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Adriàn Schvarzstein è estremamente attivo e poliedrico. Basta dare un’occhiata al suo sito web per rendersi conto dei personaggi e degli spettacoli che ha creato e con i quali gira il mondo. Lo incontriamo nel foyer del Teatro Franco Parenti la sera della prima di Circus Klezmer, ancora in abiti di scena, con birra alla mano e un piede nel ghiaccio, perchè “prima dello spettacolo, durante le prove sono caduto dai gradini e mi sono distrutto”.
L’umorismo, tipico della cultura ebraica, è in realtà l’umorismo universale di chi ride di se stesso: “E perciò è come aver fatto un viaggio turistico, culturale, teatrale ma che alla fine parla di tutti quanti noi”.
Il viaggio personale di Adriàn inizia in maniera accademica, però non in teatro: la sua formazione è quella di archeologo. Il circo e l’arte di strada esercitano però un’attrazione difficile da ignorare e Adriàn inizia a fare qualche esperienza già nel 1989. La prima vera esperienza importante avviene a Tel Aviv poichè Adriàn effettuava i suoi studi di archeologia nella vicina Gerusalemme. Questa prima prova risale al Barbiere di Siviglia per la regia di Dario Fo. Poi nel 1993 inizia a lavorare sempre di più fino al 1995 quando “sono scappato con un gruppo di teatro di strada, un po’ come Pinocchio”. Nel 1999 passa con il Circus Ronaldo la cui cifra stilistica è quella di essere puro e semplice. E’ la stessa caratteristica di Adriàn a cui piacciono molto le cose più semplici “vado spesso a vedere altri spettacoli di circo-teatro e mi piacciono proprio quelli più semplici, è bello godere del momento! Per esempio, il Cirque du Soleil è bellissimo ma dopo un mese lo hai dimenticato: riempie gli occhi con la tecnica e la bellezza estetica ma non riempie il cuore. La vera differenza la fa uno spettacolo che fa sognare e che tocca il cuore”.
La predisposizione all’apertura da parte del pubblico passa invece dalla rottura degli schemi canonici che rischiano di portare all’abitudine: Circus Klezmer inizia nel foyer del teatro, quando la gente comincia a spazientirsi e desidera solo andare a sedersi, aspettare che il sipario si apra e tutto abbia inizio. “Il guaio è che non dobbiamo abituarci, dobbiamo sempre essere disposti ad accettare il nuovo”. E se il pubblico non gradisce? “Va bene lo stesso, è nel comportamento umano. Il circo non esisterebbe senza pubblico, senza il contatto che si viene a creare e senza quella tensione, se poi qualcuno che cerchiamo di coinvolgere sembra non gradire è meglio perchè scatta la sfida. Mi è successo a settembre quando in Austria ho messo in scena un’opera (La Barca, ndr), in una situazione in cui il pubblico era esattamente il tipo di pubblico che ci si aspetterebbe di vedere alla prima di un’opera. Un signore era molto ritroso, quasi arrabbiato ma la sfida di coinvolgerlo nel gioco è bellissima: primo perchè si trascina il resto della sala dalla propria parte, non contro di lui ma propenso a fargli capire che tanto non succede nulla. E poi durante tutto lo spettacolo lui vive con la tensione di poter essere chiamato in causa ogni momento, e alla fine si scioglie, ride e si diverte. Lui al termine ha persino chiesto scusa!”.
Quando parla della sua professione Adriàn la definisce la più bella del mondo, permette di scoprire tante cose e di crearne di altrettante: “Non si finisce mai di avere idee perchè è pieno di cose bellissime! Mi piacerebbe, tra i prossimi progetti, creare un’opera barocca, un Don Chisciotte che, stando ai documenti che abbiamo, si faceva nei mercati di Francia nel XVIII secolo e che mescolava circo, arte di strada…. insomma un’opera di strada”. E’ degna di nota questa continua giustapposizione del circo e dell’arte di strada all’opera, quasi a volerle mettere sul medesimo piano, anzi, a voler garantire maggior dignità al circo, sommo strumento di comunicazione attraverso cui raccontare una storia: “Sei mai stata a vedere Aida all’Arena di Verona? Bellissimo, però basta… Non crea un pubblico nuovo come invece il circo sa fare e non dice più nulla di nuovo”.
Lo spunto per raccontare una storia attraverso il circo può essere dunque una documentazione del XVIII secolo, può essere un’opera già esistente, un’idea da scrivere, una suggestione come i quadri di Chagall per lo spettacolo Circus Klezmer, oppure può essere anche solo una fotografia, come nel caso dell’ultimo spettacolo ideato da Adriàn, Call Me Maria: “Dopo la seconda guerra mondiale, quando sono arrivati gli americani in Europa, a Barcellona è successo come da voi nel Sud, ma da noi in Spagna nessuno ha raccontato questa storia. Tutto è partito da una fotografia storica, vera: un bar spagnolo e al bancone, appoggiati, i soldati americani belli, impettiti, nutriti. Le ragazze spagnole erano tutte per loro. E dal lato opposto gli spagnoli, avvizziti, denutriti, scuri. Ecco come è nato lo spettacolo Call Me Maria”.
E se davvero il circo può raccontare una storia, comunicare un’emozione partendo solamente da un piccolo e semplice spunto, allora non cesserà mai di toccare il cuore perchè fortunatamente non mancheranno mai quelle idee, piccole o grandi che siano.
Stefania Ciocca