Intervista al Presidente dell’Ente Nazionale Circhi, Antonio Buccioni.
Presidente, subito dopo l’approvazione del Codice dello Spettacolo (Legge, 22/11/2017 n° 175, G.U. 12/12/2017) lei ha rassegnato le dimissioni dalla carica di guida dell’Enc, assicurando comunque in questi mesi, quale facente funzioni, la continuità dell’attività associativa. Mercoledì prossimo, 11 aprile, l’Assemblea dell’Ente sarà chiamata a disegnare, e da subito, il proprio futuro: possiamo affermare che resterà al timone dell’Organizzazione?
Come più volte evidenziato, le dimissioni da Presidente dell’Enc sono state rassegnate a conclusione di una lotta che ha visto il Circo italiano uscire comunque, e nonostante tutto, vivo e con la possibilità di scrivere un proprio dignitoso futuro. In questi mesi ci siamo più volte confrontati in ordine alla indifferibile necessità di predisporsi alle nuove e decisive battaglie con mezzi a disposizione che non oltrepassino per carenza i limiti della decenza, e con una sensibilità categoriale diversa e più facilmente riscontrabile rispetto ad un passato più, e anche meno, recente. Valuteremo definitivamente mercoledì se esistono le minime condizioni finanziarie ed ambientali per affrontare adeguatamente gli indirizzi del Parlamento e quelli del Governo che hanno assunto o si apprestano ad assumere, dopo le elezioni politiche generali del 4 marzo, le redini del Paese.
Con quale Italia della politica andiamo a confrontarci, o forse a scontrarci?
Allo stato, e parlo da persona semplice e seria, non saprei più di tanto che cosa dire. Per quello che ci riguarda do atto alla gente del Circo italiano di avere affrontato la stagione elettorale con spirito, e talvolta iniziative, per la prima volta utili e diverse. Le nostre indicazioni si sono rivolte a forze che hanno riscosso un importante consenso elettorale. Nelle prossime ore, mentre seguiremo costantemente le fasi preliminari alla costituzione di un nuovo governo del Paese, lavoreremo a rinsaldare i rapporti con quegli esponenti che si sono impegnati a rendersi garanti delle problematiche e delle aspirazioni del Circo italiano.
All’interno della Categoria abbiamo vissuto settimane, o meglio mesi, francamente convulsi. In qualche tratto, anche da facente funzioni, lei è sembrato ostinato, forse testardo, nel difendere il proprio punto di vista. Che può dire al riguardo?
Beh, dovrebbe essere a tutti chiaro che se il tratto, o meglio il modo di interloquire, si mantiene da sempre o quasi pacato e garbato, la difesa delle proprie idee, viceversa, si rivela granitica. Sul piano dei fatti e delle situazioni di enorme valore sostanziale e simbolico, segnalo, avuto riguardo alla nostra difesa del Circo classico, l’immane, instancabile e notevolmente costoso lavoro profuso, evidentemente con il consenso della famiglia, da Mirella e Valeria Valeriu.
Va evidenziata in questa sede la circostanza che, sia pure realtà d’impresa con circa 150 animali a carico, e quindi quanto mai coinvolta nella problematica, esse hanno messo a disposizione dell’Ente e della intera Categoria tutto quanto scoperto, studiato e speso per la causa, con un impegno che a livello europeo, per quello che io ne sappia, trova una – peraltro non omologa – similitudine nell’azione promossa da Martin Lacey.
Più che apprezzabile, poi, si è rivelata la costante attenzione nei confronti dell’emergenza in essere da parte di Tamara Bizzarro, di Eva e di Tara Cristiani, il cui fiato sul mio collo è stato quotidianamente avvertito.
Sul piano delle negatività quasi quotidianamente incassate, denuncio l’azione deleteria di una sorta di Corte dei Miracoli costituita da ex, mancati, falliti, vinti dalla vita, personaggi che, non avendo di che occuparsi dall’alba al tramonto, si sono dilettati meticolosamente “a dispensare serenità, rasserenare gli animi, gettare acqua piuttosto che benzina sul fuoco”, sempre male informati quando non addirittura disinformati.
Valga il vero: io non ho un circo, non ho animali che nel circo si esibiscono, non ho, caso più unico che raro, allo stato, rapporti di parentela o affinità con alcun circense. Ho adempiuto, viceversa, da più lustri, all’ufficio cattolico di padrino di battesimo e/o di cresima di numerose bambine e bambini, ovvero adolescenti di svariate famiglie circensi italiane, ed ho cercato costantemente di dare a detto ufficio un significato che superasse la cerimonia religiosa ed il banchetto di un giorno della vita.
Sono da sempre fermamente convinto, e per questo da sempre mi batto, che l’unità della gente del Circo e la vigenza, per quanto possibile, di rapporti di reciproca tolleranza, seppure di non ideale amicizia tra le imprese circensi, sia obiettivo e con ciò stesso risultato, da perseguire con tigna e con testardaggine in qualche caso violentando anche l’evidenza della mancanza quasi radicale di volontà da parte di qualcuno. La lotta per la difesa del Circo classico portata avanti in questi ultimi due anni, ha sublimato, quand’anche ce ne fosse stato bisogno, la categoricità dell’impegno “intra moenia” per un dialogo e un confronto da cui scaturisca “extra moenia” un soggetto Circo compatto e risoluto nella sua determinazione ad annientare il nemico di turno. Il resto, per dirla alla Califano, è noia…
Sullo sfondo, la Federazione Italiana dello Spettacolo Popolare resta il suo sogno?
E’ il sogno di chi aspira a vedere sacrosantamente riconosciute le prerogative culturali e socio-culturali di tutto quell’universo di artisti che da sempre rasserena l’anima del Popolo e non quello di pochi eletti, realizza una forma di spettacolo antichissima ma con un radioso futuro davanti, ripaga della stessa sprezzante moneta la lontananza, la freddezza o peggio la negazione di dignità culturale che gran parte della intellighenzia ufficiale gli dispensa da troppo tempo.
Se mercoledì 11 aprile il Circo riparte, si ponga quale locomotiva di un treno meraviglioso da condurre in stazione entro l’estate.