Quando i Fratellini stregarono Roma
“Eccoli! Arrivano! Reduci da una settimana di successi a Firenze, loro città di origine, vengono ad allietare Roma i più famosi clowns del mondo, i Fratellini!” Mai degli artisti circensi erano stati tanto attesi nella Capitale d’Italia. Ne fornisce ampia testimonianza la carta stampata dell’epoca, che illustra tutti i risvolti della vita, privata e artistica, di questi professionisti del buonumore residenti a Parigi. La loro qualità maggiormente messa in evidenza era la disponibilità a far tornare il sorriso sulle labbra dei malati, improvvisando scoppiettanti mini-spettacoli nelle camerate o nelle corsie degli ospedali, “specialità” oggi riconosciuta come autentica ed efficace terapia. Già insigniti di titoli onorifici in Francia per le loro iniziative di beneficenza, a Firenze si erano prestati senza risparmio presso l’ospedale per bambini Meyer. A Roma si prodigarono presso l’Istituto Climatico della Croce Rossa Italiana, un sanatorio immerso nel verde intitolato al patriota ed eroe di inizio Novecento Cesare Battisti: «Fratellini è un nome che vi è dovuto, perché esprime con efficacia la fraternità del vostro atto generoso. Benefattori voi siete» (La Tribuna 11-2-1928).

Paolo, Francesco e Alberto tenevano banco per circa un’ora e costituivano, naturalmente, il piatto forte della serata. Del programma comico facevano parte anche il Toni Pinocchio (forse l’Arturo Biagioni citato dal Cervellati nel suo «Stasera grande spettacolo»), con i suoi compagni Vitali, Futelly, Massimo, Chico, Ducci e Albertino; un trio di artisti truccati da Charlot (tre giovani della famiglia Fratellini tra i quali Vittorio) che eseguivano difficili esercizi al trapezio in maniera esilarante; i clowns Poli ed Eugenio; i quattro Lopez, acrobati e trapezisti anch’essi, come gli Charlot, comicamente «sempre stanchi»; i tre Pierrot di Villette (quartiere di Parigi), in realtà i figli di Francesco, che si cimentavano in acrobazie danzate composte da movimenti e atteggiamenti che inducevano immediatamente alle risate più crasse. Della numerosissima famiglia italo-francese scendevano in pista anche Alberta e Roberto, figli di Alberto, con lo sketch «I bambini terribili» e una pantomima «danzata con infantile letizia» (Il Popolo di Roma 2-2-1928).
Ma numerosi erano anche i numeri non improntati a suscitare ilarità. I tre Pharamon, con esercizi plastici tra arte ed elasticità; il trio Hassan, ciclisti sul filo di ferro; Fassi al trapezio volante; Andrea e Marcello Desprez con il doppio salto mortale in automobile, «un numero che venne eseguito con mirabile precisione e che suscitò una viva emozione, specie al momento del salto» (Il Messaggero 7-2- 1928); Jean Houcke Rancy con i suoi 12 stalloni arabi in libertà; Marcella Houcke Rancy, amazzone di alta scuola con la «cavalcata al Bois de Boulogne»; il giocoliere Navaro; e infine un altro Fratellini, il giovane Fortunio, a tu per tu con i suoi tre feroci leoni in una gabbia di soli 5 metri di diametro. Le messe in scena erano di Mario Pompei, l’orchestra era diretta da G. A. Pizzini.
In quegli stessi giorni a Roma, alla Sala Umberto, riscuotevano successo nella brillante rivista Madama Follia, Totò e Isa Bluette, ma la eco delle mirabilie del circo dei tre famosi clowns li sopravanzò nettamente: «Bisognava ritornare con la memoria ai grandi spettacoli d’opera con Mascagni e con Battistini, o alle grandi serate di lotta e di boxe con Raicevich o Frattini, per ritrovare la sala dell’Adriano gremita come si presentava ieri sera» (Il Messaggero 2-2-1928).
Marco Martini
L’articolo è stato pubblicato sulla rivista Circo dicembre 2015
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