“Moira Orfei La Regina” è il titolo della mostra allestita a San Donà di Piave, che sta richiamando un grande interesse di pubblico e anche mediatico. Tutto merito di Moira. Di un ricordo che non sbiadisce e di un fascino che non tramonta. Qualcosa che il tempo non cancella.
di Roberto Bianchin
Tre anni sono un tempo che può sbiadire ogni ricordo. Non tutti i ricordi sono uguali però. Ce ne sono alcuni che non vengono nemmeno scalfiti dalla sabbia della clessidra che scende lenta, inesorabile, senza fermarsi mai. Il ricordo di Moira Orfei, artista di circo, nata Miranda a Codroipo (per caso, 21 dicembre 1931), e scomparsa a Brescia (sempre per caso, il suo carrozzone passava di là, 15 novembre 2015), è uno di questi. E’ rimasto limpido, pulito, intatto, come se lei ci fosse ancora, con il suo sorriso, la sua semplicità, le sue paillettes, quel neo malizioso sulla guancia e la sua leggendaria cofana in testa.
Lo si sente, ed è palpabile, camminando tra la gente – tanta, tantissima, di ogni età e condizione – che affolla la mostra a lei dedicata, “Moira Orfei La Regina”, curata con passione dal nipote Alessandro Serena, storico e docente di circo, e organizzata a San Donà di Piave da “Open Circus”, progetto di “Circo e Dintorni” per la diffusione della cultura circense, d’intesa con l’Amministrazione Comunale, che ha aperto i battenti il 12 gennaio scorso e li chiuderà il 3 marzo. Una mostra colorata e divertente, piena di affetto e di allegria, più che di commozione e nostalgia, rallegrata anche dall’esibizione dei giovani e talentuosi allievi della scuola di circo “Karakasa” guidati dall’eccentrico Antonio Pastrello. Le sarebbe piaciuta.
Come l’avrebbe divertita vedere quanti portano ancora negli occhi e nel cuore la sua immagine. Che ne ricordano il passo elegante, sempre svelto, quasi marziale, quando camminava per la strada. I saluti, gli incontri, la sua cordialità, le sue battute. Sempre disponibile. Perché San Donà, cuore profondo del Veneto, è stata la patria di elezione della Regina, la città che si era scelta per fissare la propria dimora quando non era in tournée col suo tendone. Nella splendida Villa Ancillotto, dove aveva stabilito i suoi quartieri d’inverno, nascevano gli spettacoli che avrebbero poi conquistato il cuore di milioni di spettatori nel mondo. Non a caso il sindaco, Andrea Cereser, sta pensando di fare di questo evento l’inizio di un percorso che potrebbe diventare un appuntamento fisso a livello nazionale, e fare di San Donà, nel nome di Moira, la città del circo italiano. Un progetto ambizioso e bellissimo.
Della storia di Moira, qui sulle sponde del fiume della patria, ciascuno conserva un pezzettino. Da chi la incontrava per la strada a chi andava da ragazza a fare in villa le festine tra studenti, da chi andava lì per qualche lavoretto, chi per fare le pulizie, chi per praticarle delle iniezioni quando aveva l’influenza. La diva aveva una parola dolce per tutti. Perché era una diva senza bisogno di atteggiarsi a diva. Come fanno solo le vere dive.
E che fosse una diva a tutti gli effetti – diva e divina oltre che regina – balza agli occhi in tutta evidenza nelle tre sezioni in cui è divisa la mostra: quella fotografica alla Galleria Civica d’Arte Moderna e Contemporanea, quella dei quadri dipinti dal nipote Riccardo Orfei presso l’adiacente Spazio Mostre Battistella, e quella di costumi, oggetti e memorabilia allestita nel foyer del Teatro Astra. Tre luoghi molto vicini, attorno alla centralissima Piazza Indipendenza. “Quello che emerge è il ritratto a tutto tondo di un personaggio poliedrico, indagato seguendo le traiettorie principali della sua vita, il circo, il cinema, la famiglia, la musica, la televisione, la natura di icona”, spiega Alessandro Serena, che racconta divertito come Moira fosse una donna tradizionalista, così legata alla famiglia, e al contempo una trasgressiva icona gay, fiera delle sue origini sinti.
