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Un tendone aperto al mondo: le tante storie del Circo Patuf

di Maria Vittoria Vittori

Sono sempre di più le compagnie di artisti di strada che si muniscono di un proprio tendone, puntando quindi sul fascino intramontabile del circo classico. Maria Vittoria Vittori ci racconta del Circo Patuf.

Come segni distintivi, un tendone giallo e rosso, un piccolo palco teatrale con attrezzature circensi, un nome da capitombolo giocoso, un progetto d’arte e di vita che unisce artisti di strada tra l’Argentina e l’Italia. Si sta parlando del Circo-teatro Patuf che, nato nel 2010 nell’ambito dell’associazione culturale Patapufete- gioioso grido di battaglia del clown argentino Pepe Biondi-ha realizzato nel corso degli anni coinvolgenti spettacoli per spettatori di ogni età. Ma con un’impronta specifica e ben riconoscibile, consistente nel fatto che le fertili risorse immaginative, la trama narrativa, la grande abilità nei numeri di giocoleria, equilibrismo e volteggio acrobatico, gli effetti di sorpresa e di scatenata comicità, ruotano intorno a tematiche di forte rilievo sociale, quali l’emigrazione, i conflitti, la pandemia, la salvaguardia del nostro habitat. È questo il tema portante dell’ultimo spettacolo Reset, emozionante favola contemporanea che vede in scena Federico Braguinsky, Lidia Maestrello, Silvana Rojas, Gabriel Bonini, Andrea Battisti, Fabio Portaluppi, ed è attualmente in tournèe nel Veneto.

Ed è proprio nella splendida cornice dolomitica di un paesino bellunese, Taibon Agordino, che ho modo di parlare, prima dello spettacolo serale, con Federico Braguinsky, che del circo Patuf è uno dei fondatori. “Il nostro circo è artigianale, completamente fatto da noi. Siamo non più di dieci elementi, tutti artisti di strada e produciamo tutto: dalla regia all’impianto elettrico, dalle locandine ai popcorn. Con un’estetica che cerchiamo di mantenere, un po’vintage e retro.-Circo contemporaneo o tradizionale? -Per me non esiste differenza: ci sono stili diversi, certo, ma il circo è la meraviglia che ci accomuna. Ogni volta che in viaggio mi capita di vedere un tendone, mi fermo, perché voglio conoscere quella famiglia. Pensa che in Argentina la prima scuola di circo è stata aperta da Los Hermanos Videla, acrobati e clown che vengono da una grande famiglia circense e hanno insegnato a generazioni di argentini a sentirsi parte della comunità del circo, al di là di ogni categoria.”

-Mi sembra che negli spettacoli degli ultimi anni ci sia stato un posizionamento più deciso verso tematiche d’attualità.

-È vero, all’inizio ci siamo orientati verso il cabaret circense, ma poi abbiamo cominciato a indagare cercando una profondità. Lo spettacolo In alto mare, che è andato in scena per tre anni, raccontava storie di emigrazione, che sono poi le nostre storie. A partire dalla mia: mio padre è polacco, mia madre viene dalle province basche della Francia, i miei nonni sono italiani. È con questo spettacolo che abbiamo scoperto il nostro desiderio di raccontare tematiche che sono personali e che però riguardano tutti. Così con Bu! abbiamo cercato di affrontare quella paura psicologica che ci aveva afferrato all’epoca del covid. E poi, in risposta al pubblico che ci chiedeva storie che liberassero la mente, abbiamo ideato Sonambula, un cabaret di sogni e di fantasie oppresse e rinchiuse dentro di noi per la paura e l’incertezza. Reset tocca un tema che ci accomuna: il cambiamento climatico, ciò che stiamo facendo al nostro ambiente, e volevamo raccontarlo attraverso un gruppo di persone, sopravvissute a eventi drammatici, che vuole resettare il pianeta. Nella nostra visuale c’è sempre uno spiraglio di speranza.

-Quali sono i prossimi progetti del Circo Patuf?

-L’anno scorso, in un viaggio autogestito all’interno del progetto “Un sorriso negli occhi” abbiamo portato i nostri spettacoli in Tunisia, nei quartieri di periferia, negli orfanotrofi, nelle scuole, e a novembre, se tutto va bene, dovremmo andare in Giordania portando il nostro circo di strada nei campi profughi. Con una valigia di giocattoli, trampoli, giocolerie, battute e la speranza di creare momenti in cui si riesca a ridere tutti insieme.-Un’ultima domanda, Federico, sul rapporto che lega il circo di strada, soprattutto nell’America Latina, alla ribellione sociale.- Nasce da lontano, dal circo tradizionale argentino Podestà che partiva dalla colonizzazione e dalla figura del gaucho per esprimere una sorta di ribellione. Con il tempo gli spettacoli di strada in America Latina sono diventati sempre più politici. Viviamo un’instabilità politica allucinante, aumentano i casi di corruzione, le ingiustizie sociali sono sempre più vistose, e di tutto questo si parla molto negli spettacoli. Perché il circo, al di là del virtuosismo, dell’evoluzione delle tecniche, è racconto di storie che toccano tutti.

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