Le tigri del Bengala e il trapezio fanno meno paura delle correnti della Lega? Pare di sì. In ogni caso, e questa ci mancava, debutta a Verona… il Circo Tosi. Avete letto bene: Flavio Tosi, sindaco di Verona, va a scuola per un giorno da Flavio Togni, «animal trainer», cioè addestratore di animali. Per i primi rudimenti ci sono Stefi, Sara, Ila e Adri, quattro tigrotte di 14 giorni, nate a Verona nell’area delle ex officine Adige, in Zai, concessa al Circo Togni per sei mesi all’anno, durante la pausa degli spettacoli.
Tosi, in maglietta bianca, accarezza i cuccioli sotto l’occhio vigile di mamma tigre. Poi via dentro la gabbia con Togni per un spettacolo con tre tigri adulte, due femmine e un maschio bianco, che i due Flavio fanno alzare sui piedistalli e danzare un po’. Hanno anche la frusta, i due addestratori, con cui tastano la bocca dei tre felini.
Non è un mistero che Tosi tenti di scalare anche la segreteria della Liga Veneta, di cui è presidente, tentando di spostarne l’asse verso Verona. Più facile allora addestrare tre tigri o domare un congresso della Lega? «Mah, forse è più facile domare il congresso », risponde il sindaco.
Il pensiero corre poi a quel giorno di quasi 15 anni fa quando Tosi, consigliere comunale, giunse in municipio con una tigre al guinzaglio, aiutato da un circense, per pubblicizzare il Circo padano. Ne venne fuori la leggenda del «leon che magna el teron» che Tosi, però, smentì: «Non ho mai pensato né detto una tale stupidaggine», spiega. «Fu un’invenzione dei mass media e ho querelato tutti quelli che mi attribuirono quella frase».
Flavio Togni promuove l’allievo: «Le tigri erano tranquillissime e ciò vuol dire che il sindaco comunica bene con loro. Se una persona comunica bene con gli animali, lo fa altrettanto con le persone».
Attorno alle gabbie, vicino a tigri, elefanti, cammelli e cavalli arabi, ci sono Enis Togni, il capostipite della dinastia di circensi a Verona da 63 anni con il Circo Americano, titolare dall’Accademia del Circo che ha sede in Zai, e Hans Supmaier, di Monaco di Baviera, «animal trainer». Assistono allo show i familiari dei circensi. Tosi si cimenta anche con il trapezio. Chissà che non gli serva imparare il triplo salto mortale.
Enrico Giardini
Da L’Arena
VERONA – Per uno che fa il politico dev’essere stata roba da ragazzi. Figurarsi per lui, che con il tigrotto portato in consiglio comunale ha avuto il battesimo della cronaca nazionale e che da un po’ di anni viene definito un «cavallo scosso» in seno alla Lega Nord. Quella di ieri è roba da dilettanti. Vuoi mettere un volteggio con i trapezisti del circo? Almeno sai che c’è la rete che ti salva, in caso di caduta. Anzi, potrebbe quasi quasi insegnargli qualcosa, in tema di equilibrio. Entrare nella bocca di un elefante? Solletico, per chi è abituato alle fauci degli avversari politici. E poi di nuovo loro, gli amati tigrotti. Quelli che stavolta mica c’è bisogno di portarseli a palazzo Barbieri per pubblicizzare un – ormai decrepito e defunto – sedicente «circo padano». Macchè, adesso è giusto l’occasione per spupazzarseli. Il Flavio Tosi che non ti aspetti – ma solo se non lo conosci – è quello di ieri pomeriggio. Quello che, rimanendo in gergo «animalesco», quatto quatto se n’è andato in zona industriale. Dove? Tra i tendoni e le gabbie del circo americano. Orrore per gli animalisti, che oggi alzeranno le barricate. Ma lui è uno che queste cose le soppesa.
E poi… Poi c’è il Tosi che ritorna Flavio. Quello che se ne infischia degli impegni istituzionali. Quello che aveva un cane che era sempre con lui, dovunque andasse. Ma anche quello che va a caccia. Quello che ieri pomeriggio è andato al circo americano, in prima battuta a vedere i tigrotti. Poi gli succede che è là… E allora il braccio destro di Maroni, il sindaco amato – che piaccia o no – dalla maggioranza dei veronesi, quello coccolato dal giornalismo d’èlite di mezza Italia, cosa fa? Finisce a penzoloni con gli acrobati. Si trastulla con un elefante. E sembra la pubblicità di un peluche quando si spupazza i tigrotti. Per uno che viene considerato oltre che un «cavallo scosso» della Lega Nord anche un «cavallo di razza», la cosa si fa alquanto preoccupante. Perchè quelle immagini alquanto «coccolose» con i cuccioli cozzano – e non poco – con il «celodurismo» propugnato da qualche padano che in questi giorni va banchettando con filetti d’orso… O no?
Angiola Petronio
Dal Corriere del Veneto