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Maltrattamento degli animali: una importante sentenza della Cassazione

Una sentenza, fresca fresca (depositata il 26 marzo) della Corte di Cassazione, mentre afferma un principio sacrosanto, cioè che non esiste impunità verso chi maltratta gli animali e questo vale per tutti, compresi i gestori di circhi, che sono tenuti a prendersi cura degli animali, della loro salute e benessere, mette una serie di paletti interessanti che dovrebbero indurre tutti ad una maggiore ragionevolezza e pacatezza.
La terza sezione penale della Corte di Cassazione (sentenza n. 11606/12) ha stabilito che tutti gli animali possono essere vittime del delitto di maltrattamento di cui all’art 544 ter del codice penale, in quanto ‘‘l’articolo 19 ter, disposizioni di coordinamento del Codice Penale, non esclude in ogni caso l’applicabilità delle disposizioni del Titolo IX-bis del Libro Secondo del codice penale all’attività circense ed alle altre attività menzionate, ma esclusivamente a quelle svolte nel rispetto delle normative speciali che espressamente le disciplinano”.

La sede della Corte di Cassazione a Roma
La sentenza si riferisce ad una decisione del Tribunale di Pistoia e riguarda peraltro una struttura che non rientra nei parametri canonici del circo. Tale struttura era stata oggetto di un provvedimento della Procura di Pistoia, accusata di “condotte omissive derivanti da incuria ed inosservanza dei principi riconducibili alle caratteristiche etologiche degli stessi animali, cagionava loro lesioni. Nello specifico, cagionava loro uno stato di grave sofferenza e decadimento dello stato di salute, ed in alcuni casi inerenti i volatili vere e proprie lesioni dell’integrità psicofisica, come riscontrato nelle indagini.” La medesima struttura era stata però assolta dal Tribunale di Pistoia proprio in relazione all’articolo 19 ter delle disposizioni di coordinamento del codice penale in quanto il fatto non è previsto dalla legge come reato. In buona sostanza il Tribunale di Pistoia aveva sostenuto che la la legge 189 del 2004 ha escluso la punibilità di quelle attività che hanno un rilievo sia di carattere commerciale che ludico, e quindi economico, vale a dire le attività speciali in materia di caccia, pesca allevamento, trasporto, macellazione degli animali, sperimentazione scientifica, giardini zoologici ed anche quella circense, oltre a tutte le altre leggi speciali in tema di animali.
La Procura di Pistoia ha proposto ricorso in Cassazione contro la sentenza di assoluzione del Tribunale di Pistoia, in quanto “esclusivamente fondata sull’erronea interpretazione dell’art 19 ter delle disposizioni di coordinamento del codice penale”.
La Corte di Cassazione ha confermato la giustezza dei rilievi mossi dalla Procura: non è ammessa impunità verso chi maltratta gli animali. E ci mancherebbe che fosse giustificato il contrario! Anche chi esercita l’attività di cacciatore, pescatore, circense, ecc. non beneficia di zone d’ombra non punibili dalla legge nei casi di maltrattamenti acclarati.
Bisogna fare un passo indietro. La legge 20 luglio 2004 n.189 (“Disposizioni concernenti il divieto di maltrattamento degli animali nonché l’impiego degli stessi in combattimenti clandestini o competizioni non autorizzate”) ha stabilito che “le disposizioni del Titolo IX-bis del Libro Secondo del codice penale non si applicano ai casi previsti dalle leggi speciali in materia di caccia, di pesca, di allevamento, di trasporto, di macellazione degli animali, di sperimentazione scientifica sugli stessi, di attività circense, di giardini zoologici, nonché dalle altre leggi speciali in materia di animali e che le medesime disposizioni non si applicano, altresì, alle manifestazioni storiche e culturali autorizzate dalla regione competente.” E fin qui tutto logico ma – ha stabilito la Corte di Cassazione – “l’eccezione deve ritenersi operante solo nel caso in cui le attività in essa menzionate vengano svolte entro l’ambito di operatività delle disposizioni che le disciplinano e che ogni comportamento che esuli da tale ambito è suscettibile di essere penalmente valutato.” Ha infatti sottolineato che “la ratio ispiratrice della norma è quella di escludere l’applicabilità delle norme penali poste a tutela degli animali con riferimento ad attività obbiettivamente lesive della loro vita o salute a condizione che siano svolte nel rispetto delle normative speciali che le disciplinano perché considerate socialmente adeguate al consesso umano.”
