Il Festival di Latina è diventato uno dei più rinomati appuntamenti del suo genere, l’unica kermesse italiana a riuscire in questa impresa. È forse l’occasione per una riflessione sulle effettive valenze di una manifestazione del genere, vediamo.
Non è riuscito ad emergere l’altro importante evento laziale, quello della Capitale, il Golden Circus. Nonostante il carisma di una gran dama dello spettacolo come Liana Orfei ed una attività di quasi trent’anni non è accreditato dal circuito degli operatori internazionali che si sposta da festival in festival.
Per risalire ancora più indietro, già negli anni Settanta Pino Correnti organizzava leggendari eventi monotematici come il festival dei giocolieri dedicato a Rastelli o quello dei clown intitolato a Grock, piuttosto notevoli all’epoca, ma che non riuscirono ad avere buona longevità.
E neppure i grandi eventi degli anni ’90 sono riusciti ad avere continuità di azione ed hanno cessato di esistere dopo appena un lustro e otto edizioni complessive (cinque per il Gran Premio “itinerante” di Walter Nones e tre per le Stelle del Circo di Verona della gestione Giarola/Murillo), nonostante una sfilza di partecipanti da far tremare le ginocchia: gli Alexis Brothers, i Borzovi, i Carnilovy, gli stessi Tcherniewsky, i Flying Cranes, Anthony Gatto, Sergei Ignatov, Oleg Izossimov, Kris Kremo, David Larible, le Steben Sisters, Flavio Togni, gli Zapachny, solo per citarne alcuni in rigoroso ordine alfabetico. Ma ad un certo punto su quelle due grandi kermesse fu messa una pietra tombale.
Inoltre queste manifestazioni non prestano particolare attenzione ai giovani artisti autoctoni, che sono forse quattro o cinque su un totale di oltre sessanta. Di conseguenza qual è il bene effettivo per la categoria?
In realtà chi scrive è del parere che quando una manifestazione del genere funziona finisce per avere un impatto notevole sui professionisti. Gli artisti sono stimolati ad impegnarsi per migliorare il proprio livello e per aspirare un giorno ad essere invitati. I direttori possono aggiornarsi sullo stato dell’arte senza fare lunghi viaggi oltre frontiera. E si crea un momento di aggregazione che nel settore circense manca quasi del tutto. Occasioni simili sono rappresentate dall’assemblea dell’ENC e dal saggio conclusivo dell’Accademia, non molto altro.
La verità è semplice e quasi lapalissiana. Ci vorrebbe un sostegno pubblico più deciso o meglio strutturato in entrambi i campi, sia nella promozione che nel sostegno all’attività.
In Francia esiste forse la più grande concentrazione di festival: Monte Carlo, Parigi, Massy, Grenoble, senza contare i numerosissimi eventi dedicati al circo contemporaneo con grande successo. E in quella nazione da ormai qualche anno il circo sta godendo di buona, anzi ottima salute. Finito il problema dei finti marchi Gruss e Bouglione che avevano afflitto il settore sino ai primi anni ’80, il ministero della Cultura ha deciso di sostenere scuole, festival, produzioni di spettacoli, ricerca storiografica in maniera determinata e massiccia. Fu il capo del dicastero Jack Lang (in carica per una dozzina di anni sino al 1993) con la sua forte personalità a convincere il governo presieduto da François Mitterrand ad investire decisamente nei beni culturali. E’ quanto si dovrebbe fare anche da noi. Per questo è giusto auspicare la nascita di sempre più numerose attività del genere. Non per fare concorrenza all’esistente, ma perché sostenere la promozione di un genere pare scientificamente corrispondere ad aumentarne la diffusione, almeno sino a quando è accompagnata da un lungimirante sostegno alle altre attività citate.
Quanti festival del Cinema esistono in Italia? Quante scuole di Teatro, di Danza, di Musica? Per altro sostenute da aiuti di ogni genere: istituzioni centrali, enti periferici, sponsor privati. Quando è nata la Festa del Cinema di Roma non è stata cancellata certo quella di Venezia, né ha perso nulla della sua importanza. Né è diminuito il numero di titoli in arrivo nelle sale cinematografiche, né sono stati trascurati aspetti di ordinaria e quotidiana gestione delle sale (paragonabili al recente problema della fornitura elettrica dei circhi). L’ideazione di una rassegna o il sostegno alla sperimentazione o alla ricerca storica di una disciplina artistica, non frena di per sé l’attività commerciale legata alla stessa.
Cosa succederebbe se l’Ente Nazionale Circhi, storica associazione di categoria che vanta la presenza nel proprio board dei maggiori circhi italiani e quindi di un know how senza eguali in Italia, decidesse di abbracciare in maniera decisa il sostegno allo sviluppo e alla promozione? Puntando decisamente sull’ideazione di altri festival, creando centri di produzione per creazioni artistiche originali di giovani complessi, ottimizzando e sostenendo il lavoro di ricerca storica, cercando risorse per finanziare una campagna di sensibilizzazione dei media e della cultura? E soprattutto dando spazio e spazi ai giovani artisti italiani. In questo modo, statene certi, tutto il mercato finirebbe per beneficiarne e sarebbe poi anche più facile portare avanti altre iniziative concrete che non godono della luce dei riflettori, ma non sono meno centrali per chi esercita l’attività giorno per giorno.
Forse è questa la direzione in cui muoversi, senza indugio.
Alessandro Serena