A quasi due decenni dal suo inizio, il terzo millennio ha già riconfigurato il sistema Circo, che ha dovuto adeguarsi alle nuove istanze della società, fronteggiando allo stesso tempo insidie ed ostacoli. Francesco Mocellin getta uno sguardo sul settore in Italia: tra tournee all’estero e pubblicità online, tra spettacoli dell’orrore e nuove norme statali, come si muovono, cosa temono, cosa sperano le imprese circensi italiane?
di Francesco Mocellin
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Scorrendo i forum di qualche sito più o meno specializzato e le chat gestite da appassionati non è raro imbattersi in qualcuno che, indossati i panni del “professore”, sciorina le ricette per risolvere tutti i problemi del Circo italiano. Non parliamo poi dei rari – e sovente scadenti – articoli che i giornali nazionali decidono di riservare alla materia: vengono pubblicati in occasione di qualche evento tragico o comunque funzionale a tratteggiare in modo negativo la realtà del Circo, oppure si ispirano in qualche maniera al Cirque du Soleil individuato come unico modello possibile di modernità. Qual è lo stato di salute delle imprese circensi italiane, con particolare riferimento a quelle che propongono un prodotto più classico, destinato al bacino d’utenza del family show? E quali sono le prospettive per il futuro prossimo? Saltando alle conclusioni potremmo affermare che il Circo italiano gode di una salute tutto sommato migliore di quanto i tempi ed il contesto potrebbero far pensare.
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Un rapporto difficile
Cominciando dai fattori esogeni, non si può negare che – in Italia come altrove – la martellante campagna animalista che dura da lustri abbia prodotto dei guasti all’immagine e alla libertà d’azione delle compagnie circensi. Il Codice dello Spettacolo emanato lo scorso novembre 2017 – che rappresenta in qualche modo uno degli esiti di tale campagna – è stato ampiamente commentato (e legittimamente criticato) su queste pagine e non solo: non servirà quindi tornare sull’annosa questione. Ma certamente questa nuova normativa in materia – così avvilente nei confronti dell’arte circense – ha depresso l’intero settore dimostrando da parte dello Stato la mancanza di una qualsiasi progettualità volta ad incentivare e sostenere questo settore dell’imprenditoria nazionale – a differenza di quanto accade per altri spettacoli – e un mero intento punitivo nei confronti dell’utilizzo degli animali per assecondare la deriva animalista, minoritaria ma potente ed efficace mediaticamente. Gli operatori lamentano inoltre l’assoluta impossibilità di programmare la propria attività a causa dell’atteggiamento delle Amministrazioni locali che ignorano le esigenze della categoria. Risulta in effetti assai arduo preparare adeguatamente la tappa natalizia di Roma – per citare l’esempio più eclatante – se fino a poche settimane, talvolta fino a pochi giorni prima del debutto non si sa se l’autorizzazione verrà concessa e quale sarà l’esatta ubicazione dell’area assegnata. In questo quadro non va dimenticato l’incremento costante dei costi complessivi di gestione che finisce per incidere necessariamente anche sul livello dello spettacolo che, talvolta, viene sacrificato in nome del bilancio.
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Nuova linfa per il Circo
Dal punto di vista endogeno la fine degli anni ’90 e, quindi, del secolo e del millennio scorsi ha segnato un mutamento di equilibri consolidati all’interno della categoria anche a cagione di un naturale ricambio generazionale. Gli storici complessi hanno in qualche caso perso i vecchi leader (Nando Orfei, Walter Nones, Enis Togni e Rinaldo Orfei su tutti), l’icona per eccellenza della pista (Moira Orfei) ci ha lasciato, altre imprese emergenti di qualche lustro fa hanno rallentato la loro ascesa o hanno vissuto scissioni, altri ancora stanno cercando di emergere. Insomma, lo skyline del Circo italiano si sta ridisegnando e l’Ente Nazionale Circhi, nei limiti del possibile, sta provando a traghettare la categoria attraverso la fase di passaggio sdoppiandosi nel ruolo di tutela degli associati e di guida all’emancipazione degli stessi in funzione di una società che sta vivendo profondi mutamenti anche in tema di approccio allo spettacolo dal vivo. I big di un tempo, comunque, hanno mantenuto il loro ruolo: l’American Circus ora guidato da Flavio e Daniele Togni si cimenta in tournée di quattro-cinque mesi durante l’autunno/inverno per poi collaborare in forme diverse con altri complessi europei nel corso dell’anno (come il colosso tedesco Krone); Medrano si basa soprattutto sull’imponente forza della famiglia Casartelli non fermandosi praticamente mai e scegliendo spesso tournée all’estero, mentre il