In buona sostanza, ha detto la Cassazione, ci sono dei limiti invalicabili che, una volta superati, fanno scattare il reato di maltrattamento.
Ma vi è un aspetto particolarmente delicato sul quale la Corte di Cassazione non ha mancato di puntualizzare e riguarda le “linee guida Cites per il mantenimento degli animali nei circhi e nelle mostre itineranti”.
Si legge nella sentenza: “La funzione meramente consultiva della Commissione e l’ambito di operatività delimitato dalla specifica materia disciplinata dalla Legge 150/92 evidenziano un’efficacia particolarmente contenuta, pur consentendo l’utilizzazione di tali linee guida come utile criterio di riferimento per eventuali valutazioni anche riguardanti il rilievo penale di determinate modalità di detenzione.
Nell’Allegato A viene peraltro espressamente specificato che la valutazione sullo stato di benessere dell’animale deve, in ogni caso, essere effettuata in modo globale, da personale qualificato, tenendo anche conto di particolari esigenze locali, stagionali o legate a singoli animali, che, sebbene possano portare ad un parziale scostamento dai requisiti stabiliti, non compromettano il benessere animale, con la conseguenza che il mancato rispetto di uno o più dei requisiti non integra automaticamente il reato di maltrattamento, la cui valutazione la Commissione rimette al personale qualificato e incaricato dall’Autorità competente, richiamando la Legge 189/2004”. Aspetti che di solito non vengono tenuti nella dovuta considerazione soprattutto da parte dei gruppi animalisti. Mentre alcune amministrazioni comunali hanno pensato di poter utilizzare le linee guida come un “grimaldello” per aggirare la legge 337 del 1968, che invece i giudici della terza sezione penale della Cassazione, citano come la normativa di riferimento per iniziare ad orientarsi in questa materia, che si apre con il famoso articolo 1: lo Stato riconosce la funzione sociale del circo, sostenendo il consolidamento e lo sviluppo del settore.
La Corte di Cassazione rileva infine una carenza nel quadro delle disposizioni vigenti: “L’insieme delle disposizioni in precedenza richiamate risulta, dunque, frammentato e, per quel che qui interessa, sicuramente inidoneo a delineare l’attività circense nel suo complesso. Ne consegue che l’ambito di operatività dell’articolo 19 ter disp. coord. C.P., nei termini come sopra individuati, risulta particolarmente contenuto per quanto riguarda dette attività, lasciando così ampio spazio all’applicazione delle disposizioni penali di cui agli articoli 544-bis e ss. C.P.”.
La questione degli animali nei circhi, le norme di mantenimento e stabulazione, ma anche quelle relative all’addestramento, sono il grande capitolo aperto per salvaguardare le migliori condizioni di vita delle specie presenti nei circhi, un obiettivo che l’Ente Nazionale Circhi sposò appieno nel 1988 quando – insieme all’Enpa – diede vita al protocollo d’intesa sugli animali, che andava proprio in questa direzione.
La firma del protocollo avvenne davanti all’allora ministro dello spettacolo, Franco Carraro, il quale evidenziò come “il circo occupa un posto rilevante nello spettacolo italiano sia sotto il profilo storico (per una tradizione consolidata) sia di quello del pubblico”. “E’ interesse generale pertanto”, aggiunse, che venga rimosso “uno degli ostacoli che ancora pesava sul cammino dei circhi, la pretesa di dipingere i circensi come persecutori e seviziatori degli animali”. Ecco, occorrerebbe che almeno questa pretesa fosse accantonata da tutti.
Da parte sua l’Ente Nazionale Circhi è impegnato a stilare (con l’apporto di ammaestratori, veterinari, esperti del benessere animale) un codice di autoregolamentazione sul trattamento di tutti gli animali presenti nei circhi, che ha proprio lo scopo di evitare al 100 per cento zone d’ombra, ed anzi si propone di mettere le basi per le migliori condizioni di vita degli animali. Entro breve questo codice sarà reso pubblico e condiviso non solo da parte dei circhi ma anche con le autorità competenti. La speranza è che, tutti insieme, si possa lavorare per il bene degli animali.