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La rivista Pets & The City ospita il confronto fra Enc e Lav

circo-e-animaliPets & The City è una rivista dedicata ai possessori di animali. Si occupa di salute, vaccinazioni, comportamento, accessori, mode e tendenze, tutto quello che riguarda la cura e il benessere dei nostri amici cani, gatti e piccoli animali da compagnia.
La rivista è diffusa presso le strutture veterinarie di dodici aree urbane del Centro e Nord Italia (Torino e provincia, Milano e provincia, Monza e Brianza, Verona, Padova, Venezia, Genova, Bologna, Firenze e Roma), ma Pets & The City mette a disposizione degli appassionati di cani e gatti anche il sito internet sul quale si possono anche condividere e commentare fatti di attualità ed esperienze.
E proprio la rivista ha appena pubblicato nel numero di luglio-agosto la doppia intervista ai presidenti di Ente Nazionale Circhi e Lav, Antonio Buccioni e Gianluca Felicetti, prendendo spunto dal nuovo Regolamento sugli animali nei circhi voluto dall’Enc. Eccone il testo.

“Il circo è forse lo spettacolo per eccellenza. Tutti da bambini abbiamo ammirato le acrobazie dei trapezisti, riso per le gag dei clown e spalancato gli occhi davanti alle coreografie degli animali ammaestrati. Da molti anni tuttavia questi ultimi spettacoli sollevano accese critiche a causa dei metodi adottati per indurre gli animali a tenere comportamenti forzati e innaturali.
L’accresciuta e comunemente condivisa sensibilità ha così portato lo stesso Ente Nazionale Circhi a redigere un Regolamento per l’educazione e l’esibizione degli animali nei circhi che mira a garantirne il rispetto delle esigenze fisiologiche ed etologiche.
Un passo indubbiamente importante, ma che per alcuni non cambia molto rispetto all’obiettivo desiderato: bandire gli spettacoli con gli animali. Sentiamo dunque al riguardo due autorevoli pareri a confronto, quello del Presidente della Lega Anti Vivisezione, Gianluca Felicetti, e quello del Presidente dell’Ente Nazionale Circhi, Antonio Buccioni.

La TV ci porta in casa la natura selvaggia: ha ancora senso il circo con gli animali?
Gianluca Felicetti, Presidente della LAV – Lega Anti Vivisezione
Non l’ha mai avuto anche quando non esisteva la televisione. Lo sradicamento di un animale dal proprio habitat o dalle proprie caratteristiche etologiche è una costrizione che annienta la volontà di un essere vivente. Nel circo gli animali sono ridicolizzati nel loro essere senzienti.

Gli animali nei circhi sono sottomessi al volere dell’uomo. In natura non farebbero mai gli esercizi che sono costretti a ripetere. La loro volontà viene spezzata e gli animali sono così ridotti a burattini nelle mani dei domatori. Al circo gli animali sono costretti e non possono ribellarsi. Non è uno spettacolo educativo, tanto più per i bambini.

Antonio Buccioni, Presidente dell’Ente Nazionale Circhi
Non vedo nessuna relazione fra la natura selvaggia che la tv ci porta in casa attraverso i documentari e il circo. Anzi, da amante della natura e da rappresentante di vecchia data dello spettacolo dal vivo, mi rifiuto di considerare che una relazione esista. Il contatto con gli animali e con l’ambiente non può essere riducibile a uno schermo. Detto questo, io diffido molto della esaltazione del mezzo televisivo, che serve disegni ideologici ben precisi, dotando la società di caverne, che rispetto alla preistoria hanno ogni tipo di tecnologia, ma che isolano gli uomini.

La televisione allontana la gente dalla gente, la “segrega” in casa, rintronandola di messaggi commerciali e allontanandola anche dal teatro, dal cinema… in una parola dalla cultura. Un modo di intendere la vita che è abissalmente lontano a quello del circo. Come ha perfettamente sintetizzato Benedetto XVI in occasione della udienza riservata alla gente del circo e dello spettacolo viaggiante lo scorso dicembre:

“L’allegria degli spettacoli, la grazia delle coreografie, il ritmo della musica costituiscono proprio una via immediata di comunicazione per mettersi in dialogo con i piccoli e con i grandi, suscitando sentimenti di serenità, di gioia, di concordia. Con la varietà delle vostre professioni e l’originalità delle esibizioni, voi sapete stupire e suscitare meraviglia, offrire occasioni di festa e di sano divertimento”.

Se l’opinione pubblica è a favore di un circo senza animali, perché mantenere questa tradizione?
Gianluca Felicetti
Non sanno rinnovarsi e non accettano le sfide. Perché il circo italiano preferisce morire abbandonato dal pubblico in nome del “così si è sempre fatto”, perché i circhi ottengono ogni anno i contributi governativi del Fondo Unico dello Spettacolo (circa 6 milioni di euro nel 2010, per fare solo un esempio), perché le violazioni al codice penale per maltrattamento degli animali non sono state ancora tali da fargli cambiare idea. Compresa l’ultima, qualche settimana fa, a Como, dove il Tribunale ha inflitto al titolare del Circo Miranda Orfei 7 mesi di arresto, con concessione della sospensione condizionale della pena per le condizioni di detenzione degli animali, giudicate incompatibili con la loro natura.

