Quello che segue è l’intervento del presidente Agis, Paolo Protti, pubblicato sul Sole 24 Ore di ieri.
Le stesse componenti che, in occasione della recente “Giornata dello Spettacolo” al Quirinale, con i Premi Vittorio De Sica e le Maschere del Teatro, hanno visto ribadita dal Presidente della Repubblica, Giorgio Napolitano, la propria funzione culturale, sociale ed anche economica, con le decine di migliaia di imprese che operano nel settore culturale e con oltre 200 mila addetti, molti dei quali giovani.
L’attenzione riservata al settore da parte del Presidente della Repubblica viene però disattesa quando, e sto parlando della legge di stabilità attualmente alla Camera, si è dovuto fronteggiare un forte attacco alle risorse nazionali destinate al settore, mentre non possiamo dimenticare ulteriori e consistenti riduzioni degli interventi delle regioni e del sistema delle autonomie locali. E ciò nonostante il Fondo Unico per lo spettacolo (Fus) rappresenti davvero poca cosa rispetto al bilancio dello Stato.
Le nostre sono economie di imprese, che, al pari delle altre, debbono investire, programmare, vendere servizi. Invece, le istituzioni che hanno potere decisionale, e spesso anche i media, non smettono di trattare lo spettacolo come mero settore in cui si distribuiscono risorse pubbliche che, da sempre, molti vorrebbero fossero allocate, totalmente o parzialmente, altrove.
In tutto il mondo invece si guarda alla cultura come leva di sviluppo, che funge sempre più da spinta per i sistemi economici, sulla quale investire. Diverse indagini hanno infatti evidenziato come nelle aree dove maggiormente si investe nell’industria creativa si generino flussi economici moltiplicati, con effetti positivi sul reddito dei cittadini e sull’occupazione. Nel nostro paese, invece, gli stanziamenti per il settore culturale sono diminuiti, passando dallo 0,39% del Pil nel 2001 allo 0,19%.
In Italia serve quindi un cambio di passo, da parte delle istituzioni, ma anche dell’opinione pubblica, per non perdere una delle più grandi opportunità che abbiamo, in particolare in questo momento di crisi economica: puntare sulla cultura.
E puntare sulla cultura significa mettere il settore nelle condizioni di svilupparsi: perché ciò avvenga occorre, non soltanto un volume adeguato e certo di risorse finanziarie, ma anche riforme e un quadro trasparente di regole.
Dell’importanza della deducibilità fiscale ha parlato anche Alessandro Laterza intervenendo agli Stati Generali, facendo un richiamo all’esempio del tax credit applicato al settore cinematografico. Peraltro, nella sua relazione, Laterza distingue la tematica culturale in tre settori distinti: produzione per il consumo culturale, nella quale inserisce il cinema e i festival, produzione per la promozione culturale, che vede anche lo spettacolo dal vivo, e produzione per lo sviluppo (scuola, università e ricerca). Ritengo invece che questi non siano settori così distinti e che, sia la produzione per il consumo sia per la promozione, rappresentino fattori fondamentali e trainanti per lo sviluppo culturale che avviene, ovviamente, anche attraverso la scuola e la ricerca.
Per quanto riguarda invece le riforme, per lo spettacolo è fondamentale sostenere la rapida approvazione delle norme giacenti in Parlamento. Vorremmo vedere finalmente approvata la riforma dello spettacolo dal vivo: si tratta di un provvedimento atteso da anni, di vitale importanza per un mondo vasto e in affanno, e che, peraltro, ha già ricevuto il consenso di tutti i gruppi parlamentari. Ovviamente questa riforma, per essere tale, necessita di una propria copertura finanziaria che deve essere autonoma dal Fus che, come abbiamo già sottolineato, con le sue risorse può garantire soltanto la sopravvivenza del settore. Analoga attenzione merita il cinema: anche nel suo caso infatti c’è una proposta di legge ferma in Parlamento che andrebbe invece riconsiderata e avviata verso l’approvazione.
Sul piano più settoriale, una riforma del settore lirico è vitale e urgente, nella prospettiva di sciogliere un vecchio nodo che, nelle attuali, generali condizioni, si avvia a diventare un onere insostenibile.
Ma sono molti altri ancora gli interventi che in diversi casi non avrebbero neanche un costo per lo Stato e che potrebbero dare slancio al settore.
L’auspicio è che le iniziative de Il Sole 24 Ore contribuiscano a far comprendere alle istituzioni, ai media e anche all’opinione pubblica quanto sia importante per il paese offrire la giusta attenzione ad un settore, come quello della cultura, che rappresenta una vera e propria ricchezza.
Questa nazione ha bisogno di sviluppo, anzi di progresso che, citando Pasolini, si realizza quando lo sviluppo dell’economia reale accresce la qualità della vita degli individui. La cultura è fonte di progresso e di coesione sociale. E’ un dato di fatto che il patrimonio artistico e storico e la sua fruizione migliorino la qualità di vita dei cittadini, sviluppando saperi e competenze e contribuendo alla crescita di una società più sana. In particolar modo, nel momento difficile che stiamo attraversando, di crisi economica e di tensioni, difendere la cultura diventa anche il difficile compito di difendere la convivenza sociale.
Le istituzioni e la classe politica hanno il dovere di tenerne conto.
Paolo Protti
Presidente Agis