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L’Ultima Ribattuta ha intervistato il presidente Buccioni

Pubblicata questa mattina sul giornale online L’Ultima Ribattuta l’intervista al presidente Enc Antonio Buccioni, dal titolo “Una vita nel circo: ecco la risposta alle critiche del presidente Buccioni”. L’ha realizzata Paolo Signorelli.

antonio-buccioni-tigrotto copiaIn questi giorni si è detto e si è scritto tanto sui circhi. Cose vere, ma anche cose non vere, o comunque ingigantite e gonfiate. Come ad esempio l’ultimo terremoto giudiziario, partito dalla procura di Palermo, che ha visto coinvolti diversi operatori del settore per favoreggiamento dell’immigrazione clandestina.

Tutti i giornali hanno scritto, giustamente, di questa inchiesta. Ma nessuno ha poi corretto il tiro, riportando la decisione del gip di non convalidare gli arresti nei confronti delle persone inquisite. Inchieste giudiziarie dunque ingrandite, pregiudizi, contributi irrisori e “condanne” mediatiche ingiustificate e ingenerose. Così facendo si cerca di distruggere un’arte, da sempre ammirata e ora perseguitata. Ed ormai mancano pure gli spazi e i luoghi dove esibirsi.
Poi il solito discorso sullo sfruttamento eccessivo degli animali in favore della spettacolarizzazione.
Anche l’Ultima Ribattuta ha preso posizione in merito, ma ha voluto ascoltare e condividere il parere del presidente dell’Enc (Ente Nazionale Circhi) Antonio Buccioni, cercando comunque di ridare lustro e giustizia all’attività circense.
A dire il vero, piaccia o non piaccia il circo, sembra che si stia cercando di distruggere un’arte, un’espressione popolare che avvicinava e faceva divertire le più disparate categorie di persone.

Presidente Buccioni come risponde alla critiche piovute addosso in questi giorni ai circhi?
Con grande umiltà dico che il circo, prima di tutto, vada vissuto e conosciuto. L’impressione netta che ho avuto sulle critiche, soprattutto da parte dei più giovani che pensano male del circo, è che derivino da un problema di comunicazione e conoscenza. Perché magari i giudizi negativi arrivano da parte di chi, al circo, non ci è mai stato. Se è vero che la crisi non risparmia nessuno, tantomeno una disciplina che fatica a tenere il passo con i tempi, è vero anche che contro questo settore s’è innescata una gogna mediatica davvero ingiustificabile. Come succede non soltanto in questi giorni, ma da tanti anni ad oggi. Le critiche le accetto, a patto che si conoscano i fatti e non ci siano pregiudizi.

Se qualcuno le dicesse “lei nutre dei dubbi su un avvenire del circo”, cosa risponderebbe?
A livello mondiale sono straconvinto che il circo abbia un felice avvenire davanti a sé. Perché è uno spettacolo che va incontro alle esigenze del popolo. Di base, è sempre stato così. Sotto tutti i punti di vista, è la risposta, o meglio una delle risposte, a quella pericolosissima componente dei poteri forti che vorrebbe disegnare una società relegata a vivere tappata nelle case. Io le chiamo “le caverne degli anni 2000”, che a differenza delle caverne delle antichità, sono accessoriatissime. Hanno duemila schermi, optional, accessori, ma ti fanno vivere con distacco la realtà; sono agenti che allontanano dalla gente, che annullano il contatto diretto anche con la natura.
Quando ero ragazzo vedevo strade piene, affollate. Ho imparato a giocare a pallone lì, con le porte sfasate dei pali della luce o con le tute. Adesso, in confronto a prima, le strade stesse sono deserte, così come i giardini pubblici e i campetti di periferia.

Quindi lei pensa che il circo sia anche un modo per aggregare le persone ed anche i più giovani?
Assolutamente sì. Il circo è uno spettacolo popolare, è la festa del popolo.Quello che fanno e organizzano i grandi complessi circensi non hanno eguali. Soprattutto perché in ogni zona del pianeta c’è una atteggiamento di grande rispetto e considerazione del mondo del circo. Specialmente nelle fasce culturali e socio culturali più affini alla nostra. Spagnola, francese e svizzera.

