Forse William Frederick Cody, quando – poco più che adolescente – scorrazzava come Pony Express, non se lo immaginava nemmeno lontanamente che sarebbe divenuto un noto showman e impresario teatrale. Arruolato nel 7° Cavalleggeri del Kansans, durante la guerra di Secessione fu impiegato poi come guida civile dall’esercito. Dopo una gara di caccia al bisonte vinta si guadagnò il nome di Buffalo Bill. Dicono che avesse ucciso oltre 4.000 bisonti in quattro anni per rifornire gli operai che lavoravano alla costruzione della ferrovia. Dicono che andasse in giro vantandosi di aver fatto lo scalpo a un guerriero cheyenne per vendicare la morte del generale Custer. Dicono che si allenava a sparare davanti a un grande melo; stava lì, fermo, con l’arma nella fondina, lo sguardo fisso poi, d’improvviso, tirava fuori la sua pistola sparando due colpi in rapida successione: il primo tagliava il picciolo di una mela, ed il secondo la centrava pochi centimetri sotto mentre recisa, stava cadendo. Solo alcune delle storie che si raccontavano in quegli anni nei saloon e nelle notti davanti ai fuochi, sotto le stelle della frontiera. Ottimo materiale per uno scrittore.
Lo capì Ned Buntile – un giornalista di cronaca nera che tendeva a rendere epico anche il fatto più banale – che iniziò a scrivere una serie di novelle sul mitico avventuriero che riscossero grande popolarità. Fiutato l’affare, Ned chiese a Buffalo Bill di interpretare se stesso in uno spettacolo teatrale: accettò e fu un successo tanto che, nel 1883, mise su il Buffalo Bill Wild West Show: un vero e proprio spettacolo circense in cui venivano ricreate scene tipiche dell’ovest americano tra cui l’assalto alla diligenza e la battaglia del Little Big Horn. Vi partecipavano veri indiani (o “pelli rosse” come li chiamarono i giornali italiani) tra cui Toro Seduto. Ovunque andasse era sempre un sold out e visto le insistenti richieste che provenivano dalla vecchia Europa decise di attraversare l’Oceano e, nel febbraio 1890, preceduto da enormi campagne pubblicitarie, arrivò in Italia.
Composta da centinaia di persone e con un’enorme attrezzatura, la troupe arrivò nella capitale con treni speciali e, poiché il complesso aveva bisogno di grande spazio, furono scelti i Prati di Castello, nell’area ancora desolata che, ospitando spesso le esercitazioni della guarnigione militare, era detta Piazza d’Armi. Buffalo Bill fu ricevuto da Leone XIII in occasione dell’anniversario dell’incoronazione. Il primo spettacolo, ebbe luogo il 20 febbraio, di pomeriggio, di fronte ad un’enorme folla. Il biglietto, per l’epoca, era molto caro: cinque lire. Ma nonostante ciò nei primi undici giorni vi fu un incasso di oltre 160 mila lire.
Dopo uno dei tanti spettacoli, il duca Onorato Caetani gli parlò dei suoi butteri elogiandone l’abilità di domatori che non aveva confronto con i cow boy americani. Buffalo Bill accennò a un sorriso poi, quando capì, che il duca non scherzava iniziò a dire che nessuno poteva tenere testa ai suoi cow boy. Ne nacque una lunga discussione che si concluse con la scelta di fare una sfida tra gli uomini di Bill e i butteri agropontini che avrebbero dovuto sellare e cavalcare, senza essere disarcionati, alcuni indomiti puledri americani. Il premio, inizialmente, fu di 1000 lire che successivamente Buffalo Bill ridusse a 500. La gara si tenne l’8 marzo.
Di fronte ad un foltissimo pubblico, a metà dello spettacolo circense fecero ingresso nell’arena i butteri Francesco Costanzi, Cesare Fabbri, Achille Fasciani, Achille Laurenti, Angelo Petecchi, Bernardo Quinti, Filippo Valentini. In testa Alfonso Ferrazza e Augusto Imperiali detto “Augustarello”, un buttero trentenne di Casa Caetani “dal bel nome antico” che fu indiscusso protagonista della sfida.
Ricordava Gustavo Brigante Colonna: “La folla seguiva in silenzio la lotta magnifica.Imperiali aveva un sorriso breve che gli scopriva i denti aguzzi”.
Il cronista de Il Messaggero scriveva: “Il morello, tenuto con le corde, si dibatte frenetico; s’alza sulle zampe di dietro, tira rampate. I butteri le schivano sempre con la sveltezza di uomini esperti. Riescono finalmente a mettergli la sella con il sottocoda, e d’un salto uno dei butteri gli è sopra. E’ Augusto Imperiali. Nuova tempesta di applausi. I butteri, entusiasti del successo ottenuto, saltano, ballano, buttano all’aria i cappelli, tanto per imitare in tutto quello che si è visto fare dagli americani. Augusto Imperiali fa una stupenda galoppata intorno al campo, tenendo con la destra le redini e agitando con la sinistra il cappello. Tutte le sfuriate del cavallo non riescono a muoverlo dal posto un solo momento. Sceso a terra, e chiamato ad avvicinarsi ai primi posti dove riceve le più vive congratulazioni da tutti, compresa la Duchessa di Sermoneta ed i suoi figli”.
Buffalo Bill non accettò di pagare la scommessa ed il giorno seguente tolse le tende del suo circo e lasciò Roma.
Ora questa straordinaria storia rivive in un piacevole volume edito da Tunué – nella collana Prospero’s Book (che tanti bei titoli sta “sfornando”) – intitolato “L’Uomo che sfidò le stelle. Augusto Imperiali il buttero che sconfisse Buffalo Bill” ben illustrato da Davide Pascutti con una sceneggiatura- a tratti discutibile ma comunque di effetto- realizzata da Andrea Laprovitera e Alessandro Di Virgilio. Un buon regalo di Natale per ripercorrere un epopea affascinante, proposto anche a un prezzo – che rispetto agli altri libri del genere – è leggermente più basso. E questo, in tempi di crisi, è una buona cosa. Il volume si arricchisce inoltre di una prefazione del compianto Sergio Bonelli, che ha scritto: “Ricostruendo il profilo – umano, antiretorico, naturale – del Buttero che sconfisse Buffalo Bill, gli autori non fanno ricorso a squilli di tromba o a roboanti effetti speciali, ma scelgono ammirevolmente di modulare le loro pagine sui toni di un poetico minimalismo, di una silenziosa quanto romantica, elegia”.
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