di Alessandro Serena
Ormai per raccontare questa sontuosa edizione del Festival del Circo di Monte Carlo bisogna procedere per titoli come si fa per i più importanti festival del Cinema. Lo spettacolo di selezione di sabato 19 gennaio sarà ricordato come uno fra i più forti della storia della manifestazione con una varietà e qualità rari da vedersi nelle piste di tutto il mondo salutate da pubblico e critica in un modo che non lascia adito a dubbi.
La leggenda dell’uomo che parla ai leoni
Martin Lacey Junior, un uomo solo in mezzo ad un gruppo di 26 felini fra leonesse, leonesse bianche, tigri bianche, leoni e leoni bianchi. Animali che pur apparendo pieni di personalità rispondono alla perfezione ai comandi dell’addestratore, come quando quasi tutti si siedono attorno all’inglese e ad un suo comando alzano le zampe anteriori verso il cielo, un’immagine da brividi. Oltre a poter ammirare eseguito alla perfezione un repertorio vastissimo di esercizi della disciplina, quello che prende il cuore è il carisma dell’artista unito all’empatia del rapporto che Lacey instaura con i propri compagni di avventura e che emana in maniera indiscutibile guardando la performance. Il suo stile è cambiato negli anni, se possibile è persino migliorato, non lascia spazio a infiorettature, è tutto concretezza e lavoro. In questo modo si sviluppa attorno all’artista un’aura che avvolge lui e tutti i suoi animali. I momenti più dolci, come quando si butta a terra fra quattro grandi felini per giocare con loro, sono da brividi. Martin Lacey in questi giorni ha inoltre dato più volte prova di sé anche in altri contesti, durante la conferenza stampa con il Dottor Alain Frere o durante le sessioni di lavoro aperte al pubblico, dimostrando ancora una volta come il suo progetto di tenere al centro il rapporto fra uomo e animale sia del tutto azzeccato. Martin ha sempre avuto standing ovation durante gli spettacoli, ce ne vorrebbe una ogni volta che passa anche solo per la strada diretto ai grandi spazi dove sono accolti i suoi animali.
La favola dei doni allo Zar
Maestoso per confezione e sfarzo il lavoro di Gia Eradze nell’opening, finale, balletti e nei due numeri presentati in questo spettacolo di selezione. In particolare si trattava del quadro bianco, un elegante tableaux dove gli occhi dello spettatore si riempiono di immagini potenti e oniriche allo stesso tempo. Sei angeli con grandi ali che si spiegano e si richiudono. Pegaso, il mitologico cavallo alato. Un angelo femmina che danza con un cerchio aereo. Un pianoforte a gran coda, sul quale si esibisce un equilibrista classico ai bastoni mentre dallo strumento musicale zampillano fiotti d’acqua a tempo di musica. Una coppia di innamorati danza in cielo sospesa ad un tessuto volante. Tutto eseguito con gran tecnica e con grande lusso con attenzione alle coreografie e costumi che ricordano quelle di Las Vegas o delle grandi riviste parigine ma portate ad un livello superiore.
Ancora più sorprendente il numero delle sei grandi uova Fabergé (i celebri doni fabbricati dal leggendario orefice per lo Zar Alessandro) dalle quali appaiono altrettante coppie di trasformisti che durante i rapidi cambi di abito utilizzano sfarzosi ventagli, tessuti e altri accessori formando linee, figure di insieme, movimenti che ubriacano letteralmente lo spettatore. Una disciplina che i russi avevano fatto conoscere nel mondo dagli anni Ottanta con i Sudarcikovy, ma ora scopre altri orizzonti e nuove affascinanti potenzialità. Il Royal Circus di Gia Eradze sembra davvero un circo imperiale da ogni punto di vista.
Amore gitano
Eccezionale anche il numero di alta scuola di equitazione senza briglie presentato da Yuri Volodchenkov in groppa al bellissimo cavallo Legion e con la ballerina Avelina Kvasova. Anche questa performance è stata impaginata da Eradze con un ricco quadro di apertura di danze gitane ad introdurre l’esibizione. Si tratta di un vero e proprio rituale di corteggiamento con un affascinante rapporto fra i tre protagonisti. Legion appare pieno di personalità, carismatico quanto il proprio cavallerizzo. I complicati passi di alta scuola presentati con disinvoltura e il susseguirsi di corbette eseguite con l’artista sul cavallo sono rarissimi a vedersi e contribuiscono a costruire un’immagine che rimarrà impressa nel ricordo di tutti gli spettatori. Impressionante il finale con Legion che salta la corda impugnata da Yuri.
Il monello e l’elefantessa
Il piccolo figlio di Joy Gartner, Joseph junior di dieci anni, inizia il numero sulle note di un dolce brano tratto da The Greatest Showman vestito da clochard intento a pulire con uno scopino l’elefantessa che (è vero) lo ha visto crescere. La scena è ironica e romantica allo stesso tempo. Molti fra gli spettatori non riuscivano a trattenere le lacrime. La performance poi prende ritmo e i Gartner hanno l’occasione di presentare esercizi della loro tradizione, grandi piramidi con e senza sgabelli e salti mortali (un quadruplo!) con il pachiderma che “batte” la bascula. Il finale è di nuovo commovente con il piccolo monello (che ricorda The Kid di Chaplin) che attende che la sua amica si sdrai al suolo per mettersi comodo fra le zampe e la proboscide e cadere nel sonno. Standing ovation convinta di tutti gli spettatori.
