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IN LIBRERIA “Il domatore di principesse” di Roberto Bianchin

Roberto Bianchin, uno dei più importanti giornalisti di circo italiani dell’ultimo mezzo secolo, firma un romanzo breve ispirato al mondo della pista. E ci mette dentro tutto il suo amore e la sua competenza inerenti l’universo del tendone. Dallo splendore del Festival più importante del mondo alla fatica quotidiana della vita itinerante, sempre con la leggerezza di una penna felice.

di Alessandro Serena

Roberto Bianchin

Roberto Bianchin

Ha scritto Il domatore di principesse, il romanzo che ogni appassionato del circo avrebbe voluto scrivere. Ma non per caso. Roberto Bianchin è con ogni probabilità il più importante giornalista di circo italiano degli ultimi 30 anni. Come quantità di articoli, accuratezza delle informazioni, felicità di scrittura e importanza della testata a cui collabora, l’unico termine di paragone potrebbe essere il leggendario Massimo Alberini, che per molti anni ha scritto di circo su Il Corriere della Sera. Con la differenza che mentre il suo predecessore e in qualche misura modello, per il quotidiano di via Solferino era lo specialista di argomenti in apparenza marginali come la gastronomia, il collezionismo di oggetti bizzarri o, appunto, il circo, Bianchin è stato per un quarto di secolo uno degli inviati di punta de La Repubblica, occupandosi di ogni tipo di temi ed eventi di alta priorità, dai mondiali di calcio alle inchieste più scottanti. Quindi una importante penna del giornale fondato da Eugenio Scalfari che si dedicava anche al circo. Un critico militante, nel senso che non ha mai scritto “da lontano”, ma ha conosciuto di persona artisti, imprenditori, intellettuali del settore, prendendo spesso posizioni precise e anche scomode fianco a fianco agli operatori della categoria, dal problema dei finti Orfei (per cui ha anche un paio di processi in corso), alla difesa dell’utilizzo di animali. Senza per questo sottrarsi alle riflessioni sullo sviluppo delle estetiche, visto che è stato in prima linea nel movimento, nato in seno a La Biennale di Venezia, che vedeva attorno al 2000, forse per primo in Italia, un dibattito approfondito sulla commistione fra circo e teatro.
Ha inoltre collaborato per anni alla rivista dell’Ente Nazionale Circhi, Circo, oltre a scrivere saggi di ogni tipo per pubblicazioni di autori vari sempre legate a temi sensibili per il settore.
Segue da anni il Festival di Monte Carlo con una profondità di approccio rara, fra i tanti articoli si ricorda un’intervista al Principe Ranieri tra le più interessanti ed articolate di sempre rispetto al festival del circo. Ma è persona dai mille interessi ben coltivati. Il suo curriculum vitae racconta delle sue esperienze con la Compagna de Calza “I Antichi”, gruppo storico del Carnevale di Venezia, di cui è stato direttore artistico per sedici anni, e con il quale ha ideato, diretto e interpretato, fin dal 1981, centinaia di spettacoli in tutto il globo. È stato anche consulente artistico del Gran Teatro La Fenice di Venezia e ha collaborato con i registi Giancarlo Marinelli e Maurizio Scaparro. Ha poi scritto testi teatrali e libretti d’opera, sceneggiature e programmi radiofonici.
Come scrittore, attività nella quale si cimenta (con ottimi esiti) sin dagli anni ’90, ha pubblicato i romanzi Niente rumba stanotte (2002), Albascura (1998), Acqua Granda (1996, 2006), le raccolte di racconti Non ricordo più nulla (2009), Il mistero della diga lunata (2007), I palloncini di Mariaesmeralda (2002), i saggi Kociss, passione e morte dell’ultimo bandito veneziano (2013), La resa (1997), Le raccolte di liriche Calìgo (1995) e I nuovi baffi (1993). Attualmente è direttore della rivista di attualità culturale Il Ridotto. Ha vinto premi letterari, giornalistici, teatrali. Di recente è stato inoltre nominato direttore artistico dello storico Teatro Gerolamo di Milano.
Mai come in questo caso la riproposizione del curriculum di un autore non è attività sterile. Serve infatti a capire perché un romanzo come Il domatore di principesse poteva scriverlo solo lui. Ma non è sufficiente a spiegare la bellezza di un’opera che racconta la storia di una principessa di un piccolo regno che si innamora di un ammaestratore di elefanti. Ai lettori sembra forse un soggetto non originale? E in effetti è proprio questa l’operazione poetica di Bianchin, partire da un fatto reale e ben noto, la storia d’amore fra Sua Altezza Serenissima la Principessa Stephanie di Monaco e il celebre artista Franco Knie, della leggendaria casata svizzera. Il romanzo è una sorta di flashback in progress, apre con una proiezione in un futuro remoto, nel quale la principessa è nonna e vive una vita tranquilla, fino a quando per caso si imbatte nel circo dal quale proveniva l’uomo che le aveva rubato il cuore anni addietro, senza però riuscire a rendere permanente la storia d’amore. E’ inevitabile che la Principessa torni a sentire forti sentimenti sino a spingerla a ricontattarlo. Senza svelare troppo possiamo anticipare che da questo spunto si dipana una storia che, fra realtà e fantasia, accompagna il lettore dentro e fuori dal tendone facendo continuo riferimento a personaggi che del circo risultano dei classici (nani, domatori, acrobati) ma che l’autore, proprio perché li conosce bene, tratta senza scivolare in luoghi comuni. Al contrario, sono costanti i riferimenti anche ad artisti veramente esistiti e fatti realmente accaduti, citati senza pignoleria ma con la precisione dello storico. Così come sono descritti numerosi esercizi di varie discipline circensi, a dimostrazione della perfetta conoscenza dell’autore dei vasti repertori di queste arti. Centrale, come nella realtà, è il rapporto fra persone e animali, anche in questo caso trattato senza sconti ai circensi ma anche con assoluta aderenza alla realtà con dei passaggi che, senza mai diventare noiosi, sembrano quasi delle sintesi di trattati di etologia.
Insomma un romanzo che è un atto d’amore verso il circo e verso il punto di riferimento più alto del settore, quel Festival di Monte Carlo che da otto lustri è la casa della gente del viaggio. Con un grande e sentito omaggio a colui che ha creato dal nulla questo evento magico, il Principe Ranieri. Bianchin racconta infatti il momento della sua dipartita, come fissando per sempre il dolore provato da tutti coloro che lo ammiravano. La vita, come sappiamo, va avanti e l’amore per il circo è stato ereditato dalla figlia Stephanie. Nel romanzo il quesito finale riguarda un altro tipo d’amore, quello fra principessa e domatore, e la risposta, un vero colpo di scena da romanziere esperto, si potrà scoprire solo scorrendo le ultime pagine di questo gustosissimo volume.

Roberto Bianchin, Il domatore di principesse, I antichi editori, Venezia, 2016. Euro 12.50

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