marchio Moira Orfei continua grazie ad una joint venture tra Stefano Orfei Nones e la famiglia Montemagno. Darix Togni alterna l’Italia a mete esotiche. L’insegna Lidia Togni si è sdoppiata mentre imprese come quelle di Darix Martini, dei fratelli Attilio ed Emidio Bellucci e di Larry Rossante affrontano anche piazze di rilievo con esiti incoraggianti. Altri ancora hanno preferito seguire strade per così dire alternative, con l’intento di catturare fasce di pubblico solitamente refrattarie alla fascinazione della pista: ci riferiamo al trend degli horror circus – strada aperta dagli Zoppis – che ha vissuto qualche stagione fortunata prima di perdere appeal e, soprattutto, allo spettacolo a tema della famiglia Bellucci-Medini (prima Psychiatric ed ora Alcatraz) che grazie alle intuizioni di Sandy Medini pare incontrare il favore di un pubblico “social”. Resiste ancora una nicchia di spettacoli acquatici mentre imprese come quelle delle famiglie Coda Prin, Dell’Acqua, Cristiani, Vassallo, Niemen continuano il loro cammino. Naturalmente abbiamo menzionato solo alcuni nomi senza pretesa di completezza e nessuno ce ne vorrà per questo. Ciò che conta è il minimo comun denominatore della situazione attuale: quando un’impresa viene messa nelle condizioni di programmare in modo adeguato le diverse tappe del tour i risultati sono quasi sempre soddisfacenti, soprattutto in presenza di uno spettacolo di qualità. Ma ciò che un tempo era più che sufficiente perché il circo costituisse un evento con la sua sola presenza oggi non basta più. I programmi della larghissima maggioranza dei complessi continuano a basarsi sulle forze di famiglia, spesso preponderanti rispetto al contributo degli artisti esterni: emblematico da un canto ma unico per un altro verso il caso del già citato Medrano, col suo organico familiare di alto profilo composto da una cinquantina di persone.
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L’estero, il web, i festival
Il marketing sta assumendo un’importanza sempre più rilevante. L’epoca dei manifesti e dei biglietti a riduzione distribuiti massicciamente sta segnando il passo e questa strategia può financo rivelarsi controproducente finendo per svilire l’immagine del prodotto proposto. Per contro, maggior peso sta assumendo la promozione attraverso i social network e i sistemi di prevendita; le imprese che si rivolgono ad agenzie specializzate stanno ottenendo risultati sempre più incoraggianti. Mentre diversi complessi continuano a manifestare una vocazione esterofila compiendo periodicamente tournée in paesi stranieri, spesso alla ricerca di mercati poco battuti, per i circhi di matrice più nazionale l’organizzazione dei tour resta incentrata sulla possibilità di ottenere la “piazza giusta nel periodo giusto”: se Roma, Napoli, Palermo, Firenze sono opportunità ghiotte durante le festività natalizie, altre realtà come Milano, Torino, Brescia rappresentano approdi preferibili per l’autunno. Un discorso a parte meritano i festival che l’Italia continua a produrre. Il Golden Circus legato al nome di Liana Orfei e Paolo Pristipino è giunto a trentaquattro edizioni. Non si può dimenticare che questa manifestazione ha visto passare sulla pista nomi come quelli di Anthony Gatto, dei Pellegrini, dei Carillo Brothers e di numerose troupe cinesi (Hebei, Shangai, Sichuan), oltre a compagini provenienti da Pyong Yang. La tenacia e l’abilità di Fabio Montico e della sua famiglia – che ha voluto a tutti i costi proseguire l’opera del padre Giulio – hanno reso il Festival Internazionale Città di Latina (oggi rinominato International Circus Festival of Italy) un vero fiore all’occhiello per l’intero settore, uno strumento di promozione dell’immagine del nostro Circo all’estero. Questa rassegna è stata capace di portare in Italia per la prima volta artisti che altrimenti non si sarebbero potuti ammirare: su tutti citiamo l’esempio dei fratelli Zapashny, vere star in Russia.
Tirando le somme: anche se si sono certamente conosciuti tempi migliori, il Circo italiano resiste e si sta ridisegnando adattandosi ai tempi. Ovviamente ciò avviene non senza qualche inevitabile trauma ma le arti della pista e gli imprenditori che se ne occupano hanno sempre dimostrato una vitalità spesso insospettata. Certamente il modello del circo itinerante dev’essere ripensato in funzione di una fidelizzazione del pubblico a dei marchi e delle insegne facilmente identificabili. Tutto questo non potrà avvenire senza un indispensabile miglioramento dei rapporti con le Amministrazioni locali e nazionali. Crediamo che le istituzioni debbano questo ed altro ad un settore che continua a mietere successi all’estero grazie al talento dei nostri artisti.
L’articolo di Mocellin è pubblicato sul periodico Circo, speciale estate 2018