Leggo volentieri la rivista Juggling perchè mi offre ampia visione di un mondo, quello della giocoleria, che va ben oltre gli steccati di una semplice disciplina circense. Meno volentieri mi soffermo su concetti ripetitivi che in una forma o nell’altra sempre a una conclusione unilaterale conducono: viva il nuovo proposto da noi, abbasso il vecchio proposto da altri. Sul numero 52, a pag. 46, leggo la recensione di “Le Cirque invisible” presentato al pubblico di Roma da Victoria Chaplin e Jean Baptiste Thierrèe. Scrive Silvio Enea, autore dell’articolo: “Sia che Jean Baptiste faccia il mago clown o componga un surreale tableau vivant, sia che Victoria cammini sul filo a testa in giù o attraverso l’arte dell’obiect trouvè si trasformi in animali o mostri immaginari, entrambi con la loro sensibilità stravolgono la vecchia tradizione circense e le sue rigide regole, i suoi attrezzi e numeri ormai desueti dando vita a un’estetica più vicina a un immaginario contemporaneo”. Quello spettacolo, negli anni ’70, io lo vidi più di una volta a Milano assieme all’amico Fantasio Piccoli, autore e regista teatrale. Entrambi fummo presi da entusiasmo che esprimemmo su carta stampata: Fantasio su Oggi di cui era critico teatrale, io su Sipario di cui ero collaboratore. Ma a entrambi parve più opportuno parlare di una esibizione che trasferiva l’arte circense a emblema di “poesia scenica”. Perchè parlare di “stravolgimento”? Certo è un termine politicamente corretto, e magari adatto a parlare delle miserie politiche attuali. Ma in questo contesto pare usato per cancellare, con un solo colpo di spugna, un patrimonio di cultura circense che ha più di due secoli di vita. Mi interessa sottolineare queste poche righe perchè non sono casuali. Anzi, è vero il contrario. Non c’è pagina di Juggling che non lo lasci intendere. L’antagonismo fra presunti passatisti e sedicenti innovatori è antico quanto la vita artistica dell’uomo. Forse è addirittura positivo, per la storia movimentata dell’arte circense, che si crei questa dialettica. Purchè non si traduca nella semplicistica logica traducibile in un semplicistico “Io sono il bene, tu sei il male”. Nella nostra miserabile dialettica destra-sinistra succede tutti i giorni, ma non è certamente auspicabile che si trasferisca in un’arte che non ha l’età né di Berlusconi né di Prodi e, al contrario, vanta le sue radici nella fase primigenia della creatività umana.
Ruggero Leonardi