Eravamo nel 1928, con il fascismo già ben consolidato, e i tre figli di Gustavo, capostipite di questa famiglia di artisti, dimostrarono anche una accorta strategia diplomatica. Arrivati sul nostro suolo, fecero pervenire un telegramma al Duce, tanto che a Firenze «i Fratellini non potranno trattenersi fra noi oltre domenica prossima, dovendo recarsi alla Capitale, insistentemente richiesti anche a nome di autorevoli personalità» (La Nazione 25-1-1928). I giornali romani non specificano il nome di queste autorità. Sappiamo però che la sera del loro debutto all’Adriano «tutta l’élite della Capitale era largamente rappresentata» (Il Messaggero 2-2-1928). Il Duce non era presente, perché impegnato al teatro Argentina ad assistere a un torneo di scherma tra ufficiali della Milizia (MVSN), per il quale aveva già da tempo messo in palio una speciale coppa. Benito Mussolini era un appassionato di scherma, sport che lui stesso praticava, però alcuni giorni dopo Alberto, Francesco e Paolo Fratellini furono ricevuti in brevi udienze private sia dal Duce sia dal Papa Pio XI.
In uno dei loro spettacoli pomeridiani (ne diedero 13, di cui 9 serali, dal 1° al 9 febbraio), l’incasso fu devoluto interamente alle colonie marine e montane della Federazione dell’Urbe. Il fascismo si era organizzato costituendo tante Federazioni Provinciali Fasciste, enti che esercitavano un controllo politico sulle varie attività, anche in campo artistico. A Roma, città a statuto speciale, la FPF si chiamava Federazione dell’Urbe e il suo dirigente, il Gr. Uff. Parolari, era naturalmente presente allo spettacolo. Lo straordinario successo dei Fratellini a Roma, con il vasto teatro Adriano sempre gremito in ogni ordine di posti, era senz’altro dovuto alla qualità delle esibizioni del Circo Equestre Fratellini, ma un appoggio proveniente dall’alto faceva comodo, e anche a Roma come a Milano (cfr. Circo luglio 2014) la Compagnia si esibì nell’esecuzione dell’inno fascista Giovinezza. Data la risonanza dell’avvenimento, i giornali romani dell’epoca ci consentono di conoscere l’assetto completo del complesso circense dei Fratellini, che annoverava alcuni professionisti di tutto rispetto citati dallo storico francese Thétard nelle sue opere.
Paolo, Francesco e Alberto tenevano banco per circa un’ora e costituivano, naturalmente, il piatto forte della serata. Del programma comico facevano parte anche il Toni Pinocchio (forse l’Arturo Biagioni citato dal Cervellati nel suo «Stasera grande spettacolo»), con i suoi compagni Vitali, Futelly, Massimo, Chico, Ducci e Albertino; un trio di artisti truccati da Charlot (tre giovani della famiglia Fratellini tra i quali Vittorio) che eseguivano difficili esercizi al trapezio in maniera esilarante; i clowns Poli ed Eugenio; i quattro Lopez, acrobati e trapezisti anch’essi, come gli Charlot, comicamente «sempre stanchi»; i tre Pierrot di Villette (quartiere di Parigi), in realtà i figli di Francesco, che si cimentavano in acrobazie danzate composte da movimenti e atteggiamenti che inducevano immediatamente alle risate più crasse. Della numerosissima famiglia italo-francese scendevano in pista anche Alberta e Roberto, figli di Alberto, con lo sketch «I bambini terribili» e una pantomima «danzata con infantile letizia» (Il Popolo di Roma 2-2-1928).
In quegli stessi giorni a Roma, alla Sala Umberto, riscuotevano successo nella brillante rivista Madama Follia, Totò e Isa Bluette, ma la eco delle mirabilie del circo dei tre famosi clowns li sopravanzò nettamente: «Bisognava ritornare con la memoria ai grandi spettacoli d’opera con Mascagni e con Battistini, o alle grandi serate di lotta e di boxe con Raicevich o Frattini, per ritrovare la sala dell’Adriano gremita come si presentava ieri sera» (Il Messaggero 2-2-1928).
Marco Martini
L’articolo è stato pubblicato sulla rivista Circo dicembre 2015