Pensa che in Italia si sia persa questa tradizione?
Sta svanendo. Nel nostro paese abbiamo avuto una spirale assolutamente negativa. A cominciare dalla fine degli anni ‘70 in poi, dove la cosiddetta “intelligenza ufficiale”, quelli che si autoprofessano intellettuali e sputano sentenze su tutto, ha rivolto il pollice verso nei confronti del circo. Orientando i gusti del pubblico, appunto, su altre forme come magari wrestling e “arti” simili.

E voi come rispondete a questo?
Oggi come oggi, nella pressoché totale assenza di contributi ministeriali (quelli locali non li abbiamo mai avuti), continuiamo la nostra operosa vita perché abbiamo uno zoccolo duro del pubblico che ci ama, ci desidera. Ci riteniamo una risposta ad alcune carenze catastrofiche dell’Italia. Quello che rattrista è che il 90% dei comuni d’Italia sono, nel 2015, completamente sprovvisti di un luogo di spettacolo. Non parlo solo del nostro caso specifico, ma anche di cinema e di teatri.
Ecco che l’arrivo del circo rappresenta un momento di aggregazione e di cultura popolare.
Questo dovrebbe essere ben compreso, a fronte anche di una legge che non è mai stata rispettata. Un vero e proprio scandalo.

Quale legge?
Parlo della numero 337 del 18 marzo 1968, ovvero la legge che regolamenta sul territorio nazionale l’attività dei circhi e sanciva l’obbligo, per ogni Comune, di dotarsi di una o più aree attrezzate per l’attività circense (allacciamenti fognari, idraulici, elettrici) entro la fine del 1968.
Sono passati 48 anni dall’emanazione di quella legge mai messa in atto e l’attività dei circhi è condizionata, a monte, da questa violazione morale e legislativa del patto che la Repubblica italiana aveva contratto con la nostra comunità e con quella delle giostre.
Se si pensa, poi, all’impegno profuso nei confronti della ricerca dei campi rom, dei centri di accoglienza per i quali sono state spese cifre inaudite, la rabbia aumenta. Anche perché i fondi, il più delle volte, sono stati gestiti in maniera assurda, moralmente e penalmente censurabili. E poi vengono a criticare il circo che ancora rivendica la legge 337 e una terra dove poter svolgere la propria attività.

È possibile che la gente si sia fatta condizionare dagli ultimi eventi e dagli arresti di alcuni funzionari e che regni ancora il luogo comune dello sfruttamento degli animali?
A mio avviso credo che bisognerebbe parlare intanto di approccio sbagliato nel nostro paese. Negativo sì, ma fino al confine.
Se monti una tenda da circo, ad esempio a Ventimiglia o a Como, sei un fastidio, se ti sposti di 10 km e magari lo monti a Chiasso diventi un valore. Io rispedisco la palla al mittente sostenendo con fermezza che sono in preda ad un deteriore provincialismo di bassa lega. Oltretutto carenza di equità e deontologia.
Perché per quanto riguarda le vicende giudiziarie, nel giro di 48 ore, pressoché nessun Gip (quasi nell’integralità) ha convalidato gli arresti e i fermi per le persone coinvolte nel presunto scandalo. Quindi, penalmente parlando, la situazione di ciascuno è risultata palesemente diversa da quella riportata e da quanto richiesto dal procuratore della Repubblica. Ma di tutto questo, credo che nemmeno sia stata data la notizia in termini cronistici. Un episodio molto triste, considerando il fatto che i giudici di tutta Italia hanno valutato la stessa opzione. E allora, va bene e ci mancherebbe dare la notizia, ma allora sarebbe stato giusto parlare anche dei successivisi risvolti. Perché così facendo siamo andati incontro ad una barbaria mediatica, senza possibilità di difenderci e a risvolti catastrofici per la nostra immagine. Poi sono arrivate anche le scuse ufficiali da parte del Movimento 5 Stelle che ci aveva etichettato come l’anticamera della criminalità.
Per quanto riguarda il problema degli animali, in termini assoluti, si contrappongono due orientamenti opposti di civiltà. Il primo quello che postula l’uomo al centro dell’universo e tutto ciò che gli ruota attorno, animali e vegetali, sono a suo servizio . Una concezione cristiana ma non solo. È la storia in generale del mondo. Perfino nell’impiego dominante dell’alimentazione. Poi ci sono gli animali usati come mezzi di trasporto e pochi ricordano, forse, che le prime gru per edificare palazzi erano gli elefanti. Per cui, per chi ha questo tipo di concezione come noi, il senso del giusto progresso è quello di consentire all’animale delle sempre migliori condizioni di vita. E nel circo questo è sempre stato fatto, con enormi sacrifici da parte dei circensi.

