Stefano Orfei Nones. Nella sua carta d’identità ci sono i riferimenti ai cognomi di una solida coppia del circo, quella formata dalla Moira nazionale e dall’amato marito Walter Nones.
Stefano, come tutti i figli del circo, ha iniziato presto a lavorare dentro e attorno alla pista, sia come acrobata che trapezista sino ad arrivare al lavoro con gli animali che oggi continua a portare avanti e che costituisce uno dei pezzi forti dello show offerto dal circo di Moira Orfei. Ha ottenuto numerosi e importanti premi (fra i quali il Clown d’Argento al Festival di Montecarlo per alta scuola, animali esotici e tigri) per il suo splendido lavoro con gli animali, con i quali lavora già da quando era bambino e con i quali ha sviluppato una perfetta sintonia. Oltre al lavoro artistico appreso grazie alla vita quotidiana nel circo e ai geni della famiglia Orfei, Stefano si occupa anche di aspetti più gestionali che un circo grande e affermato come il Moira Orfei richiede.
Così come per amore Moira, nonostante le numerose offerte ricevute per entrare nel mondo dello spettacolo, non ha mai abbandonato il circo per restare accanto al marito Walter, allo stesso modo quattro anni fa la show girl Brigitta Boccoli lasciò il mondo della televisione per stare accanto a quello che oggi è suo marito, Stefano.
Qual è stato l’apporto di Brigitta al tuo lavoro?
Io le ho insegnato tutto quello che sapevo a proposito del lavoro con gli animali, quindi con tigri, elefanti e cavalli e devo dire che è molto portata. Poi insieme, ma devo dire più grazie a lei, abbiamo pensato a un nuovo tipo di spettacolo basato su una storia, è cominciato con Tigre per Amore ed è continuato con Il Bacio del Leone, che rispetto al primo è molto più strutturato. Per confezionare un prodotto di questa qualità, che ha avuto un bel successo in giro per l’Italia, ci avvaliamo anche della collaborazione di professionisti esterni: per la stesura della storia e la regia Cinzia Berni, le musiche sono realizzate da Osvaldo Camahue e le coreografie sono pensate da Francis Demarteau.
Non hai mai pensato di fare il contrario, cioè di lasciare il circo per il mondo dello showbusiness?
Per niente. Credo che ognuno abbia il suo di cui occuparsi, e possibilmente al meglio. Certo, anche io per questo nuovo tipo di spettacoli che abbiamo creato ho dovuto imparare cose nuove, ho dovuto prendere delle lezioni di canto e di ballo.
Tu come e quando hai iniziato?
Il mio primissimo debutto è stato a dieci anni, non ero neanche poi tanto giovane rispetto agli standard del circo. Una sera la partner del mio maestro di allora si fece male ad una caviglia e fui chiamato io a sostituirla in un numero di acrobazia alle pertiche. In quell’inizio avevo anche un po’ di incoscienza.
E l’inizio ufficiale?
E’ avvenuto a 14 anni, a quell’età ho debuttato seriamente. Studiavo già da tempo con ottimi maestri sia le discipline acrobatiche che il lavoro con gli animali grazie al fatto che facevo da assistente a mio padre Walter e a mio zio Massimiliano. E così nel giro di poco tempo, tra il 1979 e il 1981, ho debuttato con un numero di cavalli in libertà in cui presentavo otto murgesi, un numero al trampolino elastico preparato con il mio maestro di allora, Hristo Matevi (oggi docente all’Accademia del Circo), che aveva creato un numero di acrobazia che includeva me, mia sorella e i miei cugini. Infine ho debuttato con un numero al trapezio, disciplina insegnatami da Roberto Jarz.
E’ vero che proprio a quell’età, mentre iniziavi seriamente ad essere trapezista, acrobata e domatore di animali feroci, i tuoi genitori non volevano comprarti il motorino perché troppo pericoloso?
Assolutamente si, non volevano proprio, nonostante io lavorassi già in quel tipo di discipline!
Con che animali hai lavorato?
