di Maria Vittoria Vittori
L’influenza del circo sul cinema è ben documentata sin dalle primissime para-proiezioni in bianco e nero
alla fine dell’Ottocento. Ma quella sui videoclip non è da meno. Atmosfere circensi sono ben presenti in numerosi cortometraggi televisivi che presentano brani musicali. Maria Vittoria Vittori, grande studiosa degli intrecci fra generi, ne presenta una scelta di certo non esaustiva ma accurata ed affascinante attingendo da straordinari interpreti mondiali e italiani.
Quando, nel buio della sala, improvvisamente si è materializzato lui, David Bowie, con il viso completamente ricoperto di bianco, il sopracciglio disegnato a formare una specie di saetta, il costume scintillante da clown, abbiamo tutti trattenuto il fiato. È vero, eravamo lì per assistere a Moonage Daydream, il film documentario che il regista statunitense Brett Morgen ha dedicato al grandissimo Bowie, artista metamorfico come nessuno mai; eppure, chi si ricordava che nel videoclip Ashes to Ashes David aveva vestito gli sfarzosi abiti del clown bianco? Sicuramente fu proprio questo videoclip, diretto dallo stesso artista insieme a David Mallet, a fungere da apripista per tutti i video ispirati al circo e ai suoi personaggi girati negli anni successivi da artisti di diversa estrazione e cultura musicale. Nel videoclip che accompagna l’omonimo brano musicale contenuto nell’album Scary Monsters (and Super Creeps) del 1980, altre quattro persone in costumi eccentrici e “new romantic” avanzano sulla spiaggia insieme a lui, incalzati da un bulldozer. L’artista impersona una riedizione del maggiore Tom, personaggio che già compariva in Space Oddity, del 1969: ma mentre in questo album era un astronauta hippy che si perdeva nello spazio infinito, qui viene rappresentato come un uomo stanco e depresso, senza ombra di quell’altezzosità tipica del clown bianco, quanto piuttosto con l’esasperazione della malinconia di un Pierrot. È per questo, dunque, che si coniò la nuova espressione di “Blue Clown”: in riferimento non soltanto al colore del magnifico costume realizzato da Natasha Korniloff ma anche alla condizione psichica del personaggio che lo indossava.
Del resto, con Pierrot Bowie aveva una certa confidenza: nella pantomima Pierrot in Turquoise diretta dal mimo e ballerino Lindsay Kemp che debuttò il 28 dicembre 1967 all’Oxford New Theatre di Londra Bowie non si limitò a scrivere le canzoni ma recitò nella parte di Cloud, una sorta di personaggio-narratore intento a raccogliere le confidenze dello sfortunato Pierrot (impersonato dallo stesso Kemp) per meglio ingannarlo. Questa sua formazione eclettica di ballerino, mimo e performer maturata con Kemp gli sarebbe tornata utile sia per la costruzione dei numerosi personaggi che faceva vivere sul palco e nei videoclip sia per poter recitare, senza ricorso ad alcuna maschera ma solo con la duttilità del corpo, nella parte di John Merrick, il più famoso freak della storia, in The Elephant Man, che ottenne uno straordinario
successo a Broadway nel 1980. Lo stesso anno in cui uscì il videoclip Ashes to Ashes, a dimostrazione di un interesse niente affatto occasionale nei confronti dei personaggi circensi e dei freaks. Bisognerà aspettare ancora qualche anno, ma la strada circense al videoclip era ormai aperta: se nel 2006 venne messa in scena Nights at the Circus, la pièce teatrale di Tom Morris ed Emma Rice ispirata all’omonimo romanzo di Angela Carter, l’anno successivo uscì l’album Nights at the Circus di Bishi Bhattacharya, conosciuta con il solo nome di Bishi. Anche se questo è il suo debutto, Bishi, nata a Londra da famiglia bengalese, non è un personaggio qualunque: interprete, polistrumentista, produttrice e dj, è una che ha le idee chiare su cosa vuole e, per il nuovo sound che desidera produrre, ovvero un suggestivo mix tra nuovissimo elettropop e antiche sonorità indiane, il clima ibridato e postmoderno del circo rappresentato da Angela Carter costituisce non un semplice fondale bensì l’ingrediente decisivo. Ed è proprio questo il periodo in cui
le protagoniste della scena pop internazionale si giocano la carta del circo su più tavoli (e tutti vincenti).
