di Marco Martini
È noto che la comicità bizzarra del mimo del varietà affonda le proprie radici nella medesima matrice di quella del clown. Ed è parimenti noto che il grande caro Totò, del quale si conoscono un paio di incursioni circensi quando era già stella di prima grandezza, si è fatto le ossa nel varietà (dove ogni artista in genere faceva il proprio numero per conto suo).
Le biografie di Totò sono tutte piuttosto lacunose e contrastanti per quanto riguarda il suo periodo giovanile, e si limitano a ipotesi che si appoggiano ai ricordi di quanti lo avevano frequentato e a ciò che lo stesso Antonio De Curtis ha raccontato di sé. Solo sul finire del secolo XX si è cercato di dare precisi fondamenti storici alle nebulose fasi iniziali del suo successo, che prese corpo a Roma all’Ambra Jovinelli. E si è scoperto che i periodici specializzati parlarono di lui come «comico-parodista ora in gran successo a Roma» (Il Café-Chantant, 12-27 gennaio 1920) solo a partire dal 1920; il dato è confermato dalle citazioni sul quotidiano Il Messaggero, che cominciano a partire dal luglio 1920.
Del periodo immediatamente precedente, oltre a varie attività minori e all’ammirazione per il macchiettista Gustavo De Marco, una «marionetta vivente» dal quale Totò attinse ampiamente, i dati certi erano: arruolamento nell’esercito sul finire del 1915 o al principio del 1916, fallimento nei teatri napoletani, debutto a Roma al Salone Elena (un baraccone più che un teatro), anch’esso sfortunato.
Sotto le armi, come lui stesso racconta, non venne inviato al fronte perché si dava sempre malato, e trascorreva la maggior parte delle sue giornate in infermeria; concluse la sua esperienza militare a Livorno nell’88° Reggimento di Fanteria. Quando? Poiché abbiamo rinvenuto tracce della sua attività al Salone Elena di Roma nella primavera del 1918, si deve ritenere che Totò abbia passato nell’esercito solo i due anni di leva all’epoca previsti, senza essere trattenuto per le necessità belliche. Ci sembra verosimile affermare che, dopo il licenziamento dal Salone Elena, sia rincasato a Napoli e che, dopo il citato insuccesso, e visto il trasferimento dei genitori nella Capitale, sia tornato a Roma.
Il 7 aprile 1918, come documentato dalla carta stampata dell’epoca, Totò iniziò a lavorare al Salone Elena, dove agiva la Compagnia comica di Umberto Capece e, narrano le fonti biografiche, fungeva da spalla al Capece, che impersonava Pulcinella. Faceva parte del gruppo anche Atoff, clown arrivato a Roma sul finire del dicembre 1916 con il circo di Romeo Bisini, di cui in quei giorni si scriveva: «Continua l’entusiasmo per Atoff, il conosciutissimo Toni reduce dal circo Bisini» (Il Messaggero, 8 aprile 1918). Atoff De Consoli, scappato di casa giovanissimo insieme al fratello maggiore per aggregarsi a una Compagnia circense, ebbe vasto successo a partire dall’inizio del Novecento, e si esibì in molti rinomati complessi circensi (Steckel, Corini, Rancy, Alexandre, Palisse), sempre come clown. Sposò la contorsionista «miss Loulou», insieme alla quale conobbe gli ultimi istanti di celebrità negli anni Venti. Era molto magro e disarticolato, come Totò, con una vasta gamma di smorfie nel repertorio della sua esilarante mobilità facciale, e spesso si presentava in scena con una bombetta senza tesa o un cilindro.
Le cronache dell’aprile 1918 segnalano il suo cimento al Salone Elena in brevi commediole comiche insieme a Pulcinella, alias Umberto Capece (titoli conosciuti: «Un disastro in un restaurant», «Atoff e Pulcinella rovina di una casa», «I coscritti»). Pofferbacco! Dato che la spalla di chi impersonava la famosa maschera napoletana era Totò, sobbalzammo sfogliando avidamente il giornale, probabilmente il futuro straordinario protagonista del teatro e del cinema italiano avrà quindi recitato insieme ad Atoff! E la conferma di questa deduzione è arrivata nel numero del 7 maggio 1918 de Il Messaggero: «È questa sera che si dà la tanto brillante operetta in due atti I coscritti, con protagonisti Pulcinella, Atoff e Totò». Ora, essendo Atoff adulto e affermato, mentre Totò aveva ancora appena 20 anni, è facile desumere che sia stato il più giovane ad apprendere dal più anziano. Per la cronaca, andato via Totò, Atoff continuò a esibirsi per qualche giorno al Salone Elena, poi passò in altri teatri di varietà romani, prima il XX Settembre poi l’Orfeo.
Non ci può essere dunque alcun dubbio: nella vena artistica del principe della risata non c’è solo la componente che deriva dalla matrice comune del varietà e del circo, ma una esperienza concreta dell’arte del clown, vissuta direttamente in prima persona.
L’articolo è pubblicato sulla rivista Circo settembre 2015