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Segatura fatale: la letteratura stregata dal circo

La copertina del volume edito da Cuem

“Il circo è tornato ad occupare, con prepotenza e senza alcun alone di nostalgia, un ruolo importante nel nostro immaginario e nelle principali espressioni artistiche: nella letteratura, nel cinema, nel teatro, nella musica, nei video, nella moda, nella fotografia sperimentando insolite modalità di interazione e di ibridazione con saperi e stili diversi”. Ne è convinta Maria Vittoria Vittori, giornalista culturale e saggista (collabora con L’Indice dei Libri, Leggendaria, Il Mattino, Liberazione e il mensile Circo), autrice de Il clown futurista. Storie di avanguardia, circo e cafè chantant (Bulzoni, 1990), di numerosi saggi sulle scrittrici del Novecento, ed ha redatto anche diverse voci per il Dizionario del Futurismo edito da Vallecchi (2001).

Maria Vittoria Vittori ha scritto un saggio molto interessante in un volume appena edito da Cuem, a cura di Alessandro Serena, che raccoglie diversi contributi nuovi e stimolanti: L’acrobata. Quaderno di studi sulle arti circensi. “Una nuova attrazione per il circo e i suoi personaggi, declinata in eterogenee modulazioni, è moneta corrente nella produzione recente di diverse letterature, a partire da quella anglosassone, da sempre particolarmente interessata a questo specifico universo.

Angela Carter

La carrellata fra i romanzi di questa biblioteca del circo dei giorni nostri, parte da Nights at the Circus il romanzo che la scrittrice e critica letteraria inglese Angela Carter pubblica nel 1984. “Viene ad inserirsi nella consolidata prospettiva della letteratura ispirata al mondo circense, che vantava una sua peculiare illustre tradizione, inaugurata già a metà Ottocento da Le odi funamboliche di Théodore de Banville e da Il vecchio saltimbanco di Charles Baudelaire”.

Notti al circo ha generato nel 2006 lo spettacolo teatrale di Tom Morris e Emma Rice per la Kneehigh Theatre Company, rappresentato al Lyric Hammersmith di Londra, al Bristol Old Vic di Bristol e al West Yorkshire Playhouse di Leeds. Ma anche l’album di debutto, uscito nel 2007, della pop-star inglese Bishi intitolato proprio Nights At The Circus.
Ma l’elenco è ancora lungo.
Carnival Love di Katherine Dunn pubblicato in America alla fine degli anni Ottanta ma tradotto in Italia nel 2008, è una “storia di grande intensità in cui l’identità freak è rivendicata con orgoglio e il circo fa irruzione nel linguaggio e nell’interiorità dei personaggi”. E poi Mi chiedo quando ti mancherò (2003) di Amanda Davis, passando per L’innocenza (2006) di Tracy Chevalier, autrice del best-seller La ragazza con l’orecchino di perla. Ambientato nella Londra settecentesca che vede nascere il circo, ha un dialogo illuminante sulla forza evocativa dell’arte della pista. Scaturisce dall’incontro fra l’ex sergente dei dragoni, Philip Astley – il fondatore del circo moderno – e il poeta e incisore William Blake: “il grande cavallerizzo visionario che inventò un nuovo modo di far spettacolo e William Blake il grande poeta visionario che inventò un nuovo modo di far poesia”, scrive Maria Vittoria Vittori.

Tracy Chevalier

“Io e voi siamo nello stesso ramo, signore – dice il direttore di circo al poeta – vendiamo illusioni. Voi le producete con la penna, l’inchiostro e il bulino, mentre io creo un mondo ogni sera con i miei artisti e i loro attrezzi, nell’anfiteatro”. Blake inizialmente non asseconda la visione pennellata così poeticamente dall’uomo di circo. E ribatte che la poesia sa creare illusioni, ovvero canzoni e immagini che non si trasformano in ricordi, come accade negli spettacoli del circo ma “sono sempre sotto gli occhi di tutti”. Astley ha la stoccata finale che sarebbe potuta uscire solo da uno spirito di visionario ben amalgamato con una statura umana forgiata da militaresca concretezza: “Voi prendete le idee dal vostro cervello e le trasformate in qualcosa che si può vedere e toccare. Mentre io prendo cose vere – cavalli, acrobati e ballerini – e li trasformo in ricordi”. Che è forse la più bella definizione del circo che sia mia stata formulata.