Altra immagine da film quella del tedesco Marcel Kramer che ha presentato un gruppo di cinque bisonti ammaestrati. Quando le montagne di pelo corrono al galoppo attorno alla pista per un attimo pare di essere trasportati nelle ampie praterie americane. Ma gli animali eseguono anche esercizi tipici della libertà equestre, rispondendo ai comandi di Kramer con piroette a coppie o singoli e arresti sugli sgabelli.
Nuovi attrezzi al servizio del virtuosismo
La Troupe Acrobatica Nazionale Cinese ha presentato un attrezzo assai originale. Una tripla pertica collegata al centro che permette allo strumento di restare in piedi senza cavi di ancoraggio e con il suo movimento di presentare figure inedite per la disciplina in uno stile marinaresco. Nel loro portafoglio anche figure classiche ma portate all’estremo come la “bandiera” del più forte della troupe che sostiene sul corpo fino a quattro compagni. Il tutto mai visto prima d’ora.
Le due kazake Nazerke e Yoka hanno presentato degli esercizi di testa a testa già difficili se realizzati a terra, ma presentati stavolta su un hoverboard, ovvero una tavola con ruote orizzontali che si muove automaticamente seguendo i comandi della porteur. Testa a testa con trinca e bastoni fra le mani. Piede in testa con rimbalzo di un pallone sulla fronte e punta di un piede sulla ciambella sulla fronte, il tutto scorrazzando per la pista.
L’ucraino Artem Lyubanevych dal fisico possente ha presentato una performance al palo volante che ha lasciato sconcertati per il suo particolare uso della forza adattato ad una disciplina di solito più danzata. Le salite a dodici metri di altezza con il solo uso delle mani hanno anche un alto grado di pericolosità.
L’essenza del corpo virtuoso
Ma attenzione il Festival di Monte Carlo ci racconta anche che il circo è fatto anche di semplicità. In particolare quest’anno proprio per il grande contrasto con le colossali produzioni di cui sopra. Spiccano numeri eseguiti in tutta semplicità, che non hanno bisogno di grandi mezzi ma invece sì e sempre, di grande tecnica e di grande dedizione al lavoro. È il caso dei fratelli Ruben e Flavio Dias, con una sedia ribaltata e un materassino in mezzo alla pista, con dei costumi quasi austeri, presentano degli esercizi unici nella loro disciplina. Salto mortale in avanti da piedi a piedi, salto mortale e mezzo con arrivo di spalle sui piedi del fratello, serie di sei salti mortali in piroetta consecutivi e la strabiliante serie conclusiva di doppi salti mortali e salti mortali in piroetta. Dei prodigi del loro genere, con un sorriso semplice che diventa disarmante se accostato al coefficiente di difficoltà dei loro esercizi. Figli d’arte, il padre Angel con discrezione li segue dal bordo pista e gli ha insegnato ogni trucco del mestiere. Ma forse trucco è la parola sbagliata. Qui niente trucco e niente inganno. E una convinta standing ovation.
Tutti in piedi anche per la creazione della Troupe Rodion Prilepin di acrobazia in banchina. I quattro artisti russi utilizzano Yesterday dei Beatles per mettere in scena alcuni fra gli esercizi più difficili della loro disciplina. La particolare atmosfera gli dà la possibilità di conferire un ritmo particolare alla performance che diventa quasi più un numero di forza pur restando molto fluido e coinvolgente. Tra gli exploit un triplo salto mortale e un doppio salto mortale con piroetta. Il disegno luci a volte disegnava sulla loro pedana e in pista le leggendarie strisce pedonali della copertina dell’album Abbey Road.
3J Juggling, un bel numero di giocoleria di un trio parte della compagnia di Taras Pozdnyakov. Un passing di clave (fino a 15) molto danzato e con figure originali quasi di contact.
Molta curiosità attorno all’adagio di Charlotte e Nicolas, essendo quest’ultimo il primo monegasco in concorso al Festival dalla sua fondazione. Lo hanno eseguito su di una grande piattaforma alta un metro e mezzo da terra. Quasi un numero di danza acrobatica molto fluido e ben costruito con un finale a occhi bendati raro per questa disciplina.
Nuovi modi per far ridere
Il trio di clown russi Without Socks ha confermato la felice scelta di artisti della comicità di questa edizione. Questi artisti vengono da Ekaterinburg dove la clownerie è di casa e hanno sviluppato tre personaggi molto efficaci e simpatici sia per gli spunti a solo che per gli incroci di relazioni di coppie e di tutto il terzetto. Al Festival hanno presentato tre esilaranti esibizioni. La prima un adattamento del classico numero dell’autoscatto malfunzionante, con il coinvolgimento di uno spettatore. Poi un originale numero che gli ha permesso di mostrare inaspettate doti di ballerini su di una tavola che rispondeva (più o meno) ai loro comandi. Infine un coinvolgente numero musicale che terminava in maniera pirotecnica sulle note di The show must go on.
L’Italia guarda al Festival
Unico rammarico che nessun artista italiano abbia partecipato ad una edizione che verrà ricordata come memorabile. Ma la presenza di Elio Casartelli in giuria e di Enrico Caroli, Daris Huesca e Tommy Cardarelli fra i principali responsabili di pista e logistica, al servizio del direttore artistico Urs Pilz, hanno ricordato che il cuore del circo italiano batte sempre forte per il Festival di Monte Carlo. I giovani artisti nostrani che parteciperanno il 30 gennaio prossimo a Roma alla prima edizione di Viva il Circo, hanno di sicuro fra i loro sogni nel cassetto quello di esibirsi in questa pista, davanti a questi spettatori, e di fronte a colei che sta lottando tutti i giorni per un circo migliore: SAS la Principessa Stephanie di Monaco. Qui nel principato la battaglia è vinta.