Sul piano del videoclip, come fa Christina Aguilera che per il suo Hurt, uscito nel 2006, ricorre al nome molto apprezzato di Floria Sigismondi, regista italiana naturalizzata canadese. Appartenente al suo quinto album intitolato Back to Basics, il videoclip ha come protagonista la stessa Aguilera, qui in versione platinata alla Jean Harlow, nel ruolo di una giovane acrobata di successo che prima dell’esibizione riceve
un telegramma con l’annuncio della morte di suo padre: è certamente un racconto che mira dritto al cuore degli spettatori, ma c’è da aggiungere che l’accurato lavoro di montaggio vale a sventare l’effetto puramente lacrimoso. Chi si gioca la carta del circo in modo del tutto strumentale è l’esuberante Britney Spears che nel videoclip Circus uscito nel 2008 offre una versione smaccatamente sexy di acrobate, equilibriste, domatori e giocolieri: tutto ciò che le sta intorno e si muove insieme a lei viene doverosamente britneyzzato.
Ma se c’è qualcuna che è disposta a mettersi veramente in gioco, questa è l’eccentrica Pink, nome d’arte della cantante e autrice statunitense Alecia Beth Moore: memorabili le sue performance al tessuto aereo nel videoclip di Glitter in the Air, e durante la cerimonia di consegna dei Grammy Award avvenuta nel 2010. E come dimenticare che qualche anno dopo, nel 2013, l’acclamatissima Lady Gaga lancerà il suo personale omaggio al mondo circense con Applause?
All’insegna del proclama “l’arte è nella cultura pop”, nel videoclip che fa da apripista all’album Artpop l’artista dà vita ad una sequenza vertiginosa di figure metamorfiche ispirate sia alla cinematografia di Tim Burton sia alle atmosfere circensi.
E qui da noi, nel nostro panorama musicale, come siamo messi in quanto a passione circense? Si potrebbe dire che esistono diversi gradi di coinvolgimento: c’è chi si è ispirato, peraltro in modo molto suggestivo, al peculiare clima circense – vedi Renato Zero con Il carrozzone e De Gregori con La donna cannone – chi ha girato videoclip all’interno del tendone come ha fatto Piero Pelù per Vivere il mio tempo o chi, come Cesare Cremonini, si gioca la carta di un magnifico videoclip d’autore. Lui, al pianoforte, esegue
il pezzo intitolato Il pagliaccio, con trucco e abbigliamento da clown; e all’improvviso, dall’interno del suo cappello a cilindro, sbocciano mondi sempre diversi e fittamente popolati di acrobati, giocolieri, equilibristi che sono insieme tragici e comici, sublimi e sfacciati. Il videoclip, straordinariamente bello, è dell’artista bielorusso Alexey Terexov.
Più o meno nello stesso periodo, nel 2010, Vinicio Capossela si ispira al fertile immaginario dei sideshow per mettere in scena Solo show, un suggestivo concept album che è anche dvd registrato dal vivo, in cui si avvale di due inusuali compagni di avventura: il Gigante Marco Cervetti e il Mago Christopher Wonder.
Ma anche per quanto riguarda l’Italia dobbiamo affidarci alle donne per esperimenti più audaci: ce l’abbiamo anche noi la nostra Pink ed è Giusy Ferreri. Che nel videoclip Noi brave ragazze realizzato nel 2012 presso la Piccola Scuola di Circo di Milano, con la supervisione di Claudio Madia, non si limita
a mettere in scena figure di acrobate che eseguono volteggi: è lei stessa a cimentarsi in esercizi al tessuto aereo. E, in un’intervista rilasciata a Alessandra Borella, dichiara di aver appreso le principali tecniche di danza aerea dalle acrobate circensi Iglis, Sayla e Sandy Rossi. Ora, da una come lei che si è lasciata trascinare dalla sua dichiarata passione per il circo, le atmosfere felliniane e le trapeziste di Wim Wenders fino al punto di mettersi in gioco, è lecito aspettarsi ancora qualcosa di nuovo e di sorprendente.
Articolo apparso sul decimo numero della rivista Circo – Circo e Cinema, inverno 2022