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Tg5 contro il Circo: Buccioni scrive a Mimun

mimunCaro Clemente,
i molti, troppi anni passati quasi gomito a gomito a palpitare circa le alterne e tormentate fortune della nostra squadra del cuore, mi permettono di parlarti con semplicità e chiarezza.
Ti ho sempre molto apprezzato quale espressione di un autentico, antico, libero giornalismo, profondamente avvertito dell’esigenza di rispetto e di tutela delle minoranze sociali, culturali, etniche, fiero antagonista di ogni tentativo di imposizione della dittatura di un pensiero unico.
Il servizio trasmesso ieri sera dal Tg che dirigi, a firma di Maria Luisa Cocozza, mentre si conforma ad uno stereotipo desolante andazzo, per nulla avverte l’esigenza perfino morale di acquisire il pensiero di chi del circo ha fatto, fa e farà la propria ragione di esistenza. E ciò nel solco di una ormai sconsiderata e miserabile frequenza di servizi a senso unico.
Nel merito, la catena capitalistica Ringling Bros. and Barnum & Bailey, con la decisione di pensionare i propri elefanti, non opera una scelta ideologica, e men che meno dietro la “spinta animalista” (come si è ascoltato nel servizio), ma mette in atto una precisa strategia di mercato, dopo avere inferto strali pressoché ferali all’animalismo nord-americano con tanto di risarcimento a proprio favore di danni per quasi 10 milioni di dollari, a seguito di false accuse di maltrattamenti verso gli animali mosse da un ex inserviente spalleggiato da alcune delle principali organizzazioni animaliste americane.
Gli elefanti, nell’ambito delle molteplici attività del colosso statunitense, rimarranno di proprietà dello stesso, collocati nel Ringling Bros. Center for Elephant Conservation e con una finalità di grande utilità per l’uomo: lo studio e la “sperimentazione” sul cancro.
La riaffermazione della classicità delle produzioni del gruppo guidato da Kenneth Feld, con la partecipazione di numerosi animali esotici, possono essere pacificamente constatate scorgendo anche via internet i programmi delle diverse produzioni.
Quanto poi alle considerazioni sulla situazione italiana, mi limito a segnalare l’ignorante (in senso etimologico) silenzio in ordine alla violazione sistematica del patto legislativo, e ancor prima d’onore, contratto dalla Repubblica quasi mezzo secolo orsono con la gente del Circo e del Viaggio. Mentre quanto a contributi pubblici (meno di 1 milione di euro per tutte le imprese circensi), in un deprimente quadro complessivo di mortificazione storica delle attività dello spettacolo (cinema, prosa, musica, danza), l’attenzione nei confronti delle imprese circensi è inesorabilmente da classificare anni luce lontana da una soglia minima di decenza, e l’effettiva acquisizione di un contributo ricorda ormai più una fortunosa vincita al Superenalotto che il naturale epilogo dell’esercizio di un diritto. E ciò in difformità con quanto si verifica nelle aree socio-culturali sicuramente più evolute civilmente rispetto alla nostra – Spagna, Francia, Svizzera, Germania – dove il circo classico è considerato un valore e non un fastidio.
corriere.itTentare di far passare l’Italia come Paese arretrato in materia di circhi e animali, è una palese menzogna. Proprio ieri Corriere.it ha pubblicato la mappa (di fonte animalista) dei divieti, parziali o totali, introdotti nel mondo: basta guardarla per accorgersi che il proibizionismo è una goccia nel mare. E in Europa si contano sulle dita di una mano quelle che hanno optato per divieti totali.
In Italia è in atto un tentativo di annientamento della gente del circo. Confido nel tuo amore per la libertà che possa concretarsi nel consentirgli, anche in limiti telegrafici, l’esposizione delle proprie sacrosante ragioni.

Con stima

Antonio Buccioni