Fra i romanzi del filone anche La quarta moglie (2006) della canadese Alyssa York, in cui la storia del contorsionista Bendy s’intreccia con le tensioni di un’America ottocentesca agitata dalla febbre dell’oro e dalle rivolte dei mormoni, Clown girl (2006) di Monica Drake, incentrato su una artista di strada che si trova in un quartiere di tossici e delinquenti, La città dei clown (2007) dell’australiano Will Elliott, “adrenalinico thriller ambientato nel fantasmatico universo del Pilo Family Circus che sembra già pronto per una riduzione cinematografica”. Anche la letteratura latinoamericana ha regalato qualcosa: il peruviano Daniel Alarcòn è l’autore di Città di pagliacci (2005) “in cui la protesta sociale passa attraverso il costume da clown”, e il cubano Eliseo Alberto che in L’eternità finalmente comincia un lunedì, (romanzo uscito nel 1992 ma tradotto in Italia nel 2004), “ci ha consegnato un ritratto di un circo che è un’isola di libertà in un paese insanguinato dalla guerra civile”.

Anche la narrativa di casa nostra non delude e regala: Il clown (2006) di Athos Bigongiali, ispirato a The Day the Clown Cried, il film che Jerry Lewis girò nel 1972 su un clown tedesco internato nel lager di Auschwitz e Il circo capovolto (2008) di Milena Magnani in cui un tendone a strisce scampato alla Shoah diventa possibilità di una nuova esistenza per i bambini di un accampamento rom.
Dalla letteratura al cinema. “Dal romanzo Acqua agli elefanti (2006) della scrittrice canadese Sara Gruen che racconta le vicende di uno di quei grandi circhi itineranti che agli inizi degli anni Trenta percorrevano l’immenso territorio americano è stato tratto un film di grande richiamo, con Robert Pattinson nel ruolo di protagonista, che uscirà nelle sale cinematografiche la prossima primavera e non è l’unico di argomento circense: nelle ultime edizioni della Mostra cinematografica di Venezia sono stati presentati con successo di critica e di pubblico due film ispirati al mondo del circo e in particolare all’ambivalente figura del clown: lo scorso anno, Questione di punti di vista del regista francese Jacques Rivette e nell’ultima edizione, La Balada triste de trompeta del cineasta spagnolo Alex de la Iglesia premiato con il Leone d’argento”.

Robert Pattinson e Reese Witherspoon sulla scena di Water For Elephants

Un altro significativo elemento che vale ad attestare l’inaspettata quanto intensa infiltrazione di materiali e suggestioni circensi nel mood dei giovani, scrive Maria Vittoria Vittori, “riguarda i video musicali sia di artisti italiani sia di star internazionali del pop, mai come in quest’ultimo periodo interessati a trovare sollecitazioni all’interno del tendone, e le inedite commistioni realizzate da numerosi musicisti e dj nelle loro esibizioni live tra i più disparati generi musicali – techno, house, reggae – e le arti della pista”.

Fatta questa carrellata, si comprendono meglio le parole di Maria Vittoria Vittori: “Fin dall’atto della sua fondazione, il circo ha rappresentato per la letteratura e per l’arte in generale, un mondo di grandissimo fascino, declinato in una offerta di versioni che hanno, al fondo, qualcosa di misterioso e insieme di affine. “Un breve spazio d’oblio separato dal resto del mondo” secondo la poetica definizione di Henry Miller; “un modo di viaggiare nella propria vita” per Federico Fellini, ma anche un incrocio di arti e di tecniche, di personaggi e di situazioni, di lingue e culture che frantuma la rigidità delle ripartizioni e dei generi; un recinto consacrato all’esibizione quotidiana in cui non può darsi la ripetizione, perché ogni volta interviene un lievito, un brivido, un qualcosa di impercettibilmente diverso; un’area di assoluta concretezza dominata dalla corporeità eppure affrancata da obblighi troppo restrittivi e onerosi nei confronti della realtà e della verosomiglianza”.

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