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di Alessandro Serena

Se c’è un giovane artista italiano del terzo millennio la cui parabola è stata seguita con attenzione dai media e punteggiata da tappe fondamentali, questo è Michael Martini. Sin da quando, a dieci anni appena compiuti, diventa il più giovane performer tricolore ad aver mai eseguito il triplo salto mortale, e fra i più giovani al mondo, attirando l’attenzione degli addetti ai lavori e in generale degli appassionati.

I Flying Martini (con Michael, secondo da sinistra) al Festival di Monte Carlo.

Michael Martini riempie ben presto una casella vacante. In Italia, e forse in Europa, mancava da tempo una stella così luminosa del trapezio volante, una fra le discipline più iconiche del circo. Dopo le origini del mito francese Leotard, ci fu il leggendario Genesio Amadori negli anni Venti, il primo italiano a presentare il triplo, del quale si favoleggia anche di un doppio con presa ad una mano. Martire della disciplina, essendo scomparso in seguito ad una brutta caduta in rete. Poi Enzo Cardona, stella indiscussa degli anni Settanta capace persino di dare il nome ad un esercizio. Poi una donna: Katty Jarz, allora fra le poche al mondo a girare il triplo. Poi gli Jarz stessi maturati da e con alcune generazioni di Togni. E passati poi a far crescere i giovani Orfei da Moira, dove prima Roberto e poi Oscar Papi divennero veri e propri guru della disciplina. Troupe che erano l’ossatura di quei complessi anche grazie alla presenza di qualche star straniera alla quale erano affidati gli esercizi più difficili. Don Martinez, capace di un notevole triplo e mezzo alle gambe, all’epoca una rarità, Lionel Orzan, ed altri. In seguito, all’Accademia del Circo di Egidio Palmiri il trapezio volante fu l’unica disciplina di gruppo che veniva insegnata, con discreti risultati e le saette luminose di Ruby Merzari e Christian Bellucci, che riuscirono a presentare il triplo, anche se non per lunghi periodi. Poi prese la scena la Troupe Vulcanelli, ma ad eseguire il triplo era il bulgaro Miltcho Kolev, marito di Gilda.

Michael al New Generation

Tornando ai nostri giorni, non appena Michael comincia a fare il fenomeno, Fabio Montico lo vuole nel suo festival. Come ormai d’abitudine Latina apre le porte alla gloria, e il successo nel Lazio proietta il ragazzo verso Monte Carlo, dove al New Generation conquista l’Oro nel 2013, statuetta consegnatagli dalle mani della Principessa Stéphanie e della figlia Pauline. Sono anni di successi anche mediatici. L’iscrizione, per più volte, nel Guinnes dei Primati, un “cameo” in un film di Matteo Garrone, una parte più rilevante in un’opera di Walter Veltroni, le visite a Papa Francesco. L’immagine del “bambino prodigio” evidentemente aiuta questa esposizione. E l’attenzione si rivolge anche ai fratelli Angela e Yuri, a dimostrazione, peraltro, che il trapezio è un numero di squadra. Infatti, fra i numeri del circo è quello che maggiormente richiede un lavoro di gruppo.

Angela e Michael Martini premiati al New Generation 2013
da S.A.S. Stéphanie e Pauline.