A livello di addestramento ho lavorato veramente un po’ con tutto, a partire dai cavalli con i quali eseguo e ho eseguito numeri in libertà passando per la posta (insegnatami da Charles Knie), per giungere all’alta scuola. Ho lavorato anche con tigri e leoni, e poi con gli animali esotici, rinoceronti, giraffe. Con gli elefanti ho iniziato davvero presto, proprio di recente ho rivisto un video (messo online dal Club amici del circo, ndr) del 1974 in cui si vede che entro io, bambino, in pista sugli elefanti.
Quali sono le discipline che preferisci?
Come preferenza personale devo dire che mi piacciono tutte quelle discipline che ho affrontato e quelle che, naturalmente, continuo a portare avanti. Mi piacciono molto il trapezio e l’acrobazia. Il lavoro con gli animali è comunque quello che prediligo, e devo dire che a dispetto di quanto mi dicono tutti, mi reputo bravo coi cavalli in libertà. In passato ho anche imparato ad addestrarli ma è una cosa che non faccio quasi mai. Tutti dicono che io sia bravissimo con gli animali feroci, ma lo dicono gli altri, se devo dare il mio parere credo proprio di dare il meglio con i cavalli in libertà (e su queste parole interviene la voce di Brigitta che conferma la bravura del marito con gli animali feroci: “E’ un fuoriclasse, pure suo padre lo dice!” ndr).
A proposito dei tuoi genitori, quali sono i lasciti della tua famiglia?
So che questo è il mio mestiere e che dovrò farlo al meglio, è naturale che sia così. So che per il futuro ciò che dovrò fare sarà continuare su questa nuova linea che abbiamo adottato, quella della storia drammaturgicamente strutturata, ma migliorando sempre di più, senza mai toccare naturalmente quello che è il circo. Come dicevo, abbiamo iniziato con Tigre per Amore ma con Il Bacio del Leone la struttura si è fatta via via più forte e l’obiettivo è continuare così, sempre meglio.
Lo spettacolo sta avendo buone risposte, credi che la situazione generale del circo in Italia, e quindi del pubblico, sia buona o no?
Credo che all’estero sia migliore, in termini di offerta circense e di conseguenza di risposta. Questo è soprattutto dovuto ai circensi, che dovrebbero prendersi le loro colpe. Ci sono dei grandi complessi che viaggiano anche all’estero, quelli più conosciuti, che generano sempre una buona risposta di pubblico. Poi ce ne sono numerosi altri che non hanno grandissimi standard qualitativi e questo rischia sempre di non porre il circo in buona luce nei confronti del pubblico.
Cosa significa essere il figlio di una vera e propria icona nazionale? Ha delle conseguenze a livello mediatico?
Assolutamente no perché posso garantire che mia madre è una donna normalissima in casa. Io sono cresciuto con lei che già era famosa e faceva moltissimi film, ma è sempre stata una donna con i piedi per terra, non se l’è mai tirata per nulla, non ha mai fatto pesare la fama che stava avendo nel cinema, di conseguenza questo peso non si avverte per nulla.
Pensando al futuro, per tuo figlio Manfredi che oggi ha quasi tre anni e mezzo hai già dei progetti?
Lui come tutti i bambini stravede per il circo, per le luci, gli animali, i colori. Ma il circo, se ci sarà nella sua vita, arriverà col tempo, io potrò insegnargli tutto quello di cui avrà bisogno ma ciò su cui insistiamo molto è che si faccia un’istruzione e vada a scuola. Quello è l’unico progetto, farlo andare a scuola e lo farà a Roma. Il circo verrà poi se mostrerà interesse (e già vedo che lo mostra), ma c’è tempo. Altri progetti non bisogna farli, voglio essere realista perché il rischio che c’è nel far progetti è quello di rimanere delusi.
Ma per la storia del motorino, alla fine chi è che l’ha spuntata?
Io, me lo hanno comperato. E il risultato è che mi sono rotto un piede, loro avevano ragione! È vero, andare in motorino è più pericoloso che sul trapezio.
Stefania Ciocca