di Alessandro Serena
È mancato Istvan Kristof.
Di certo fra le personalità più rilevanti del circo del Novecento la cui influenza continua ad avere effetti sul settore anche in questo millennio dal punto di vista artistico, imprenditoriale e umano.
Figlio d’arte, suo padre Cristoph era stato un famoso “uomo forte” ungherese. Lui stesso artista di eccelso livello. Con la adorata moglie Ili aveva vinto nel 1977 il Clown d’Argento al Festival di Monte Carlo con uno straordinario numero di bascula a due. Amico dell’Italia e degli italiani. Si era esibito da Liana, Nando e Rinaldo Orfei negli anni Sessanta, poi da Moira nei Settanta, e ancora negli Ottanta da Embell Riva. Ma aveva girato tutto il globo in importanti case di quegli anni.
Rientrato in patria, era stato nominato direttore del Circo Stabile di Budapest e in questa veste per un quarto di secolo ha dato un contribuito enorme ed incalcolabile allo sviluppo dell’arte circense, all’incontro fra Oriente e Occidente, fra classico e contemporaneo, fra formazione e professione.
Un raro esempio di conoscenza di ogni aspetto della materia: dalla singola vite che deve tenere l’attrezzo di un’equilibrista ai flussi del pubblico a seconda della stagione, dal benessere degli animali alla ricerca artistica, fino ai rapporti con le istituzioni.
Capace di irradiare il suo amore per il circo in ogni conversazione, sia con un umile stalliere che con un Ministro.
Era diventato in maniera spontanea e naturale un punto di riferimento per l’intera comunità circense internazionale, per la quale era un vero e proprio catalizzatore. Invitato a conferenze, giurie, convegni in ogni parte del mondo.
Aveva confermato negli anni il suo affetto per la nostra nazione scritturando allo stabile magiaro non solo artisti ma anche interi complessi tricolori che passavano tre mesi nella capitale ungherese.
Nel 1996 aveva fondato il Festival di Budapest, in anni in cui in pratica esisteva il duopolio Monte Carlo – Parigi, mostrando di fatto la strada a tanti altri eventi simili nati in seguito. Ai quali, per altro, non aveva mai fatto mancare il proprio sostegno dispensando consigli, proponendo attività di network, accettando la presidenza di giuria.
Nella biografia My life, the Circus (di Judit Sz. Lato) si racconta la sua incredibile storia e il suo amore per il nostro mondo.
Il figlio Kristian, elegante giocoliere, regista, proiettato verso il circo del futuro, con i piedi piantati nel classico, oggi è in lacrime, come tutta la comunità circense. Ma il suo cuore può a diritto essere gonfio d’orgoglio.
Il suo amato papà esce di pista fra gli applausi della più bella standing ovation di sempre: artisti, direttori, inservienti, giornalisti. E i milioni di spettatori che avevano assistito ai suoi spettacoli.