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Ivette Bellucci De Rocchi, la donna centauro

Dai primi passi con il Circo Medrano al matrimonio con Mario Bellucci. Dall’amore per i cavalli alla possibilità di presentare un proprio numero di “libertà”. Dal ruolo di figlia e nipote adorata a quello di mamma orgogliosa dei figli e delle loro libere scelte. Intervista a Ivette Bellucci De Rocchi.

di Silvia Tettamanti

Il “debout” presentato da Ivette alla Fete Lilloise du Cirque
Il “debout” presentato da Ivette alla Fete Lilloise du Cirque

Ivette, quali sono le sue origini?
Provengo dal Circo Medrano, la mia famiglia era quella, mio papà ne è uno dei fondatori, mentre mia mamma era una ballerina di flamenco. Si sono conosciuti al circo perché la compagnia di balletto all’epoca lavorava lì. Mio zio (il leggendario Leonida Casartelli, ndr) prese questo gruppo per fare tutte le coreografie del Circo, non era ancora circo Medrano, ma circo di Barcellona. Sto parlando degli anni ’60. In realtà di quel balletto poi si sposarono tutte, erano sei ballerine e rimasero tutte in Italia.

E lei invece quando ha iniziato, da bambina?
Ho sempre avuto una propensione verso i cavalli anche perché mia nonna Jonne Casartelli, sposata con Nandino De Rocchi, era cavallerizza e all’età di tre anni mi ha messo a cavallo. E’ da quell’età che vado a cavallo quindi, ed è una cosa che mi è nata dentro, non potrei vivere e pensare la mia vita lontana dai cavalli, perché li ho vissuti fin dall’infanzia.

Quali sono stati i suoi modelli?
Principalmente mia nonna. È stata un faro per me, come per tutta la famiglia. Mia mamma chiamava mia nonna mamma. Era una mamma anche al circo, anche tanti operai avevano nei riguardi di mia nonna un’adorazione perché lei aveva sempre il sorriso, aveva sempre un modo di fare gentilissimo, non si lamentava mai, era veramente sempre presente. Era facile voler bene a mia nonna e io ho vissuto gran parte dell’infanzia e adolescenza con lei. Quando è mancato mio nonno ho dormito con lei e questo sino a poco prima di sposarmi, quindi mia nonna è stata qualcosa di grande per tutti noi.

Ritratto di famiglia: Ugo De Rocchi e le due figlie Ivette e Gipsy coi nipotini Renato e Alessandro
Ritratto di famiglia: Ugo De Rocchi e le due figlie Ivette e Gipsy coi nipotini Renato e Alessandro

Quando ha conosciuto suo marito Mario?
Mio marito l’ho conosciuto nel 94 e praticamente mio papà era il primo anno che aveva preso in gestione lo zoo safari di Fasano. Quell’anno decise di chiudere il circo Medrano e di andare tutti quanti al parco, perché doveva essere avviato. Quindi andammo tutti e facemmo lì gli spettacoli. Si trovava in Puglia, uno dei nipoti di Mario, Elvit, aveva fatto l’accademia del circo insieme ai miei cugini, però ha avuto un incidente stradale che gli ha causato gravi problemi. Al caro Elvit piace ricordare le cose passate quindi lo zio lo portava lì da noi e ridendo e scherzando ricordava il passato con i miei cugini ed era una terapia per lui, quindi con la scusa di portare il nipote lo vedevo spesso e ci siamo innamorati.

