Le mie condizioni fisiche, oltretutto una prima mondiale in un percorso di vita che mai mi aveva visto anche solo per una notte costretto a un ricovero, sembrano costituire la cornice ideale di preoccupazione/depressione in ordine a problematiche della categoria attuali o, al più, prossime.
Si è freschi reduci da esiti della competente Commissione ministeriale che, se per un verso hanno sanato antichi squilibri, ne hanno viceversa, sia pure involontariamente, generati nuovi.
Valga il vero: non è tempo e non è giusto imputare a questo o a quel membro della Commissione limiti di conoscenza od errati giudizi. Sono certo che la Commissione sia costituita dal primo all’ultimo dei propri membri da autentici galantuomini.
Riaffermo laconicamente quanto vado sostenendo dal 2014 senza che nessuno si degni di ascoltarmi: il vigente sistema non è funzionale alle peculiarità davvero originali del mondo del circo, antica intuizione dell’illuminato legislatore che promosse e varò con la legge 18 marzo 1968 n. 337 un dispositivo ad hoc per detto settore.
In queste settimane, in questi mesi, ho vissuto emotivamente sulla mia pelle, ignaro od appena informato a posteriori, assunti, determinazioni, rinunce che, allo stato, privano molto probabilmente il settore circense di oltre 2 milioni di euro nell’ambito del triennio: ogni scoperta, qualcosa di simile a delle fitte al cuore.
Dopo un letargo protrattosi anche oltre i limiti temporali della fase acuta della pandemia, il disegno di legge delega al Governo in materia di spettacolo ha ripreso il suo cammino e, dopo l’approvazione da parte del Senato, si trova a questa mattina all’esame della VII Commissione cultura della Camera dei deputati. E’ ragionevole prevedere che entro il mese di luglio venga definitivamente licenziato dal Parlamento.
Dalla sua entrata in vigore decorreranno 9 mesi nell’arco dei quali il governo dovrà procedere all’emanazione dei cosiddetti decreti attuativi, i reali strumenti di regolamentazione della futura attività.
Per rispetto a chi crede in me ed al lavoro di radicale irriducibile opposizione svolto senza sosta nei confronti dell’animalismo di casa nostra sin dal 1996, non mollerò un centimetro nell’ambito delle mie modeste possibilità, quasi ucraino invaso nel proprio perimetro da devastanti forze soverchianti. Sarei cieco, tuttavia, e per certi aspetti paradossale, se non considerassi la circostanza che in questi particolari terribili ultimi anni svariati complessi si sono privati dei propri animali più emblematici, quasi a lasciare ai protervi invasori avanzi di quelli che furono menù luculliani, in altre parole prestigiosi e completi zoo viaggianti.
In un contesto così deprimente, infausto, mi conforta la circostanza che dopo molti anni di stenti il circo italiano sta vivendo una stagione di molto lusinghiera ripresa, invocato, frequentato e persino osannato da un pubblico, da un popolo, che non cessa di amarlo. Quanto mi sarebbe anche di personale conforto avvertirlo amato fino in fondo dai circensi, nuovamente risoluti, appunto come il popolo ucraino, a resistere e a non arrendersi anche di fronte a un nemico tanto moralmente miserabile quanto immensamente più attrezzato e spietato.
Antonio Buccioni