza (il servizio fotografico è di Stefania Ciocca)

Ruggero Sintoni, fondatore di Accademia Perduta, è colui che ha accettato la sfida, ama le sfide, non fosse altro per le difficoltà insite nel raggiungere ciò che si desidera. E’ Sintoni che cinque anni fa chiamò Alessandro Serena, all’epoca in viaggio in Romania, per proporre questa iniziativa di circo sociale. E lì in Romania Alessandro Serena conosceva Daniel Romila, uno dei ragazzi di Parada, oggi stimato artista e che fece il suo debutto cinque anni fa nella cittadina romagnola. Ruggero Sintoni ha scelto proprio il circo perché nonostante sia considerata un’arte “minore” è in realtà solo un’arte vera, autentica. Ciò che colpisce maggiormente è come questa splendida avventura abbia coinvolto l’intero paese al punto da essere considerato come un esempio di perfetto marketing territoriale (esempio analizzato qualche tempo fa in una tesi discussa allo Iulm di Milano); al di là del marketing quello che si respira è un clima di ospitalità e accoglienza, forse tipico di questa zona turistica che è la Romagna ma in larga parte dovuto ad entusiasmo, intraprendenza e concretezza. E’ sufficiente girare per le vie del borgo di Bagnacavallo per rendersi conto che il circo è di casa, lo si nota dalle insegne della piazza centrale che sono ispirate al circo, lo si vede dalle vetrine dei negozi che durante il periodo di spettacolo si vestono di circo mentre altre botteghe o ristoranti espongono le fotografie di scena facendone motivo di vanto e pregio.
L’autenticità e la sincerità si sono rivelate carte vincenti poiché hanno reso possibile ciò, come ricorda Ruggero Sintoni: “quando è stato il momento di proporre il progetto qui in paese ne ho illustrato la struttura, la forza che questo progetto aveva, ho esposto le mie paure e le mie insicurezze così che tutti potessero avere una fotografia realistica di ciò che si aveva davanti, restava solo da scegliere se buttarsi o se fare un passo indietro”. Un progetto non calato dall’alto ma proposto da pari a pari e cresciuto con l’aiuto di tutti perchè da soli si fa ben poco tanto che oggi il Circo della Pace può essere considerato di tutti. Continua Sintoni “Ognuno può fare qualcosa, io posso metterci la progettualità e l’organizzazione ma serve la collaborazione di tutti per raggiungere un obiettivo”. E così si ha la divisione dei compiti, la propositività, l’accoglienza.
Tutti hanno fatto e continuano a fare la loro parte. Qualcuno come Ruggero Sintoni, Claudio Casadio, Alessandro Serena, ovvero coloro che ci hanno messo le idee, lo spirito, l’entusiasmo, le materie prime, il tendone.
C’è chi mette la scintilla creativa, quelle trovate che fanno si che il pubblico si affezioni e anno dopo anno non manchi mai di presenziare sotto al piccolo chapiteau di Piazza Libertà. L’ultima di queste piccole e luminose scintille è lo spettacolo “Casa Dolce Casa” ideato da Marcello Chiarenza, Alessandro Serena e musicato da Carlo Cialdo Capelli, uno spettacolo che attrae, commuove, diverte, coinvolge, stupisce. Ci hanno messo l’anima quelle persone che hanno spianato la via ad un nuovo tipo di circo sociale che tocca non solo gli ambiti più conosciuti e frequentati dell’animazione nel sociale ma anche nuove tipologie di appartenenza al reale (a titolo d’esempio: lo scorso anno protagonisti del circo della Pace sono stati dei ragazzi provenienti dall’Afghanistan, un luogo che non conosce le tristi realtà della tossicodipendenza o altre problematiche sociali, ma conosce la nera realtà della guerra).
Ci sono gli artisti. Artisti rumeni, africani, afghani e gli attuali artisti provenienti da Polonia, Ungheria, Romania e Italia. Ragazzi, acrobati, attori che mettono impegno, cuore e divertimento in quello che fanno.
Ci sono le persone dell’entourage che si preoccupano delle varie esigenze, le più piccole, le più numerose, come Rebecca Magosso, la segretaria di produzione, o Alberto Fontanella, il direttore di scena che compare sulla scena stessa durante tutto lo spettacolo.
E poi c’è la gente del posto: il curioso fenomeno avviatosi cinque anni fa ha riscontrato da subito un grande successo, in termine di partecipazione e coinvolgimento, dentro e fuori lo chapiteau, da parte di quelle persone che a Bagnacavallo abitano tutto l’anno e che si prestano per le più svariate attività. Il Circo della Pace è entrato talmente tanto nel tessuto cittadino che moltissime associazioni si propongono per ospitare gli artisti e la produzione. E’ la gente di un piccolo paese della Romagna, una terra che dell’ospitalità ha fatto un vanto, che dà il massimo per fare sentire artisti e operatori come se fossero a casa, e la sensazione è proprio quella: dalle signore che lavano i panni degli artisti e che li rammendano o come le signore che si sono occupate di gestire il sistema della colazione mattutina; c’è chi ogni giorno, munito di furgone, porta gli artisti e gli ospiti presso le case e le associazioni che volontariamente si offrono di preparare il pranzo sempre per almeno 15 persone. Si uniscono sotto la stessa insegna diverse realtà, come appunto quelle delle associazioni, laiche e religiose, di credo politico differente, ma quasi tutte a scopo solidale e che agiscono in diversi ambiti; ognuno ci mette il suo a seconda delle capacità e delle possibilità e provvede al clima di famigliarità che si crea.
Infine ci sono le storie di ogni giorno, perché mettere l’anima in un progetto significa metterci la propria vita, il che non significa solo sforzo o impegno (oppure tensione), significa pure divertimento, quello dei momenti liberi, delle lunghe chiaccherate durante i pranzi presso le ospitali famiglie e associazioni della zona, dove si conoscono e si incontrano storie diverse; oppure durante le conversazioni la sera condotte in una strana lingua che mescola l’inglese, l’italiano, il tedesco, l’ungherese, il polacco e, soprattutto, la gestualità e la risata. Tutto si trasforma, il momento delle foto istituzionali diventa un occasione di allenamento, sperimentazione e, ovviamente, divertimento. Gli attimi che precedono e circondano lo spettacolo sono a loro volta teatro di bizzarri siparietti che si creano grazie al rapporto creatosi tra i ragazzi o all’iniziativa di chi cerca sempre di sperimentare nuovi trucchetti. C’è chi si svaga ognuno a suo modo, chi continua ad essere un attore comico anche fuori dalla scena.
La quinta edizione non manca di riscuotere successo e accoglienza, la base da cui si parte la si riscontra ancora una volta nelle parole di Ruggero Sintoni: “In ogni parte del mondo dove ci sono guerra, sofferenza, violenza e degrado esiste una scuola di circo sociale che attraverso lo strumento delle arti circensi e del teatro restituisce la Vita e noi siamo qui per dimostrarlo, per far capire alle persone che un secondo Natale è possibile averlo”.
Far parte di tutto questo, anche solo per poco, significa entrare in una realtà diversa e accogliente, significa immergersi in un mondo cittadino di un’Italia che per una volta pare apprezzare, desiderare e sostenere la cultura e il circo; immergersi in un mondo dove artisti provenienti da paesi, usanze, problematiche e aree linguistiche differenti possono vivere insieme andando nella stessa direzione. Significa anche toccare con mano la dimostrazione che il mettere l’anima e l’entusiasmo in qualcosa porta a ottimi risultati, che tutto questo, credendoci, è ancora possibile.
Stefania Ciocca

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