Il numero di cavalli in libertà come e quando è nato?
Come dicevo ho sempre avuto questa propensione per i cavalli, però facevo a casa mia solamente il dressage, l’alta scuola, quindi montavo i cavalli a sella, ma la mia ambizione era farlo in libertà, ma al Medrano c’era già chi si occupava di quel settore e non ho avuto occasione di poterlo fare io. Arrivati all’Embell Riva, il circo di mio marito, mancava proprio una persona che si occupasse del settore cavalli e per me è stato un invito a nozze. Mi ricordo che ero incinta di Alessandro, nel ‘97 andammo nell’allevamento a scegliere questi puledri da comprare e li cominciammo ad addestrare nel ‘98. Il mio terzo figlio è nato nel 1999 ed è da allora che addestro e lavoro con cavalli in libertà. I miei cavalli hanno più di vent’anni perché quando li ho scelti avevano due tre anni, quindi ci lavoro insieme da 16 anni. Sono cresciuta con loro e loro con me, ogni giorno impari qualcosa di nuovo, ogni giorno arricchisci il numero e lo cambi, lo modifichi. È una cosa in movimento continuo. Questo inverno a causa di una bruttissima colica mi è morto uno dei cavalli più anziani e quindi adesso sto cercando un altro puledro per addestrarlo e piano piano inserirlo in questo gruppo, non è facile, però è una cosa che crei con il tempo. A me piace l’addestramento dolce che necessita tempo, si comincia piano piano, l’animale deve soprattutto avere fiducia in te e quindi venirti vicino, lasciarsi fare, quando si fa fare di tutto e di più da te allora lì è quando incominci con l’addestramento più impegnativo, perché l’animale sta lì ad ascoltarti. Ma per arrivare a quello ci vuole la fiducia dell’animale, quello è alla base, capire a cosa è propenso e soprattutto avere la pazienza di aspettare i tempi del cavallo, se lo vuoi forzare comincia ad incrinarsi il rapporto e di conseguenza l’addestramento. Devi avere quella calma e quella pazienza di far arrivare l’animale, è lui che deve venire da te, è un po’ come i bambini piccoli, quando loro si avvicinano, ti prendono per mano, è la stessa cosa.

ivette-bellucci-de-rocchi3Le più belle soddisfazioni lavorative?
Lavorative? Perché per me la più bella soddisfazione sono stati i miei tre figli, sono il mio più grande successo, sono orgogliosissima. Dopo di loro, anche Mario me lo dice, vengono i cavalli, perché mi hanno dato tanto. Ti ripeto, non potrei vivere la mia vita lontana da loro, penso che anche in vecchiaia dovrò sempre avere un cavallo vicino a me, da montare, fa parte del mio essere, della mia persona. Quindi ho avuto la prima grande soddisfazione al festival di Latina, perché è stato una grande vetrina. Dal festival di Latina è partito il festival internazionale russo nel quale ho vinto l’Oro per l’Italia. La prima addestratrice di cavalli italiana a vincere in Russia, a Mosca. Poi da lì ho avuto varie soddisfazioni, molte non le ho potute cogliere, perché lavorando al circo spesso i tempi non coincidono. Ecco da questo punto di vista Latina e Mosca sono state le mie più grandi soddisfazioni.

I suoi figli seguono le sue orme?
Loro non sono così appassionati di cavalli come lo sono io, gli piacciono gli animali e la vita circense. Renato adora il calcio e sta studiando, quest’anno ha la maturità e mi auguro che prosegua con l’università, nel campo della cura degli animali. Avendo uno zoo safari se prendesse questo tipo di laurea sarebbe una bella cosa. Il secondo figlio, Alessandro, ha detto basta, vuole fare il funambolo, stare con noi, seguire il papà nella cura degli elefanti, perché lui ha sempre fatto fatica a studiare e andare a scuola e non ne vuole più sapere. Si sente più realizzato e felice a lavorare al parco, al circo, con gli animali che andare a scuola. Lo vedevo proprio che faceva fatica, non gli piace. Ho sempre detto ai miei figli: io non vi dirò mai cosa fare, dovete seguire dove il vostro cuore vi porta, come ho fatto io, perché solo se fai una cosa con passione la riesci a portare a termine. Se fai una cosa per forzatura avrai sempre dei rimpianti. Qualsiasi cosa vogliate fare, la dovete fare bene e con passione. Il più piccolo, anche lui è portato per il circo, è agile, fa i salti mortali, sta facendo la seconda superiore, cosa farà dopo non si sa. Vorrei che studiasse, ma lo vedo più propenso al circo, sono attaccatissimi alla nostra vita. Sai cosa dicono gli altri due? Che in famiglia ne basta uno che ha studiato! Studia Renato ed è sufficiente.

