Nasi rossi come se piovesse. Ne vedo oggi anche su una pagina del “Vivimilano”, supplemento del Corriere della Sera, nell’ illustrazione dello spettacolo “Povera gente” annunciato per il giorno 14 giugno. Odor di circo nell’aria? Ma quando mai. E’ ben raro che il quotidiano su cui un tempo dettava legge a tutti noi studiosi Massimo Alberini si occupi di circo, quello vero. Si tratta invece di una riscrittura drammaturgica del celebre El nost Milan, che anch’io ebbi occasione di vedere al Piccolo Teatro nella indimenticabile interpretazione di Tino Carraro (buon amico del circo, aggiungo fra parentesi). Dello spettacolo annunciato, che non ho visto, ovviamente non dico nulla. Insisto invece a dire “Nasi rossi come se piovesse”. Dell’uso quasi ossessivo che oggi si fa di questi “utensili da risata” sono io il primo a rallegrarmi, ovviamente. Il naso rosso è sberleffo al senso comune e credo che niente di meglio l’uomo abbia inventato a questo scopo. Meno mi convince, il suo utilizzo, quando diviene un pret-a-porter buono per tutti gli usi. Così si devitalizza, si defrauda del suo valore. E prima vittima di questa svalorizzazione è la nicchia circense in cui nasce il clown con il suo naso acconciato sul volto come un vessillo di battaglia. In altre parole, è la realtà d’oggi un po’ squallidina nelle sue contraddizioni: la parola clown fa sempre il suo effetto, il naso rosso fa sempre il suo effetto, mentre la parola circo, fornace di questa rivoluzionaria invenzione, viene gestita dai professionisti della culturalità quotidiana quasi con imbarazzo, quasi con il timore che associare il naso rosso alla storica radice della pista di segatura sia togliere valori a un emblema facciale ormai sottoposto a una valanga di appropriazioni, più o meno indebite. Ma così d’abitudine si pensa oggi, amici miei, e così purtroppo – in troppe occasioni – si scrive. “Ha da passà ‘a nuttata”, diceva l’indimenticabile Eduardo. Ma se intanto il circo italiano e mondiale, in attesa che passi, batte qualche bel colpo per riappropriarsi di quello che è suo, male certo non fa.
Ruggero Leonardi