Antonio Buccioni
Che cosa significa opinione pubblica? Perché qualcuno strilla più forte degli altri o si fa forte di qualche sondaggio a proprio uso e consumo, ha il diritto di ergersi a rappresentante dell’opinione pubblica? Quella che comunemente definiamo “opinione pubblica” non può che risentire di condizionamenti lobbistici. La maggioranza degli italiani ama il circo con gli animali e lo dimostra acquistando il biglietto che consente ai circa 100 circhi esistenti di continuare a vivere. Spesso quella parte di opinione pubblica che chiede il circo senza animali, al circo non ci ha mai messo piede e ripete luoghi comuni ascoltati magari all’interno della organizzazione animalista di cui fa parte.

La realtà del circo italiano è che oggi nei complessi esistenti è presente un terzo degli animali che c’erano negli anni ‘70 e ‘80, quindi ci si sta accanendo su un dato meno che risibile, considerato che gli animali che convivono con l’uomo (spesso in spazi molto più angusti di quelli dei circhi) sono oggi circa 50 milioni in Italia (pesci, uccelli, roditori, animali esotici, gatti, cani, più gli allevamenti, gli ippodromi e tanto altro).

Il nuovo regolamento dell’Ente Nazionale Circhi tutela davvero gli animali “circensi”?
Gianluca Felicetti

Ad oggi, 15 maggio, questo testo non è noto dopo essere stato annunciato più volte. Il dato di fatto è che però varrà nulla. Può essere al massimo un Codice interno di condotta della categoria da sventolare al pubblico per acquietare qualche coscienza o a qualche Forza di polizia inesperta, una foglia di fico per qualche veterinario Asl e qualche dirigente ministeriale che non vedono l’ora di continuare a non occuparsi seriamente della questione. Se la sono cantata e se la sono suonata, il prodotto è fatto in casa loro senza contraddittorio, una mossa pubblicitaria.



Antonio Buccioni

Il Regolamento è stato voluto dall’Associazione di categoria dei circhi italiani proprio per questa ragione. è la prima volta, non solo in Italia, che viene messo a punto uno strumento così approfondito e con l’ausilio di esperti (veterinari, etologi, docenti universitari competenti in materia di benessere degli animali), ma anche facendo tesoro della esperienza di ammaestratori e delle competenze di giuristi.

L’Ente Circhi ritiene che non debba esserci alcuna preclusione di principio sulla presenza degli animali nei circhi (perché allora questo principio andrebbe esteso a 360 gradi), ma che il discrimine debba essere unicamente sul rispetto di precise e severe regole che assicurino il benessere delle specie che concorrono con l’uomo – come avviene da secoli – a dar vita allo spettacolo equestre. Il Regolamento creerà selezione anzitutto fra i nostri associati, a dimostrazione che si tratta di un lavoro serio. Non è un Regolamento calato su una realtà astratta, ma fa i conti con la situazione dell’Italia del 2013.

Un’Italia dove la legge di settore, che pure è datata 18 marzo 1968, che molto più che vetusta è una legge inapplicata, prevede che i Comuni debbano mettere a disposizione dei circhi aree pubbliche adeguate. è evidente che se il sistema pubblico non concreta le proprie previsioni di legge, i lodevoli intenti e l’ottimo lavoro profuso e tutti gli sforzi fatti da noi per assicurare il benessere degli animali, non potrà essere messo in atto. Noi abbiamo fatto il nostro dovere, adesso dimostrino di saperlo fare anche gli enti pubblici.

Si può prospettare un circo senza animali?
Gianluca Felicetti

Il circo è nato senza animali e da alcuni anni vi sono esempi illustri anche di carattere internazionale che testimoniano che “si può”. Non “si deve” dunque solo per motivi etici e speriamo, per legge fra poco come hanno già scelto diversi Paesi europei e non. è quello che chiede sempre di più il pubblico. Un circo davvero umano che già oggi è fatto da artisti che volontariamente e retribuiti si esibiscono. Il circo italiano ha la possibilità di tornare simpatico al 100% dei cittadini solamente riscoprendo le proprie origini.

Antonio Buccioni

Da un punto di vista “dottrinale” applicato allo spettacolo, mi si dovrebbe spiegare in che cosa un circo senza animali differisce da una delle innumerevoli manifestazioni dell’arte teatrale. Forse allora sarebbe meglio chiamarlo teatro. Noi non difendiamo necessariamente il circo con gli animali, ma difendiamo il sacrosanto principio dell’autodeterminazione delle scelte artistiche, della libertà di espressione artistica costituzionalmente tutelata, come il diritto al lavoro e il diritto di iniziativa economica.

Il circo nella accezione completa del termine è costituito da una tipologia consolidata nei secoli e almeno per quello che riguarda l’Italia va ripetuto che vive perché c’è un pubblico pagante che lo frequenta e che esige, in una media del 99,9%, la presenza degli animali. Se non ci fosse il pubblico pagante, atteso che i contributi statali sono ridicoli e i contributi degli enti locali non esistono, il circo non esisterebbe più. Ma il circo senza animali sarebbe anche un impoverimento culturale: si pensi a come l’arte e il cinema hanno rappresentato il circo. Lo stesso Cirque du Soleil non ha mai teorizzato il non utilizzo degli animali, ma ha sempre e solo parlato di scelte artistiche.