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In ricordo del grande “artista” Giovanni Paolo II

Nella Pasqua del 1999, il 4 aprile, Giovanni Paolo II scrisse una lettera “agli artisti”: “A quanti con appassionata dedizione cercano nuove «epifanie» della bellezza per farne dono al mondo nella creazione artistica”.
In questi giorni ci siamo lasciati tutti commuovere dalle folle che hanno invaso Roma per la canonizzazione di Karol Wojtyla, ognuno con i propri ricordi e le proprie esperienze dirette o indirette … Allora mi è presa la voglia di andare a rileggere qualcosa che “parlasse” dell’animo profondo di quest’uomo venuto dalla Polonia per entrare nel cuore di tanti uomini, e l’attenzione mi è caduta su questa lettera che, rivolta più generalmente al mondo degli artisti, sembra quasi che non ci riguardi, ma non è così. Allora ho provato a trovare e trascrivere qualche espressione che coinvolge il nostro lavoro di donne e uomini del circo.
Vorrei iniziare dalla fine della lettera, quando papa Wojtyla richiama il Concilio Vaticano II e l’appello che ha rivolto agli artisti: «Questo mondo nel quale noi viviamo ha bisogno di bellezza, per non cadere nella disperazione. La bellezza, come la verità, mette la gioia nel cuore degli uomini ed è un frutto prezioso che resiste al logorio del tempo, che unisce le generazioni e le fa comunicare nell’ammirazione» (Messaggio agli artisti, 8 dicembre 1965).

Il Circo Americano della famiglia Togni dal Papa (1998)

Ma la bellezza non è solo legata alla gioia del cuore ma, dice il Papa, è «invito a gustare la vita e a sognare il futuro. Per questo la bellezza delle cose create non può appagare, e suscita quell’arcana nostalgia di Dio che un innamorato del bello». Mi sembra qui di intravedere lo sforzo che ogni artista compie per portare a perfezione il suo numero, a controllare il suo fisico, a perfezionare l’attrezzo od il rapporto con le sue bestie. Se non sognasse il futuro non sarebbe capace di tanta bellezza e sembra, dalle parole del Papa, che il Padre Eterno se la goda ad ammirare l’uomo capace di tanto.
D’altra parte il Papa parla di una “speciale vocazione dell’Artista” che lo rende particolarmente vicino all’opera di Dio creatore. La lettera, infatti, comincia proprio così: «Nessuno meglio di voi artisti, geniali costruttori di bellezza, può intuire qualcosa del pathos con cui Dio, all’alba della creazione, guardò all’opera delle sue mani».
C’è una particolare sintonia e comunicazione tra Dio e l’artista: «L’Artista divino, con amorevole condiscendenza, trasmette una scintilla della sua trascendente sapienza all’artista umano, chiamandolo a condividere la sua potenza creatrice». E questa potenza si manifesta prima di tutto nel proprio impegno: «l’artista esprime di fatto se stesso a tal punto che la sua produzione costituisce un riflesso singolare del suo essere, di ciò che egli è e di come lo è». Poi in un servizio rivolto agli altri: «Chi avverte in sé questa sorta di scintilla divina che è la vocazione artistica (…) avverte al tempo stesso l’obbligo di non sprecare questo talento, ma di svilupparlo, per metterlo a servizio del prossimo e di tutta l’umanità». Gli artisti infatti «rendono anche un servizio sociale qualificato a vantaggio del bene comune».

Papa Wojtyla saluta Moira Orfei

Giovanni Paolo II parla in modo particolare ai poeti, scrittori, pittori, scultori, architetti, musicisti, attori… ma non credo che gli artisti del circo siano esclusi da questo lungo elenco.
Vorrei concludere questa mia particolare rilettura con una frase, ascoltiamola come rivolta anche a tanti clown che sanno guardare con attenzione alla fragilità dell’uomo e alla profondità dei suoi sentimenti; ascoltiamola come rivolta agli addestratori di animali che hanno scoperto il mistero dell’armonia di un rapporto; ascoltiamola come rivolta agli acrobati e giocolieri abituati a giocare con instabili equilibri ed alterità degli spazi: «Ogni autentica intuizione artistica va oltre ciò che percepiscono i sensi e, penetrando la realtà, si sforza di interpretarne il mistero nascosto. Essa scaturisce dal profondo dell’animo umano, là dove l’aspirazione a dare un senso alla propria vita si accompagna alla percezione fugace della bellezza e della misteriosa unità delle cose».
Don Luciano Cantini

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