Abbinare il nome di Picasso alla pista circense fa sicuramente venire alla mente le immagini di Arlecchini e Saltimbanchi che hanno caratterizzato i periodi rosa e blu dell’artista.
In realtà l’imprinting del pittore è stato qualcos’altro, qualcosa che per l’uomo riveste un ruolo archetipico: il cavallo.
Pablo Picasso (Malaga 1881 – Provenza 1973) era figlio di un pittore per cui fu presto iniziato alle arti del disegno e della pittura: il suo primo dipinto lo realizzò all’età di otto anni e aveva per soggetto un cavallo. Quest’animale per secoli è stato compagno dell’uomo nella vita quotidiana, nel lavoro, nelle fatiche, nei viaggi e nelle battaglie; ha nutrito la mitologia, l’arte e la fantasia, basti pensare ai mitici Pegaso e Bucefalo, alle sculture celebrative e ai disegni di studio, alle pagine di libri e libri (“Un cavallo, il mio regno per un cavallo!” esclama il Riccardo III di Shakespeare).
In Spagna tutto ciò si mescola all’autoctona tradizione che dona valore ai tori e la fusione di cui sopra rimanda alla figura classica del minotauro. La possenza e la bellezza delle forme del corpo del cavallo hanno esercitano fascino su qualunque artista, basta entrare in qualsiasi negozio di belle arti per trovare numerosi modellini in legno o copie per realizzare studi e disegni dell’animale.
Picasso ritrovò nel cavallo un ottimo esercizio, e quando ebbe occasione di assistere alla prima corrida rimase colpito dalla danza macabra di tori e cavalli, i primi destinati a una caduta maestosa perché protagonisti dello spettacolo, i secondi destinati ad essere straziati e per giunta repentinamente rimpiazzati e ignorati.
La miglior esemplificazione di questo processo è rappresentata in una serie di litografie del 1945 che mostrano come da un toro disegnato alla maniera più classica si possa giungere ad una scomposizione in forme geometriche, sino a ridurre le stesse a linee nette, poche ed essenziali nel rappresentare il soggetto. Ed ecco toro e cavallo ridotti alla purezza e alla semplicità.
Poi rimane sempre il Picasso affascinato dal mondo un po’ malinconico e un po’ magico del circo, composto non solo da arlecchini e saltimbanchi ma anche dall’onnipresente cavallo.
Il cavallo ha dato l’avvio all’arte di Picasso e lo ha seguito per tutta la sua vita, dapprima negli appunti di gioventù, poi nelle serie della tauromachia e del circo, della mitologia e della guerra. Di nuovo l’archetipico aspetto del cavallo come essere di luce e di ombra, di vita e di morte.
Il cavallo è stato l’elemento principale che con il suo galoppare in circolo ha dato i natali al circo così come lo intendiamo oggi.
E volendo cercare riferimenti ancora più vicini a noi, il cavallo, la tauromachia e i disegni di Picasso hanno ispirato un artista trait d’union tra il pittore e la pista: Bartabas, lo sciamano che ha fatto dell’arte equestre vita e filosofia.
Stefania Ciocca