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di Flavio Michi

Orlando Orfei con Giovanni XXIII
C’era una volta IL Circo Orfei! Fino alla fine degli anni ’50 era il grande Orlando a percorrere l’Italia con il suo Circo Nazionale Orfei! Agli inizi degli anni ’60 la situazione era già mutata: i componenti di una grande famiglia, si sa, hanno bisogno del loro spazio e, nel nostro caso, del loro circo! A ognuno il suo “mestiere” è un proverbio che si addice proprio perfettamente!
In un articolo del 1968, intitolato “il quarto circo orfei” si legge: “E adesso i circhi Orfei sono quattro. Il “nuovo” debutta stasera a Carpi, come vuole la tradizione di famiglia, che ha sempre imposto quella “piazza” per ogni battesimo, e si intitola a Miranda Orfei, sorella di Orlando, il domatore di leonesse e iene. Il circo è diretto dal figlio di Miranda, Massimo (che, in realtà, ha il cognome di suo padre, l’acrobata Manfredini).
L’ufficio stampa del circo precisa: non si tratta di una nascita, ma di un ritorno, poiché, vent’anni addietro, Miranda aveva già un suo “mestiere”. Comunque sia dal novembre 1960, la famiglia Orfei si dimostra molto prolifica, anche in materia di nuove tende: allora, vi era un solo chapiteau, quello di Orlando, oggi al suo si debbono aggiungere quelli di Liana, di Moira e, ultimo – vien voglia di dire “per ora” – quello di Miranda-Massimo, che si prepara a una tournée di rodaggio in Emilia”.
L’autore aggiunge: “provate ad affrontare l’albero genealogico di una famiglia circense, e vi accorgerete di quanto sia difficile avere le idee chiare”. Era il grande Massimo Alberini, il giornalista de Il Corriere della Sera, grande esperto di circo. Se dovesse riscrivere il suo pezzo ai giorni nostri chissà quanto tribolerebbe alla ricerca di parentele, che spesso non ci sono, tra i nomi altisonanti dei circhi Orfei! E dovrebbe cambiare anche il titolo in “il venticinquesimo circo orfei”! Se i complessi che portano questo nome non sono venticinque poco ci manca e anche questo record sarà battuto presto. Ne siamo certi!
E’ un fenomeno molto singolare che crea molti interrogativi negli addetti ai lavori del settore, ma anche nel pubblico: “Ma sono tutti Orfei?”, “Chi è questo Orfei? Dev’essere un parente…”, “Un altro? Ma ne è appena passato uno…”, “ma è piccolo! Dev’essere un pezzo di quello grande!”. Il pubblico si interroga. Proviamo a porci qualche domanda anche noi analizzando questo fenomeno e facendo qualche osservazione. Dobbiamo dire che non siamo i soli, qui in Italia, ad avere così tanti circhi della stessa famiglia. In Francia ci sono state battaglie contro i tanti Bouglione e Zavatta, per esempio. Quando Orlando si trasferì in Brasile, nel 1968, per una tournée dalla quale non sarebbe più rientrato nel suo Paese, lasciò spazio a Moira, Liana Nando e Rinaldo, Miranda e ad altri complessi più piccoli come il Circo Oscar Orfei, che già esisteva a metà degli anni ’50 (e si chiamava all’epoca Circo Fratelli Orfei, gestito da Amedeo, Evelina, Francesco e Oscar), al Circo Amedeo Orfei, ai quali si aggiunsero poi i vari Ersilia, Lina e Paride. Possiamo dimenticarne uno, ma in sostanza erano questi. Non si davano fastidio comunque. Ognuno aveva i suoi spazi. Nel 1977 Liana, Nando e Rinaldo, grandi protagonisti con il ‘Circorama’ e il ‘Circo delle Mille e una Notte’, si divisero dando vita a due complessi: Liana e Rinaldo Orfei da una parte e Nando con il “Circo delle Amazzoni” dall’altra. Nel 1984 Liana si stabilì definitivamente a Roma creando il suo “Golden Circus”, mentre i fratelli continuarono, prima da soli e poi entrando in società con altri complessi, portando ‘in dote’ il loro nome famoso. Quasi contemporaneamente abbiamo assistito alla nascita del David Orfei, della famiglia Rossante, con la collaborazione dell’inglese David Roscoe, Orfei, anche lui. Era un buon circo sicuramente che non deludeva né per come si presentava né per lo spettacolo che offriva al pubblico. E non era l’unico a presentarsi bene. Il problema è che in breve tempo i circhi Orfei diventarono tanti, troppi, e a tale proposito ricordiamo parecchi editoriali del Presidente Palmiri sull’argomento. Col passare del tempo la situazione non cambiava. Anzi, semmai ne nascevano ancora di nuovi: qualche volta l’Orfei in questione esisteva davvero e si presentava nello spettacolo del circo che portava il suo nome, altre volte, invece si trattava di un vero e proprio affitto del nome. Con il loro inarrestabile proliferare abbiamo assistito ad un cambio di passo nella loro presenza sulle ‘piazze.’ Tutti quanti loro miravano alle città entrando quindi in concorrenza con gli Orfei più blasonati. Uno di questi, il Moira, che non ha nemmeno bisogno di esporre il cognome, iniziò una decina d’anni fa una battaglia legale contro l’utilizzo, potremmo dire improprio, del nome Orfei. Non vogliamo però entrare nel merito della questione, ma solo evidenziare che per diversi anni abbiamo quindi assistito al fenomeno inverso: la scomparsa progressiva del nome Orfei dai manifesti, per vari motivi, soprattutto di natura legale. Chissà se il pubblico ha fatto in tempo ad accorgersene. Solo pochi anni e il fenomeno è ripreso, anche più di prima, con un numero considerevole di direttori artistici, Orfei, naturalmente! Quest’estate bastava percorrere un tratto delle nostre coste per trovare la pubblicità di un circo Orfei in una località balneare, di un altro nella località vicina e così via per chilometri. Il pubblico normalmente non legge attentamente i manifesti, anche perché o li vede guidando la macchina, di passaggio, o comunque in modo distratto. In pratica legge sempre lo stesso nome! Sembra sempre il solito circo. Solo noi appassionati li riconosciamo a di- stanza e sappiamo di cosa e di chi si tratta. Non c’è personalità in tutto questo.
Purtroppo non si guarda troppo avanti, neanche al giorno successivo, a domani, utilizzando il nome Orfei per quello che si crede un profitto maggiore per oggi. In poche parole si pensa troppo spesso ad un guadagno immediato. Questo è il punto.
Nando Orfei con Sandro Pertini
Tanti bei complessi, per carità, con ottimo materiale e in qualche caso anche con un buon spettacolo che non fa sfigurare il ‘casato’. All’assemblea annuale dell’Ente Circhi, lo scorso 8 marzo, Paride Orfei, il figlio di Nando e Anita, mi ha mostrato il suo certificato di appartenenza all’Ente chiedendo: ‘cosa noti di strano?’ Non ci ho fatto caso ma in realtà, come mi ha fatto notare, la sua impresa si chiama ‘Piccolo Circo dei Sogni’: non compare il nome di famiglia! Crediamo sia più produttivo, a lungo termine, credere in un progetto che valorizzi il proprio nome, lo affermi, lo faccia prevalere sugli altri proprio differenziandosi. Pensiamo ad un Royal, ad un Acquatico Bellucci, al Magnifico Acquatico degli Zoppis, solo per citarne alcuni. Un NON Orfei, in pratica. E ci sono bellissimi nomi, tra i circensi, che crediamo potrebbero funzionare altrettanto bene. Basterebbe crederci un po’ di più, avere amor proprio e non confondersi con gli altri. Ognuno è libero di fare e di pensare come vuole, ma forse qualcuno, prima o poi, farà un manifesto con la scritta “io non sono Orfei” e, naturalmente, in qualche modo userà il nome Orfei. Sarebbe veramente paradossale. Un sito internet che si occupa della diffusione dei cognomi in Italia riferisce che gli Orfei, nel nostro paese, sono 259. Togliendo le omonimie ci sono comunque tanti nomi non ancora utilizzati rispetto a quelli in circolazione. E ci auguriamo che lo rimangano. La gente conosce Moira, Nando, Rinaldo, Liana: questi sono dei personaggi. Hanno fatto circo, cinema, televisione. Fanno parte della storia dello spettacolo italiano da più di cinquant’anni. Tutti gli altri, non ce ne vogliano, chi sono? Qualcuno fa circo e lo fa bene, altri fanno parte della famiglia ma non lavorano in circo. La gente non li conosce. Ricordo che nel 2004, scherzando sulla mia amicizia con Stefano Orfei Nones, Enis Togni mi salutò così, come altre volte: ‘buongiorno Flavio Orfei!’. Gli risposi: ‘Guardi, adesso non è il momento, ma fra un po’ apro anch’io!’. Si mise a ridere, ovviamente. Io scherzavo, ma se questo fenomeno non si arresterà qualcuno potrebbe usare anche quel nome. Non suona poi così male.

L’articolo compare sulla Rivista Circo ottobre 2012.