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La lezione di Petit, l’uomo solo che ha toccato le nuvole

Philippe Petit sospeso nel vuoto fra le Torri Gemelle

Un libro appena edito da Rizzoli mi ha ricondotto con la memoria a un altro libro precedente. Mi riferisco a “Questo bacio vada al mondo intero”, romanzo di Colum McCann che prende spunto da un giorno in cui New York fu chiamata a vivere una “festa circense” unica nella sua storia metropolitana, e mi riferisco a quel giorno dell’agosto 1974 in cui il funambolo francese Philippe Petit attraversò un cavo d’acciaio che collegava le Twin Towers, compiendo una impresa da leggenda cui in seguito lo stesso Petit avrebbe dedicato un libro di 250 pagine. Quel libro, edito in Italia nel 2003 da Ponte alle Grazie, io l’avevo letto con vorace attenzione e poi avevo chiesto a Egidio Palmiri ampio spazio (prontamente concesso) per darne notizia ai lettori di Circo. Oggi, come è ben noto, le Twin Towers sono per tutti noi cittadini dell’Occidente cicatrici indelebili di un atto di barbarie. Però sono grato al romanzo che mi ha indotto a riprendere in mano “Toccare le nuvole”. Personaggio scorbutico, il suo autore, e che tale si compiace di presentarsi fin dalle prime righe. “A circa 4 anni incomincio a provare disprezzo per i miei simili: mi arrampico su qualunque cosa me ne possa allontanare”. Ed è con questa voluttà di solitudine che, alla fine, riesce nell’inaudita impresa di camminare sopra New York come nessun altro si era mai sognato di fare. Ma dopo l’attentato che ha messo in ginocchio la metropoli, la rilettura di questo libro acquista – anche se il misantropo autore mai l’avrebbe pensato – il valore di un contributo e di un sostegno a chi insiste nel voler andare avanti malgrado tutto. Lui, uomo solo, ha toccato le nuvole. Poi sono arrivate le bombe e hanno demolito tante cose. Ma mi piace pensare che, fra gli stimoli di chi oggi ricostruisce, si possa collocare il gesto di sfida di Petit. Toccare le nuvole si può, dice lui, a patto che si porti in cielo una rabbia di ascendere che troppo spesso noi umani sperperiamo in piccole rabbie alle altezze più basse. Mi piace pensare che un circense abbia sublimato il suo randagismo fino al punto di indicare a un popolo intero, pur se inconsapevolmente, che non c’è barbarie che tenga se l’uomo preferisce a tutto il resto il dono di avere il sole negli occhi.
Ruggero Leonardi


Philippe Petit intervistato da Fazio nel 2009.