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“In gabbia più emozioni che al trapezio”


Matteo, Claudio e Gilda Vulcanelli sono tre fratelli. Mitch, acrobata di origine bulgara, si è aggiunto alla troupe ed è diventato il marito di Gilda. Come spesso è accaduto nella storia del circo, da Moira Orfei ritroviamo un’intera famiglia al trapezio, sul quale i tre hanno mosso i primi “voli” all’interno del circo paterno, per poi lavorare in Svezia prima di approdare sotto l’insegna della regina del circo italiano.
Gilda mi accompagna sotto il tendone poco prima dell’inizio dell’ultimo giorno di spettacolo a Roma come una vera direttrice di sala e non posso fare a meno di ammirare la peculiare poliedricità degli artisti circensi, capaci di vestire in modo versatile i panni della hostess/acrobata (Gilda), del presentatore/amministratore (Giorgio Vidali), dell’attore/domatore (Stefano), sempre anteponendo alla propria individualità la buona riuscita dello show. Di certo una Giselle o una Giulietta non mi accoglierebbero mai in tailleur nel foyer del teatro prima di un’esibizione di balletto.
Il telefonino squilla di continuo, ma Gilda non mi lesina il suo tempo, dimostrando un’estrema disponibilità. Sotto all’affascinante trucco di scena, che rimanda all’artista e al numero che vedrò a breve, intravedo la moglie, la madre e la donna. Una bellissima donna che non dimostra i suoi 44 anni.
Gilda, una vita nel circo. Quale la prima immagine che ricordi di questo mondo?
Avevo tre anni e ricordo che ero dentro al box mentre veniva montato il tendone. Ed ero affascinata. Questo lato della “costruzione” mi ha sempre accompagnato nella mia carriera artistica, ho voluto imparare anche gli aspetti tecnici di montaggio e smontaggio della struttura e ancora oggi mi piace farlo. Infatti ho anche la patente E per guidare i camion.
“Gilda dei leoni”. Sei stata una delle prime domatrici italiane e l’epiteto si addice anche al tuo carattere grintoso a quanto vedo. Devi infatti domare tre uomini sul trapezio! Ti manca di fare l’addestratrice?
No, gli uomini sono più difficili degli animali da domare. Ci rinuncio (ride, ndr). Ho fatto l’ammaestratrice dai diciotto ai quarant’anni. Una vita. Quando sono nate le bambine, insieme con mio marito ho pensato che sarebbe stato troppo pericoloso e ho deciso di lasciare. Ma mi manca l’adrenalina che solo con gli animali si prova. Sul trapezio c’è meno rischio, ma anche meno emozione. Ogni volta che vedo Stefano (Orfei, ndr) vorrei entrare in gabbia con lui. Mi mancano gli animali e ci tengo a dirti che quando succede un imprevisto non è mai colpa loro, è sempre un errore umano. Una volta ad esempio non mi sono accorta che una leonessa aveva un dolore ai denti e il problema era dunque mio che non l’ho capito. E anche Stefano quando è stato aggredito dalla sua tigre ha fatto un brusco movimento con il mantello scuro e la tigre si è spaventata, non ha più sentito quella sicurezza che solitamente avverte vicino al suo domatore (Stefano Orfei ha subito un incidente con la sua tigre bianca durante lo spettacolo il 4 dicembre 2009, ma ne è uscito incolume, ndr).
Che cosa dici a chi polemizza sui presunti maltrattamenti ai danni degli animali e sullo sradicamento dal loro habitat?
Noi dedichiamo la vita ai nostri animali. Quando sono anziani sono donati agli zoo ed è come se andassero in ospizi di lusso. Quando allestiamo la piazza, prima dei bambini, dei nostri figli, vengono sistemati gli animali e ci si accerta che siano soddisfatte le loro esigenze. Non sono animali prelevati dalla savana, nascono in cattività e sono con noi da generazioni. Abbiamo invitato molte volte gli animalisti a trascorrere qualche giorno con noi per vedere con i loro occhi che gli animali mangiano, dormono e hanno bisogno dell’affetto del padrone. Nulla di più semplice, anche se poi vengono addestrati. Ma non è mai venuto nessuno.
Gilda, tu sei mamma ma ancora ti esibisci. Da donna dai un bellissimo esempio di come si possano gestire con successo due “carriere”. Come ti eserciti oggi rispetto ad una volta?
Il fisico degli atleti, così come di noi artisti circensi che lo siamo, si usura. E non ho più il corpo di vent’anni fa, ma l’esercizio fisico è una disciplina di vita. Il sacrificio del corpo si affronta con la mente, e non c’è palestra che possa aiutare. Anche se oggi come oggi faccio molte terapie per poter affrontare i ritmi di due o tre spettacoli al giorno.
Che cosa ti affascina del tuo mestiere dopo tanti anni? Le stesse cose di quando hai debuttato?
Sì, decisamente. La forza che ti dà il pubblico. Non è retorica, davvero la soddisfazione più grande è l’applauso del pubblico che assiste. Certo, sono felice di vivere di più la quotidianità con la mia famiglia rispetto ad un’altra mamma che va in ufficio. Le mie figlie e mio marito sono sempre con me e passo con loro molto tempo anche durante il lavoro.
Ma non si rischia di litigare troppo lavorando con il proprio compagno? Oppure gestite le crisi domestiche sul trapezio tra un lancio e l’altro?
In un certo senso sì (ride, ndr). Tante volte litighiamo e ci diciamo le cose durante l’allenamento e l’esercizio mentre da fuori si vede solo il sorriso artistico! Ci si riesce a rimproverare anche durante un lancio. Ma quello che riceve non è mai mio marito, o rischio che mi lasci cadere! Pensa che Mitch all’inizio mi stava antipatico. E i miei fratelli erano gelosi. Ma poi ci siamo innamorati lavorando, mi ha conquistata guadagnandosi la mia fiducia, anche perché, sai, negli esercizi al trapezio si è sempre molto vicini, lo spazio sulla pedana è limitato…
Qual è un sogno che non hai ancora realizzato nella tua carriera di artista circense, se c’è?
Vorrei riuscire a lavorare con mia figlia sul trapezio. Un passo a due madre e figlia. La più grande ha 13 anni e forse riusciremo a farlo. Frequenta la terza media. Vorrei che le mie figlie diventassero entrambe artiste di alto livello, ma lascerò loro la possibilità di scegliere. Per ora è importantissimo che studino. Io non ha avuto la stessa opportunità di farlo. La scuola e l’istruzione sono fondamentali e rivestono un ruolo primario anche per i “figli del circo”, che devono avere la possibilità di fare altro nella vita, e seguire le loro aspirazioni.
Alessandra Borella

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