È tutto costruito su dei tempi quasi da orologio a pendolo. Il porteur che comincia ad oscillare e ad un certo preciso momento urla un “ap”. L’agile che parte da un’altezza diversa della banchina a seconda del trucco da girare. Entrambi che con dei movimenti del corpo riescono ad accelerare o rallentare il loro altalenare per arrivare nel momento esatto nel punto esatto. L’agile che da un colpo di reni, si stacca ed esegue l’esercizio, come ad incastonarlo in un gioiello già di per sé prezioso. La presa, momento determinante. L’ulteriore oscillazione compiuta insieme. L’aiuto di un altro agile che deve rimandare indietro il trapezio al momento esatto. Il distacco (ma come? Ora che mi avevi preso mi molli di nuovo?), il ritorno alla barra, magari accompagnato da una piroetta o un altro esercizio, quasi un vezzo a quel punto. Ed infine l’arrivo in banchina. Che metafora in questo esercizio. Ci si potrebbe leggere di tutto.
Si tratta inoltre di una disciplina nella quale entrano perfettamente in gioco due fra gli aspetti principali che determinano la buona riuscita di un numero: la tecnica ed il carisma. Infatti, nella storia si sono distinte delle stelle assolute capaci di padroneggiare l’una e l’altra. Nel secolo scorso i “volanti” più forti sono arrivati dal Sud America. Sin dagli anni Venti con la leggenda della Belle Èpoque Alfredo Codona (1883-1937), agile di estrema eleganza, il primo artista al mondo a eseguire il triplo salto mortale in maniera costante durante lo spettacolo. Poi con Tito Gaona, messicano d’origine, considerato il migliore trapezista prodottosi sulle piste internazionali dal Dopoguerra sino agli anni Novanta che determina la consacrazione dello stile sudamericano, fatto di ritmo e temperamento, e inventa nuovi, difficili esercizi, come il doppio salto mortale con doppia piroetta, o la doppia e tripla piroetta nel percorso di ritorno dal catcher al trapezio. Clown d’Oro a Monte Carlo nel 1978. Quattro anni dopo, nel 1982, un diciottenne messicano viene afferrato dal fratello al termine di un incredibile quadruplo: si tratta di Miguel Vazquez, primo artista della storia a eseguire questo esercizio. Oro a Monte Carlo nel 1990. Delle icone della cupola.
Gran parte del merito del livello raggiunto dai Flying Martini va al loro coach, guarda caso messicano: Renè Rodogell. Artista ad ottimi livelli negli anni ’90, con i numeri di bascula e trapezio volante. Capace di trasmettere le tecniche più difficili con competenza ed in particolare empatia, mettendosi scientemente sullo stesso piano dei propri allievi, fino a divenirne una sorta di fratello maggiore. Una preparazione attenta e graduale che parte dal trampolino elastico, ottima palestra per il trapezio, e passa anche dalle bascule. Con la possibilità di seguire passo dopo passo i miglioramenti e indirizzarli. Da ricordare il ruolo dei genitori, Darix e Sabrina, che hanno sempre incoraggiato i sogni dei figli. E la buona solidità economica del complesso di famiglia che ha permesso loro interventi anche concreti, in termini di ingaggi di partner e porteur, costruzione di attrezzi, continuità nelle prove, ecc. E pensare che ai loro inizi il numero veniva mostrato al pubblico confessando che si trattava di un work in progress.

Michael abbracciato dal padre Darix a Monte Carlo

Un lavoro di anni che permette a Michael di approcciare e poi realizzare l’esercizio leggendario, il quadruplo salto mortale. Di nuovo un passaggio a Latina e poi il palcoscenico più ambito, il Festival di Monte Carlo, questa volta “dei grandi”. E in effetti, per chi lo ha seguito da anni, una cosa è certa, il “piccolo principe” del trapezio da coscienzioso studente si è trasformato in un leader. Come quando arriva Del Piero alla Juve e poi piano piano diventa il capitano. Ed è infatti Michael ad affermarsi come il primo italiano ed europeo capace di eseguire un quadruplo e a guidare la sua squadra ad uno splendido Argento, che per i molti sostenitori avrebbe potuto forse anche essere un metallo più prezioso. Ora è grande tra i grandi, si dà del tu con gli altri fenomeni attuali del trapezio, i Tuniziani, i Vasquez, i Caballero, Juan Cebolla Gasca. Con i quali è in costante contatto per scambiarsi consigli, racconti e complimenti. Esistono interviste realizzate nelle varie fasi della crescita che da una parte segnalano in maniera evidente il passare degli anni e il crescere delle responsabilità e dall’altra invece evidenziano dei punti fermi. La dedizione enorme per le prove, svolte con il piacere di prepararsi a crescere in ciò che più si ama. Un gioco che diventa realtà. Peraltro uno dei capisaldi della formazione nelle famiglie circensi. Con la consapevolezza che la fatica, se così si può chiamare, torna tutta sotto forma di risultati. In una recente conversazione Michael ha dichiarato che tra i suoi sogni il più importante è quello di “provare a trasmettere al pubblico la metà delle emozioni che proviamo noi lassù in alto”. Si può affermare senza ombradi dubbio che anche questo desiderio si sia realizzato.