ivette-bellucci-de-rocchiProgetti futuri?
Portare avanti quello che abbiamo iniziato da pochi anni. Abbiamo aperto un parco zoo per i nostri animali. Quindi abbiamo creato una piccola oasi in Abruzzo che va alimentata, va cresciuta. Adesso è un progetto piccolo, il sogno è che si realizzi sempre di più. Un luogo in cui la gente venga con i propri figli, viva la natura, gli animali, veda anche il rapporto che abbiamo con loro. All’interno di questo parco noi facciamo i nostri spettacoli e diamo la possibilità di vedere da vicino il legame che si instaura. Torno adesso da Bucarest, dove il circo stabile mi vorrebbe il prossimo anno con i miei cavalli, tutto ciò che io vado a fare in inverno è un introito per mantenere questa piccola oasi dove la stagione parte poco prima di Pasqua fino ad ottobre, in inverno si farebbe molta fatica a mantenerlo aperto. Da ottobre in poi la gente non viene a vedere gli animali con il freddo.

Un parere sulla situazione del circo italiano?
Pessima, basta vedere come viene considerato il circo in Germania, in Francia, in Romania. Qui è proprio pessima, abbiamo ormai pochi spettatori affezionati allo spettacolo del circo tradizionale, in questo momento sta andando di moda il Circo degli Orrori o qualche altra forma di circo, in crisi però il tradizionale. Abbiamo perso molto pubblico, ti potrei dire molti fattori, ma diciamo che non tutti i circhi hanno dato sempre un ottimo spettacolo ed è capitato che molte volte il pubblico sia uscito non contento di quello che aveva visto. Mentre all’estero i circhi si sono adeguati ai tempi, hanno investito sullo spettacolo, in Italia hanno investito sullo chapiteau, sui materiali e non su quello che è il contenuto, quello che va nel cerchio della pista. Un po’ di colpa va anche gli animalisti che ci hanno dato molto contro. E al fatto che il Ministero dei Beni e delle Attività Culturali non ci tenga più in considerazione come una volta. Ormai i circhi che riescono a stare a galla sono pochissimi. E passate le feste natalizie questi circhi soffrono, non riescono a portare il pubblico al circo. Un po’ come nei parchi, quando non arriva il pubblico pagante, non avendo aiuti dallo stato, fai fatica a respirare, a investire e a mantenere le cose ad un livello ottimale, e questo all’estero non succede. Ad esempio a Bucarest, dove mi esibirò quest’inverno, il circo viene sovvenzionato dallo stato, anche il Soleil ha iniziato grazie a delle sovvenzioni dello stato canadese. In Italia contiamo poco, viene prima qualsiasi categoria che i circensi. Anch’io per ottenere dei buoni contratti devo andare all’estero.

Ivette nelle scuderie al Festival di Mosca (foto Antonio Giarola)
Ivette nelle scuderie al Festival di Mosca (foto Antonio Giarola)

Cosa vorrebbe che passasse ai lettori di questa intervista?
L’amore per gli animali che c’è dietro a questo mestiere. I medicinali costano come costa il veterinario, quindi hai molti costi e oltre al mangiare, l’ambiente dove dorme, quindi i primi ad essere animalisti siamo proprio noi che stiamo al loro fianco. Quando faccio uno spettacolo con loro non c’è molto da lucrare, perché in realtà per mantenere bene l’animale c’è tanto spendere. Ho cavalli di più di vent’anni, ma per mantenerli così uso prodotti alimentari con vitamine, frutta fresca, fieno di buona qualità, il maniscalco, i vaccini, gli sverminanti. Tu guarda cosa c’è dietro ad un solo cavallo e puoi immaginare cosa ci sia dietro a tanti animali. Io esisto come artista nella pista perché i miei cavalli sono più artisti di me, è come fare un passo a due, due ballerini che si danno l’uno all’altro e nei miei spettacoli è questo che passa. I miei cavalli mi fanno essere artista ed è una bellissima cosa, quando vai in pista e si è in due, collaborano. Molte persone quando mi vedono dietro a fare la stalliera mi dicono che non sembro la stessa persona che va in pista, perché nel momento in cui ti trucchi, ti metti il costume e vai in scena sei un’altra cosa, sei un’altra persona. Nel momento in cui entro in scena con i miei cavalli sono lì, come artista, ma non sono io, siamo noi, e questo l’animale lo percepisce, sa di essere un qualcosa insieme a te.