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Perché il circo equestre no e il teatro equestre si?

Leggo con qualche giorno di ritardo un articolo sul Corriere della Sera in cui, con prosa vivace e ricca di termini, si elogia una performance del famoso Bartabas. Elogi meritati, senza alcun dubbio. Ho il ricordo di un suo spettacolo, intitolato Zingaro, in cui lo scalpitar degli zoccoli si traduceva in sinfonia tzigana ai più alti livelli del diapason. Non si esibiva, Bartabas, conquistava con l’autorevolezza di un Gengis Khan. Quindi, molto appropriate le parole spese in quell’articolo. Però, vista la sede in cui è scritto, una domanda mi sprizza fuori dalla gola e proprio non riesco a trattenerla. E allora, come la mettiamo con il Politicamente Corretto che ogni tanto rispunta con pervicace monotonia e ripete, anche attraverso firme illustri, “Basta circo con animali”? O forse si pensa che il cavallo non sia un animale? Può accadere, intendiamoci. Gli equini schizzano come frecce nelle esibizioni equestri dei carabinieri, vanno lenti in giro per Roma trasportando carrozzelle cariche di turisti ansiosi di vedere il Colosseo, attraversano le campagne trascinandosi dietro carichi di fieno. Fanno parte del paesaggio urbano come del paesaggio agreste, e pure quando ci stravacchiamo davanti al televisore non facciamo fatica, purchè strizziamo un po’ il nostro fido telecomando, a trovare qualche equino che compie eroiche imprese. Però non ci sono dubbi: il cavallo è e resta un animale. E allora, come la mettiamo con il divieto all’impiego degli animali del circo? E’ da escludere che la performance sopra citata sia stata vista come soave manifestazione di grazia e dolcezza fra uomo e animale. Bartabas a cavallo è un satanasso e a tutto può far pensare fuorchè a una performance da libro Cuore. Polso d’acciaio, e poche storie: se no, certi risultati non si ottengono. E allora, ripeto, come la mettiamo con il Politicamente Corretto? Qualcosa che non funziona qui c’è, e io non ho dubbi su quel qualcosa. Ideologismi alla moda che vanno ben al di là della zoofilia, materia che coltivo anche a livello professionale da mezzo secolo e sono ben lungi dal rinnegare. Parlo di ideologismi per primi della classe, che tanto si affezionano al loro status di primi della classe da dimenticare che esiste anche quella realtà che si chiama storia dell’uomo.
Ruggero Leonardi