La sezione fotografica, ideata insieme a Serena da Aurelio Rota, direttore artistico di Lonato in Festival, raccoglie un centinaio di foto, molte famosissime come quelle esposte al Moma di New York, e quella celeberrima che la immortala, giovanissima e statuaria, vista di spalle che cammina per la strada, con gli italiani che estasiati la stanno a guardare. Sono scatti rari, che ritraggono Moira nel suo essere star ma anche negli aspetti più privati. C’è lei con il suo circo, col tendone e le roulottes, i clowns e gli animali, i suoi amati elefanti e le sue adorate colombe (sì, era straordinaria, passava con disinvoltura da quegli enormi pachidermi a quei delicatissimi volatili, ma era stata anche una splendida cavallerizza, trapezista e acrobata). E poi c’è lei stretta intorno alla sua famiglia, l’amatissimo marito Walter (di cui era gelosissima, “se me ne accorgo son dolori”, diceva), i figli Stefano e Lara, i nipotini Moira e Walter Junior.
Poi c’è la Moira attrice, con i manifesti dei numerosi film cui ha preso parte – molti quelli storici in costume – diretta da celebri registi come Pietro Germi (“Si fosse dedicata al cinema, poteva diventare come Sofia Loren”, disse di lei), Mario Monicelli, Dino Risi, e le foto degli attori con cui ha lavorato, vere e proprie leggende come Totò (di cui si favoleggia che le facesse una corte spietatissima), Marcello Mastroianni, Vittorio Gassman, Nino Manfredi, Ugo Tognazzi. C’è molto del circo di Moira anche nei ritratti intensi, colorati, alcuni dichiaratamente naif, che le ha dedicato un altro nipote, Riccardo Orfei, appassionato di pittura e anch’egli importante artista di circo, prima al trapezio e al trampolino, attualmente impegnato in un numero di trasformismo e magia insieme alla moglie Isabella Zavatta.
Colpisce infine – ed è un tuffo al cuore, forse l’emozione più grande – il fantasmagorico abito da sirena, indossato da Moira, che troneggia nel foyer del Teatro Astra, indossato da un manichino che riproduce a grandezza naturale le fattezze della Regina, e che più d’uno (compreso chi scrive) farebbe carte false per portarsi a casa.
Ma non c’è solo la mostra. L’omaggio a Moira comprende anche altre tre iniziative al Teatro Astra, come il “Premio Moira Orfei” che verrà assegnato alla soubrette Brigitta Boccoli (moglie di Stefano Orfei) in una serata speciale intitolata “Una notte per Moira” (con spettacoli, musiche e filmati) il 10 febbraio, uno spettacolo dei mimi Dekru, “Anime leggere”, il 24 febbraio, ed uno della troupe acrobatica dei Black Blues Brothers il 3 marzo, in chiusura della rassegna.
La mostra, appena partita, ha già goduto di un rilievo sorprendente sui mezzi di comunicazione, data anche la scarsa attenzione che questi ultimi (colpevolmente) dedicano al circo di questi tempi. Quattro splendide pagine, prima dell’apertura, sul “Venerdì” di Repubblica, un servizio televisivo molto ispirato sul Tgr del Veneto il giorno dell’inaugurazione, firmato da Curzio Pettenò, uno dei giornalisti più competenti in materia circense, un’intera pagina vergata dalla penna funambolica dell’inviato Toni Frigo su “La Nuova Venezia”, “Il Mattino di Padova”, “La Tribuna di Treviso”, un ottimo articolo di Davide De Bortoli su “Il Gazzettino”, altri pezzi sul quotidiano “Il Piccolo” e su numerosi siti di informazione: da Amici del Circo a Circusfans, Prima pagina, Instart, Italia Star, Eventi Culturali, Kappaelle, Linea Diretta, Ignorarte, Di tutto.it, Europa nel mondo.
Un caso? Niente affatto. Merito di Moira. Di un ricordo che non sbiadisce e di un fascino che non tramonta. Qualcosa che il tempo non cancella.