E’ senza aggettivi possibili la fotografia pubblicata a pagina 30 di “La Lettura”, inserto domenicale del Corriere della Sera, il giorno 16 settembre. E’ senza aggettivi perchè, ad azzardarne uno, si rischierebbe di creare uno squilibrio. A realizzarla è stato il grande fotografo Charles Clide Ebbets, che nel 1932 salì fino al sessantanovesimo piano di un grattacielo allora in crescita nel cuore di Manhattan. Si vedono 11 operai che, seduti su una trave, estraggono cibo dalle loro sporte e fumano qualche sigaretta in ora di pausa pranzo. Si direbbe una scena di ordinaria quotidianità se non fosse che la trave è sospesa nel vuoto. E di quale portata sia quel vuoto lo dice con eloquenza la parte inferiore dell’immagine, che ci fa spaziaresu edifici lontani di New York quasi che quegli operai fossero in volo verso la Luna. E in effetti, a pensar bene, il paragone non è fuori luogo. Quegli uomini serenamente seduti sullo spazio vuoto che si offrono alla macchina fotografica quasi fossero a un picnic sull’erba, sono anticipatori dell’uomo che andrà sulla Luna e poi chissà in quali altri spazi. Eroi? Oh che espressione stonata. Uomini che fanno il loro lavoro, e si concedono una pausa sul vuoto, scambiandosi panini e sigarette, in obbedienza a pura quotidianità. Come non ricondurli ai miei amici circensi, chiamati dalla quotidianità a equilibrismi impossibili e poi, a lavoro terminato, pronti a invitarmi a condividere qualche boccone a tavola con loro in una tranquillità domestica che cancella l’eccezionalità di quanto fatto poco prima? Sono operai della vita, gli operai di quella foto, e che la vita abbia i suoi rischi è nelle regole del gioco. Però la fotografia denuncia una situazione eccezionale, mentre l’eccezionalità circense è realtà di tutti i giorni. E chi paga il biglietto per entrare sotto lo chapiteau questo non dovrebbe dimenticarlo mai.
Ruggero Leonardi