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Shannon Orfei, il filo della passione.

di Flavio Michi

Shannon è la terzogenita di Nevia Niemen e Armando Orfei. È sorella di Sandy, la maggiore, sposata con Claudio Giannuzzi, e di Sharon, moglie di Carlo D’Amico. In questa intervista di Flavio Michi emerge la sua storia, dal circo di famiglia, l’Oscar Orfei, al successo al Latina. E per il futuro…

Shannon Orfei al festival di Latina.

Shannon, quando hai iniziato a provare in pista?
Ero piccolissima. Da noi lavoravano i Romanovi e ho iniziato a provare a 4/5 anni, seguita da loro. Un po’ più avanti ho cominciato a fare il numero della “bambola” con mia sorella Sandy. Il numero di filo, invece, è venuto più tardi. Mi seguivano i Merzari (Fatima Zhora e Aguanito Merzari) qui al circo. Con loro ho provato solo un anno, purtroppo. È stata proprio Fatima a propormi il filo: “Ti andrebbe? Dai, prova, senza impegno”. Era arrivato un piccolo attrezzo al circo e avrebbe dovuto provarlo mio cugino Angel (Busnelli); il giorno successivo ho iniziato a provare e mi son detta: “Voglio fare proprio questo”. In quel periodo provavo il numero di giocoleria con le palline a terra, il bouncing. Da noi c’era Anja Bellei che lo faceva e avevo pensato di farlo anch’io. Ma poi, come ho iniziato col filo, ho continuato solo con questo. Mi è piaciuto da subito.
Quindi se non fosse stato per l’intuizione di Fatima…
Proprio così. Ho interrotto le prove per un po’ e poi ci siamo trasferiti dai cugini Coda Prin. Nel frattempo, avevamo fatto preparare un attrezzo per me, dato che non avrei potuto più utilizzare quello di Angel.

Dopo quanto tempo è nata la versione definitiva del numero? Quella che ha avuto così tanto successo a Latina, voglio dire.
Ci sono voluti alcuni anni. Intanto, avevamo aperto il circo attuale e con noi c’era Daiana Dell’Acqua, che stimo molto. È una delle mie preferite. Lei ha un numero molto “ballato” e mi piaceva tantissimo. Volevo fare quel tipo di numero. Mi ero letteralmente innamorata della performance di Molly Saudek. Dissi alla signora Fatima: “Voglio fare questo tipo di numero, ballato”; Daiana mi aiutò moltissimo. Le dissi che volevo fare un certo tipo di coreografia, dopo che avevo debuttato. L’avevo fatto un po’ velocemente e non ero ancora prontissima.

E la versione tango?
Non appena l’ho sentita, ho deciso che la musica doveva essere quella! Lo dissi alla signora Fatima e lei mi disse: “Va bene, ma devi essere convinta di farlo, più di quanto tu lo sia adesso. Devi credere di più in te”. La vetrina di Latina, dell’International Circus Festival of Italy, ti ha fatto conoscere a tante persone, anche italiani, che non ti avevano mai visto lavorare. Hai ricevuto tantissimi complimenti. Cos’hai provato?
Non me l’aspettavo. Sono andata sperando solo di lavorare bene e fare bella figura. Con i complimenti che ho ricevuto ero già soddisfatta: avevo già vinto così. Ma poi avendo vinto il Bronzo ero al settimo cielo. Mi ci è voluto un po’ prima di capire che era tutto vero.

Beh, in tanti si sono meravigliati della tua trasformazione: da ragazzina semplice “fuori” a donna sensuale in pista.
Allora qualcosa di buono l’ho saputo fare! Ringrazio tutti, veramente. Aris Macaggi per me è un idolo. Gli ho chiesto di dirmi tutto quello che pensava. Ci tenevo. Al termine del primo spettacolo mi ha abbracciato. Quello è già stato un bel premio.
In quell’occasione, visto il successo che hai avuto, ti è stata fatta qualche proposta di lavoro?
Sì, addirittura per andare in Centro America. Mi arrivò una mail mentre ero in treno con mia mamma. La proposta mi fece piacere ma sarebbe stata dura mollare il nostro circo, la mia famiglia. Mi piacerebbe girare, ma allo stesso tempo c’è bisogno qui da noi e prendere una decisione del genere è difficile. Tra l’altro, era anche un brutto periodo perché avevamo appena riaperto dopo il Covid…

Hai altre idee per il futuro?
Le ho, ma per il momento non ne parlo… È presto! A parte il tuo numero di filo sei impegnata nello spettacolo dall’inizio alla fine, oltre ai viaggi e a tutto il resto. Sì, c’è la fonica, il bar…c’è sempre da fare, ma lo facciamo volentieri. È la nostra vita. È la nostra famiglia.

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