Qualche esempio?
Adeguati sono i luoghi di ricovero e i mezzi di trasporto sono sempre climatizzati. In più, la gente del circo ha operato, senza sollecitazione esterna, una razionalizzazione e una maturazione della propria attività dagli anni 50 ad oggi.
Tempo fa ebbi un battibecco con una giornalista che mi chiedeva se mi sembrava giusto assistere ad un’orchestrina con gli scimpanzé con il tutù. Le risposi, molto educatamente ma stizzito, quanti anni fossero che non andava al circo visto che questa “usanza” è un qualcosa tramontato da 25 anni.
Abbiamo provveduto a dismettere tutti i tipi di primati e di orsi, inoltre, i nostri animali, dopo 20, 30, 40 anni, se li portassi via dal circo morirebbero, perché sono abituati a vivere quella realtà.
Adesso ci troviamo ad avere in Italia meno di duemila capi di bestiame che trattiamo come fossero dei figli, di cui un terzo cavalli, cioè lo stesso animale che in Italia fa il troppo, galoppo, salto ad ostacoli etc. Gli elefanti sono rimasti in 30. Credo che sia un non problema perché in altri contesti 2000 animali vengono macellati in due ore, mentre noi ce ne prendiamo cura.

E la seconda corrente?
È quella che postula l’omologazione dell’uomo con l’animale (talvolta anche con i vegetali) in termini assoluti. Quelli che vorrebbero il circo senza animali. Ma allora, con questo ragionamento, dovrebbero pretendere un’orchestra senza gli archi perché l’albero non viene al mondo per diventare un mobile o un violino.
Finché c’è un confronto va bene. Così come va bene uno scontro di idee, ma quando si vuole prevaricare no. Bisogna lasciare che il circo possa operare, che possa avere il proprio pubblico appassionato e che porti i figli a vedere gli spettacoli.
Anche in virtù del fatto che il nostro pubblico è costituito da gente che, al 99,9%, telefona per chiedere solo due informazioni: “ci sono animali?” e “a che ora ci sono spettacoli?”.
Chi non gli piace non viene, senza alcun problema.

Ma perché dicono e parlano di abolizione? Cosa rispondete voi?
Le idee sono rispettabili, ma il tentativo di ledere la libertà di espressione, artistica e la libertà del pubblico di venire e di scegliere lo spettacolo dove rivolgersi, no. Non lo tolleriamo.
Se il circo è diseducativo secondo il punto di vista di una famiglia, quella stessa famiglia porterà i figli al cinema e al teatro.
Altrimenti sceglierà il circo perché ritiene che non ci sia niente di diseducativo, anzi lo reputa ricreativo.
Senza eccedere nell’enfasi e nella retorica, il circo rispecchia la più antica ma anche la più moderna comunità interetnica, religiosa e linguistica. Da quando nasce, si ritrova amministrativi attrezzisti e operatori proveniente da ogni continente del mondo, religione e lingua, armonizzati intorno a quella magica tenda.

Consiglio per i giovani?
Andate a vedere uno spettacolo e rinviate il giudizio. Non cambiatelo, ma aspettate prima di criticare. E poi… “il Sole vince sempre!”.

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