Tentare una scalata al cielo era uno spasso per noi milanesi già nella prima metà del 1800. Leggo la cronaca di una ascensione al femminile avvenuta sopra gli spalti dell’ Arena il 18 aprile 1827. “L’animosa volatrice madamigella Garnerin, in quell’anfiteatro, si alzò maestosamente alle ore 6 minuti e 20 pomeridiane fra il plauso e l’ansietà inseparabile da un esperimento che alletta e commuove ad un tempo e quindi non meno maestosamente discese portata dal suo paracadute. L’ascesa durò 3 minuti e 45 secondi; la discesa 3 minuti e 50 secondi. Dominava nell’atmosfera una calma perfetta, e la macchina si diresse dall’est all’ovest, all’estremità del Borgo degli Ortolani, quasi al medesimo punto ove scese nei due precedenti voli fatti negli anni scorsi”. Testimonianza di un tempo in cui chi aveva cuore circense esaltava con la sua presenza la presenza dei primi oggetti elaborati per qualche tentativo di volo umano. Oggi che il tragitto aereo Milano-Roma si può fare in un’ora, ben protetti dentro uno scatolone metallico fornito di tutti i generi di conforto, la lettura di queste vecchie cronache ha il sapore di una favoletta.
Eppure qualcosa è rimasto, di quella voglia di pigliarsi il cielo in piena fronte. Lo svelano i giornali di questi giorni nelle pagine dedicate ai trastulli estivi. Fra l’ozio della panchina e la sfida ai cieli dell’alta velocità si è insediato, ad esempio, il Parasailing, così presentato in didascalia: “Seduti su un seggiolino, su una barca a vela, si viene ‘rapiti’ attraverso un filo e lanciati in aria”. Se poi il vacanziere è attratto da acrobazie aeree di sapore ancora più forte, può dare una svolta alla sua vita salendo in elicottero e affidandosi alle cure di un istruttore esperto il quale sarà ben attento a far sì che la svolta alla vita non sia comunque una fuoruscita dalla medesima.
Cosa voglio dire, con questo? Oh, una cosa banalissima. Che la conquista dell’aria è e resta uno dei giochi proibiti che ancora possono costituire tentazione per chi malgrado tutto non è schiavo di letargia da televisione. E in tema di giochi proibiti, pur nell’assordante silenzio di una cultura della comunicazione la quale ha deciso che comunicare circo è politicamente scorretto, l’arte circense ha ancora vasti spazi per dire la sua sia nelle piazze in festa sia, non dimentichiamolo, all’interno degli chapiteau. Tante volte mi è accaduto, in passato, di vedere gli chapiteau aprirsi durante lo spettacolo per cedere la parola ad acrobazie alla luce del sole. “Volare” non è parola d’ordine solo per l’Alitalia. Sotto il buon vecchio tendone alberga una energia di vita ben capace di gareggiare – ad altezza d’uomo – con i giocattoli di metallo.
Ruggero Leonardi